TARANTO - Gio Ponti. L’ideatore di una arte innovativa con la Concattedrale di Taranto che ha come sponsor gratuito la catena Alitalia. Prepariamo le celebrazioni di Gio Ponti! Il marchio “Alitalia” è sinonimo di viaggio nel mondo. È sinonimo anche di turismo nel mondo. Ed è proprio Alitalia, attraverso la rivista “Ulisse”, a celebrare Gio Ponti a livello internazionale. Un grande artista, un grande designer italiano. Nato a Milano il 18 novembre del 1891 e morto a Milano il 16 settembre del 1979. Il prossimo anno si celebrano anniversari importanti, tra cui quello della morte di Giovanni Ponti, a 40 anni, in arte Gio Ponti. Milanese, accademico italiano, ha sempre avuto grandi sostenitori nel regime fascista che credettero fortemente nella sua arte, a quella innovazione del disegno e formazione internazionale dei modelli artistici e culturali che hanno avuto come punto nevralgico il neoclassicismo vissuto nelle opere di Piacentini.
Mostre, rappresentazioni, visioni. Gio Ponti è stato un grande rivoluzionario del Novecento. Ha lasciato segni importanti precisi, sia attraverso la straordinaria vocazione architettonica, sia attraverso una forma di razionalismo italiano che lo ha visto accademico e progettista. La sua attività di progettista ha lasciato il segno in molte città italiane. Si pensi al grattacielo Pirelli a Milano (costruito tra il 1955 e il 1958), agli spazi architettonici, a tutte quelle opere che costituiscono il modello di un movimento in cui la filosofia si è sposata con l’arte. Senza la revisione filosofica della scienza architettonica è inconcepibile cogliere il valore intrinseco di Gio Ponti .
Tra le grandi opere che hanno segnato tappe fondamentali, non solo nella sua storia ma soprattutto nella storia dell’arte italiana che viene esportata in tutto il mondo, vi è la Concattedrale di Taranto (1964 - 1970). Un segno tangibile di come le forme avessero assunto in quegli anni, attraversando il disegno barocco, la modellistica del disegno italiano divenendo un modello transatlantico, punto nevralgico dell’identità italiana del regime fascista. Non si può disconoscere questo aspetto. Gli elementi innovativi della Concattedrale sono anche negli slanchi di una architettura che ha sottolineato nelle arti degli Orienti una visione piuttosto verticale. I Minareti e lo slancio portano ad una lettura verso l’alto. Il cielo. L’Assoluto. La Concattedrale si serve di questa esperienza a mosaico orientale a mo’ di minareto.
Mostre, rappresentazioni, visioni. Gio Ponti è stato un grande rivoluzionario del Novecento. Ha lasciato segni importanti precisi, sia attraverso la straordinaria vocazione architettonica, sia attraverso una forma di razionalismo italiano che lo ha visto accademico e progettista. La sua attività di progettista ha lasciato il segno in molte città italiane. Si pensi al grattacielo Pirelli a Milano (costruito tra il 1955 e il 1958), agli spazi architettonici, a tutte quelle opere che costituiscono il modello di un movimento in cui la filosofia si è sposata con l’arte. Senza la revisione filosofica della scienza architettonica è inconcepibile cogliere il valore intrinseco di Gio Ponti .
Tra le grandi opere che hanno segnato tappe fondamentali, non solo nella sua storia ma soprattutto nella storia dell’arte italiana che viene esportata in tutto il mondo, vi è la Concattedrale di Taranto (1964 - 1970). Un segno tangibile di come le forme avessero assunto in quegli anni, attraversando il disegno barocco, la modellistica del disegno italiano divenendo un modello transatlantico, punto nevralgico dell’identità italiana del regime fascista. Non si può disconoscere questo aspetto. Gli elementi innovativi della Concattedrale sono anche negli slanchi di una architettura che ha sottolineato nelle arti degli Orienti una visione piuttosto verticale. I Minareti e lo slancio portano ad una lettura verso l’alto. Il cielo. L’Assoluto. La Concattedrale si serve di questa esperienza a mosaico orientale a mo’ di minareto.
