Italia verso il disastro a colpi di ignoranza e cialtroneria. Con una Costituzione che appare bucata


TORINO - "Occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andare d'accordo con tutti. Le cose grandi ai grandi, gli abissi ai profondi, le finezze ai sottili. Le rarità ai rari”, diceva Nietzsche. Come commenterebbe oggi il filosofo l’evidente opportunismo istituzionale in cui è precipitata la nostra Italia?

L’opportunismo, in ogni ambito, è una malattia pericolosa, alimenta la sfiducia e può generare mostri.
Figuriamoci in un contesto come quello della politica attuale che sconta già da anni una sfiducia generalizzata da parte degli elettori.

Ora, non c’è persona intellettualmente onesta che possa sottacere l’abitudine, ormai sfacciata, di trattare i temi che riguardano il funzionamento e la riforma delle nostre istituzioni in un’ottica essenzialmente partigiana, legata alle convenienze politiche del momento.

È all’evidenza di tutti che ciò che è in gioco è uno scontro puramente e semplicemente politico tra chi vorrebbe elezioni subito e chi invece vorrebbe fare durare la legislatura.

Sia chiaro, tale scontro è assolutamente legittimo ed è nella natura delle cose: ciascuno in politica persegue i propri interessi e ne risponde di fronte ai propri elettori. Quello che preoccupa è che, per esorcizzare la natura politica del confitto, si chiamino in causa, opportunisticamente, appunto, argomenti che dovrebbero invece esprimere un interesse più generale, svincolato dalla contesa contingente. Specie in un momento di così grave posizionamento del Paese sugli scenari internazionali in cui ogni istante può essere quello fatale, non soprassedere sulle politiche viltà in favore di un bene comune superiore, la salvezza della Nazione, è un tradimento a quel patto di rappresentanza che lega le camere al Popolo, che rimane sovrano solo in un ormai stantio testo costituzionale.

I tempi e i modi di una riforma come quella del taglio dei parlamentari o una procedura corretta per formalizzare la crisi di governo sono temi fondamentali e delicatissimi. Non a caso molte Costituzioni prevedono delle procedure formalizzate e precise proprio per evitare i cortocircuiti. 

Alcuni ordinamenti codificano con disposizioni formali o consuetudini consolidate le modalità per giungere allo scioglimento delle Camere; alcune Costituzioni prevedono, ad esempio, che ci sia un’elezione tra il momento della prima approvazione della riforma costituzionale e la sua entrata in vigore. In Italia, purtroppo nessuna delle due questioni è adeguatamente regolata in Costituzione e il vuoto normativo consente un fiorire, anche tra i tecnici, di interpretazioni, più o meno fondate, ma certamente diverse e divaricate.

L’opinione pubblica si trova di fronte a una grande confusione. Si fa fatica ad accettare che alcune questioni di tale importanza siano opinabili. Soprattutto quando lo scontro si svolge brandendo le opinioni come verità assolute. Così, nell’immediato si produce un unico risultato: incertezza e diffidenza verso politici ed esperti. La percezione diffusa è che gli argomenti costituzionali diventino prese di posizione partigiane. E non sapendo a chi credere, o non si crede a nessuno o si crede solo ai “propri”.

L’intero sistema ne risulta delegittimato, con il rischio che, anche in questo caso, si alimenti la reazione antipolitica che trova il suo brodo di coltura proprio nell’incertezza e nella diffidenza.

Lo sgretolamento di una grammatica costituzionale condivisa rischia di travolgere tutto e tutti. Per questo la situazione è drammatica, ben al di là della sorte di un governo.

Certo, ognuno può cercare il proprio capro espiatorio di comodo, gettando la colpa su questo o quel protagonista, ma sarebbe disonesto intellettualmente credere davvero che ci sia un singolo carnefice che tenta di divorare tutti gli innocenti. Voltafaccia, faziosità, trasformismo, uso di comodo degli argomenti, disinvoltura nel cambiare posizioni dall’oggi al domani, sono fenomeni diffusi e trasversali.

Si ritiene che non sia opportuno sciogliere le Camere prima dell’approvazione referendaria della riduzione dei parlamentari? Bene, allora si riformi subito. Ma subito. E non si parli di governi di legislatura (perché se la riforma delegittimerebbe un Parlamento eletto nella composizione attuale, altrettanto delegittimato sarebbe il Parlamento di oggi dopo l’approvazione della riforma).

E soprattutto non ci si inventi per andare alle Calende stiracchiati automatismi per cui, ridotti i parlamentari, si deve anche approvare una legge elettorale nuova, possibilmente proporzionale, o, che so, ristrutturare gli uffici delle Camere per adeguarli architettonicamente alla nuova composizione.

Dall’insediamento del governo (1/6/18) gli occupati sono diminuiti di 91mila unità. Lo spread è raddoppiato. La produzione industriale è scesa di 11 punti, la pressione fiscale salita dello 0,4%, gli investitori esteri di portafoglio scesi di 99 mld.

Se la stima di Fitch (+0,1%) è realistica, il deficit/Pil 2019 sarà almeno al 2,5%. E se il governo intende evitare l’aumento Iva del 2020 col deficit, sarà al 4%. Vuol dire un debito/Pil oltre il 135%. 

Stiamo andando - a colpi di ignoranza e cialtroneria - verso il disastro.

di Lorenza Morello

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