Midterm e confronto tra l'economia di Trump e quella di Obama. Cosa è accaduto col taglio delle tasse?

TORINO - In America oggi si vota per rinnovare tutti i 435 seggi della Camera e 35 senatori su 100, oltre ai governatori di 36 Stati. Nonostante il maltempo, che imperversa soprattutto sulla costa orientale, si riscontra un'affluenza record che potrebbe toccare i livelli della fine degli anni '60. I primi risultati arriveranno da Indiana e Kentucky (dove sarà possibile assistere alla c’è “onda rosa” americana con le 257 donne in corsa per Camera e Senato che, se elette, potrebbero segnare un record) intorno alla mezzanotte italiana. Tra le novità che queste elezioni di midterm potrebbero portare, c’è anche l’ingresso di due donne musulmane al Congresso degli Stati Uniti d'America, in Michigan e Minnesota.

Attualmente entrambi i rami del Congresso sono in mano ai Repubblicani, ma le previsioni dei Democratici vedono un possibile ribaltamento della situazione: se questo si dovesse avverare, l’opposizione potrebbe essere in grado di bloccare i provvedimenti del presidente Trump per i prossimi due anni.

A poche ore dai primi exitpool, proviamo ad analizzare questi 22 mesi di presidenza Trump dal punto di vista economico per capire, poi, se questi dati influenzeranno o meno gli esiti delle urne.

Ad ascoltare i suoi sostenitori (che essere repubblicano è una cosa, ma essere “Trumpista” è molto di più, e questo fa sì che gli scontri verbali siano molto forti tra i sostenitori dei diversi schieramenti a maggior ragione in Stati democratici come la California) sembra gli Usa stiano sperimentando un boom senza precedenti.

In effetti, dati alla mano, una crescita c’è stata, ma non è "senza precedenti".

Da quando è diventato presidente, nel 2017, l’economia americana ha creato 4,6 milioni di posti di lavoro ma, stando ai dati della CNBC, negli ultimi 22 mesi di presidenza Obama (parametro di tempo equivalente a quello trascorso dall’insediamento di The Donald), ne erano stati creati 4,8 milioni.

Per quanto concerne il Pil, nel secondo trimestre del 2018  ha toccato il 4,2%, cifra importante se guardiamo agli standard cui siamo abituati oggi, specie nella nostra disastrata Italia, ma il tasso di crescita è rallentato al 3.5% nel terzo trimestre e la Banca Centrale di Atlanta si aspetta rallenti al 3% per gli ultimi tre mesi dell’anno. Nel 2017, il primo anno completo di presidenza Trump, il Pil è cresciuto del 2,3%. Ford, Johnson e Clinton, solo per citare alcuni nomi, raggiunsero risultati migliori. Decisamente migliore invece è il dato che riguarda i salari (anche se, anche qui e per ovvi motivi di economia globale che, in quanto tale, poco si può imputare a questa o quella presidenza, ben lungi dal boom degli anni ‘60/‘70).

Ciò che invece i più non sanno è che il tanto declamato taglio delle tasse non ha portato i risultati sperati. Infatti, il tasso degli investimenti delle aziende è cresciuto solo dello 0.8% nel trimestre luglio – settembre 2018. E sono pressoché tutti concordi sul fatto che, ad oggi,  la gran parte degli analisti solo i grandi colossi ad ora ne hanno beneficiato. In decisa crescita è stato invece il deficit americano, cresciuto del 17% a 779 miliardi di dollari: risultato dovuto in gran parte al minor gettito fiscale da parte delle aziende.

I tagli alle tasse operati da Trump e la spesa nel settore della difesa hanno messo il turbo a Wall Street che con The Donald ha raggiunto nuovi record storici, ma ciononostante ottobre ha invertito la tendenza e l’S&P ha vissuto il peggior mese dal 2008. E soffiano venti contrari: la Fed ha iniziato ad alzare il costo del denaro, i prezzi delle case in calo e gli investimenti delle aziende si stanno indebolendo nonostante i tagli fiscali.

Staremo quindi a vedere se in coda alle urne c’erano più democratici o più repubblicani.

Lorenza Morello (consigliera per gli Affari giuridici della Fondazione Italia/USA)

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