La visione progettistica architettonica, a partire dagli anni ’50, trova in Ponti un autentico innovatore, in cui il senso della vocazione diventa vera e propria progettualità. Esemplificative di questo concetto sono le cosiddette “pareti attrezzate” da lui ideate.
Questo spazio architettonico ha dato il senso a una interpretazione del movimento moderno, soprattutto in Italia, ad iniziare dalle porcellane di Richard Ginori (ideate da Gio Pozzi negli anni Venti), agli oggetti di Pietro Argento del 1927, ai grandi pezzi di cristallo, alla IV Triennale di Monza del 1930, fino ad arrivare ai tessuti realizzati in quell’anno per Vittorio Ferrari. Questi primi aspetti, che includono anche le lampade per Fontana e le tre librerie progettate nel 1931 per ospitare le opere di Gabriele D’Annunzio, costituiscono dei moderni precursori di un’arte architettonica che si definirà in seguito nei modelli degli arredamenti. Penso all’arredamento Piccoli di Milano nel 1936, all’arredamento Pozzi (Milano, 1936), alla sedia “a volute” presentata alla VI Triennale di Milano nel 1936, prodotta da Casa e Giardino, poi da Cassina (1946) e da Montina (1969).
Nel 1948 collabora con Alberto Rosselli e Antonio Fornaroli alla creazione de “La Cornuta”, la prima macchina da caffè espresso a caldaia orizzontale prodotta da “La Pavoni”. Gio Pozzi è stato un precursore di tutte le forme a iniziare dalle posate, che risalgono a una fase successiva (tra il 1955 e il 1958) e a quelle architetture interne ed esterne, come il grattacielo Pirelli di Milano e la Concattedrale di Taranto che simboleggia il fulcro centrale della sua opera. Un’opera monumentale che avrebbe dovuto internazionalizzare Taranto e che, invece, è stata lasciata al degrado. Un insensato atteggiamento di negligenza che non ha consentito a quest’opera immane di divenire modello centrale di una città che, in quegli anni, stava diventando innovativa.
Questo spazio architettonico ha dato il senso a una interpretazione del movimento moderno, soprattutto in Italia, ad iniziare dalle porcellane di Richard Ginori (ideate da Gio Pozzi negli anni Venti), agli oggetti di Pietro Argento del 1927, ai grandi pezzi di cristallo, alla IV Triennale di Monza del 1930, fino ad arrivare ai tessuti realizzati in quell’anno per Vittorio Ferrari. Questi primi aspetti, che includono anche le lampade per Fontana e le tre librerie progettate nel 1931 per ospitare le opere di Gabriele D’Annunzio, costituiscono dei moderni precursori di un’arte architettonica che si definirà in seguito nei modelli degli arredamenti. Penso all’arredamento Piccoli di Milano nel 1936, all’arredamento Pozzi (Milano, 1936), alla sedia “a volute” presentata alla VI Triennale di Milano nel 1936, prodotta da Casa e Giardino, poi da Cassina (1946) e da Montina (1969).
Nel 1948 collabora con Alberto Rosselli e Antonio Fornaroli alla creazione de “La Cornuta”, la prima macchina da caffè espresso a caldaia orizzontale prodotta da “La Pavoni”. Gio Pozzi è stato un precursore di tutte le forme a iniziare dalle posate, che risalgono a una fase successiva (tra il 1955 e il 1958) e a quelle architetture interne ed esterne, come il grattacielo Pirelli di Milano e la Concattedrale di Taranto che simboleggia il fulcro centrale della sua opera. Un’opera monumentale che avrebbe dovuto internazionalizzare Taranto e che, invece, è stata lasciata al degrado. Un insensato atteggiamento di negligenza che non ha consentito a quest’opera immane di divenire modello centrale di una città che, in quegli anni, stava diventando innovativa.
Si era nel periodo immediatamente dopo la nascita dell’ITALSIDER, il Centro siderurgico. Ciò avrebbe dovuto rappresentare una operazione industriale di arte di primo livello, perché l’arte è un investimento sulla figura industrializzata dell’architettura stretta, ovvero della monumentalità. La Concattedrale è la monumentalità di un’arte moderna che si serve degli spazi, dei tagli a bifora, per entrare in una visione in cui l’arredamento esterno (perché è fatta di arredamento esterno sulle pareti) può diventare una vera e propria fattispecie di cultura avanzata.
Sono gli altri Paesi a rivalutare la Concattedrale di Taranto. Sull’ultimo numero della rivista “Ulisse” (letta in tutto il mondo, consultabile anche all’interno degli aerei Alitalia) è apparso un interessante articolo dedicato a questo splendido esempio di architettura moderna che, grazie a Gio Ponti, acquista ora una risonanza internazionale. Ritengo questo un fatto importante non soltanto da un punto di vista architettonico, ma soprattutto nei confronti di quella architettura che avrebbe dovuto rappresentare una svolta nella manifestazione dei Beni Culturali.
La Concattedrale non è solo un dato devozionale in sé. In essa la struttura diventa, all’interno della città, manifestazione del bello nell’ambito della visualizzazione. Chi non vi riconosce il bello, non può non coglierne l’aspetto innovativo, la rivoluzione architettonica vera e propria. È da qui che bisognerebbe partire per offrire una lettura a quella visione di Gio Ponti che trova maestosa espressione nel Palazzo Vittorio, in via dell’Impero a Roma. Una autentica “domus victoria”.
A partire dal 1933 si rivoluziona questa dimensione della latinità sposata al mondo barocco, vera dimensione dell’arte moderna. Rientra in questo ambito la Scuola di Matematica, costruita nel 1934 per la città universitaria di Roma e la Mostra dell’Areonautica al Palazzo dell’Arte di Milano.
La Concattedrale sarebbe dovuta diventare un punto di contatto con l’arte e i modelli artistici internazionali. Invece continua a essere maltrattata. Non si può celebrare Gio Ponti senza pensare a Taranto. La rivista “Ulisse”, dando il giusto risalto a quest’opera monumentale, ha preferito creare una dimensione in cui l’arte si specchia in quelle vasche che sono state rifugio di diversi contesti, anziché menzionare altri monumenti o aspetti della storia moderna.
Oggi Gio Ponti viene celebrato in Francia. Presto verrà celebrato anche a Milano, nei paesi mediterranei, nei Balcani, diventando un punto di contatto tra la progettualità delle culture estere nei confronti del moderno della teatralità del contemporaneo.
Sono molteplici gli ambiti in cui agì Gio Ponti, arrivando perfino a creare nel 1940 le scenografie e i costumi per il “Pulcinella” di Stravinskij al Teatro dell’Arte di Milano. Questo significa che il dato della costituzione dell’arredamento avrebbe dovuto dare una centralità ad un legame tra “arte” e “industria” , tra “arte” e “valorizzazione”. Se Gio Ponti, tra il 1952 e il 1956, crea l’architettura delle centrali elettriche Edison a Santa Giustina di Chiavenna significa che la cultura artistica mondiale ha ravvisato in lui il dato concreto. Ne sono un esempio la realizzazione dell’Istituto Italiano di Cultura della Fondazione Lerici a Stoccolma (1952 - 1958), la grande struttura dell’Hotel della Ville e il Centro Studi della Fondazione Livio e Maria Garzanti, in Corso della Repubblica a Forlì.
Progettista della nuova cultura, Gio Ponti ha posto in essere la forma occidentale dell’arte architettonica con la forma moderna nei complessi della realtà orientale. Tra il 1955 e il 1956 progetta la Chiesa di San Luca Evangelista a Milano. Un esempio significativo di arte tecnica che diviene arte dell’umanesimo. Si pensi a Sorrento, all’Hotel Parco dei Principi (1962), all’Hotel Parco dei Principi a Roma (1964), alla Chiesa di San Francesco di Assisi al Fapponino di Milano, all’edificio Montedoria di Milano (1968 - 1971) e, successivamente nel 1970, alla Concattedrale Grande Madre di Dio di Taranto il cui significato è quello di fondere l’arte di una Magna Grecia consolidata con il modello di una cultura spartana che interagisce con la realtà salentina. Questa dimensione ha un inquadramento all’interno del contesto territoriale. Gio Ponti ha fatto i conti con la storia di Taranto, con Taras, con la realtà della Magna Grecia. Tutta la sua architettura manifesta questo.
Gio Ponti andrebbe riletto nell’ambito di una visione in cui lo stile diventa senso di una leggerezza in cui l’arte viene concepita come proposta vocazionale. Taranto non ha fatto nulla per valorizzare questo movimento dell’arte moderna considerato nel mondo una eccellenza, insieme alla Concattedrale.
Se la rivista “Ulisse” ha scelto proprio la Concattedrale come immagine dell’arte architettonica italiana nel mondo, non è soltanto perché si è desiderato dare voce a Gio Ponti, ma perché si è voluto individuare in questa opera il modello quasi terminale dello studio e della ricerca di un straordinario progettista della modernità che ha interagito con la contemporaneità.
Il prossimo anno sono previste diverse attività dedicate a Gio Ponti, promosse dal Mibac. Un personaggio che è divenuto nel tempo (come ha dichiarato la rivista stessa) “il vessillo dello stile italiano nel mondo”, ovvero il vessillo dello stile italiano nell’ambito di una cultura artistica che vede New York interagire con Roma e Roma con Tokio.
Le grandi capitali mondiali assolvono a una funzione in cui la visione transatlantica dell’arte diventa arte del disegno. Questo scandagliare nella regia architettonica della Concattedrale costituisce anche un monito per Taranto a realizzare una serie di interventi affinché si possa creare un modello prolifico di attività in cui il senso della progettazione diviene realtà elettromagnetica. Metafora di una visione in cui la pubblicità rappresenta uno strumento di valorizzazione, attraverso un monumento, della dimensione artistica di una intera città.
Taranto come Parigi? Non è questo assolutamente il problema. Dovremmo essere più sensibili e preparati.
Gli strumenti ci sono. Forse mancano gli uomini. Su Gio Ponti Taranto dovrebbe creare una vera e proprio retrospettiva di lettura e interpretazione, perché se la sua bianca Concattedrale viene presa come esempio di una dimensione artistica rivoluzionaria, soprattutto per una struttura cattolica, significa che quella innovazione ha significato una vera e propria creazione di un modello artistico rivoluzionario.
Si badi, attenzione, che un unicum in cui il modello occidentale e quello orientale vengono fusi, intrecciati,raccontati. Una chiesa che dialoga con il minareto. Ovvero il mondo cristiano occidentale, ma anche ortodosso e bizantino, che si confronta con le arti ottomani e islamiche.
Sono gli altri Paesi a rivalutare la Concattedrale di Taranto. Sull’ultimo numero della rivista “Ulisse” (letta in tutto il mondo, consultabile anche all’interno degli aerei Alitalia) è apparso un interessante articolo dedicato a questo splendido esempio di architettura moderna che, grazie a Gio Ponti, acquista ora una risonanza internazionale. Ritengo questo un fatto importante non soltanto da un punto di vista architettonico, ma soprattutto nei confronti di quella architettura che avrebbe dovuto rappresentare una svolta nella manifestazione dei Beni Culturali.
La Concattedrale non è solo un dato devozionale in sé. In essa la struttura diventa, all’interno della città, manifestazione del bello nell’ambito della visualizzazione. Chi non vi riconosce il bello, non può non coglierne l’aspetto innovativo, la rivoluzione architettonica vera e propria. È da qui che bisognerebbe partire per offrire una lettura a quella visione di Gio Ponti che trova maestosa espressione nel Palazzo Vittorio, in via dell’Impero a Roma. Una autentica “domus victoria”.
A partire dal 1933 si rivoluziona questa dimensione della latinità sposata al mondo barocco, vera dimensione dell’arte moderna. Rientra in questo ambito la Scuola di Matematica, costruita nel 1934 per la città universitaria di Roma e la Mostra dell’Areonautica al Palazzo dell’Arte di Milano.
La Concattedrale sarebbe dovuta diventare un punto di contatto con l’arte e i modelli artistici internazionali. Invece continua a essere maltrattata. Non si può celebrare Gio Ponti senza pensare a Taranto. La rivista “Ulisse”, dando il giusto risalto a quest’opera monumentale, ha preferito creare una dimensione in cui l’arte si specchia in quelle vasche che sono state rifugio di diversi contesti, anziché menzionare altri monumenti o aspetti della storia moderna.
Oggi Gio Ponti viene celebrato in Francia. Presto verrà celebrato anche a Milano, nei paesi mediterranei, nei Balcani, diventando un punto di contatto tra la progettualità delle culture estere nei confronti del moderno della teatralità del contemporaneo.
Sono molteplici gli ambiti in cui agì Gio Ponti, arrivando perfino a creare nel 1940 le scenografie e i costumi per il “Pulcinella” di Stravinskij al Teatro dell’Arte di Milano. Questo significa che il dato della costituzione dell’arredamento avrebbe dovuto dare una centralità ad un legame tra “arte” e “industria” , tra “arte” e “valorizzazione”. Se Gio Ponti, tra il 1952 e il 1956, crea l’architettura delle centrali elettriche Edison a Santa Giustina di Chiavenna significa che la cultura artistica mondiale ha ravvisato in lui il dato concreto. Ne sono un esempio la realizzazione dell’Istituto Italiano di Cultura della Fondazione Lerici a Stoccolma (1952 - 1958), la grande struttura dell’Hotel della Ville e il Centro Studi della Fondazione Livio e Maria Garzanti, in Corso della Repubblica a Forlì.
Progettista della nuova cultura, Gio Ponti ha posto in essere la forma occidentale dell’arte architettonica con la forma moderna nei complessi della realtà orientale. Tra il 1955 e il 1956 progetta la Chiesa di San Luca Evangelista a Milano. Un esempio significativo di arte tecnica che diviene arte dell’umanesimo. Si pensi a Sorrento, all’Hotel Parco dei Principi (1962), all’Hotel Parco dei Principi a Roma (1964), alla Chiesa di San Francesco di Assisi al Fapponino di Milano, all’edificio Montedoria di Milano (1968 - 1971) e, successivamente nel 1970, alla Concattedrale Grande Madre di Dio di Taranto il cui significato è quello di fondere l’arte di una Magna Grecia consolidata con il modello di una cultura spartana che interagisce con la realtà salentina. Questa dimensione ha un inquadramento all’interno del contesto territoriale. Gio Ponti ha fatto i conti con la storia di Taranto, con Taras, con la realtà della Magna Grecia. Tutta la sua architettura manifesta questo.
Gio Ponti andrebbe riletto nell’ambito di una visione in cui lo stile diventa senso di una leggerezza in cui l’arte viene concepita come proposta vocazionale. Taranto non ha fatto nulla per valorizzare questo movimento dell’arte moderna considerato nel mondo una eccellenza, insieme alla Concattedrale.
Se la rivista “Ulisse” ha scelto proprio la Concattedrale come immagine dell’arte architettonica italiana nel mondo, non è soltanto perché si è desiderato dare voce a Gio Ponti, ma perché si è voluto individuare in questa opera il modello quasi terminale dello studio e della ricerca di un straordinario progettista della modernità che ha interagito con la contemporaneità.
Il prossimo anno sono previste diverse attività dedicate a Gio Ponti, promosse dal Mibac. Un personaggio che è divenuto nel tempo (come ha dichiarato la rivista stessa) “il vessillo dello stile italiano nel mondo”, ovvero il vessillo dello stile italiano nell’ambito di una cultura artistica che vede New York interagire con Roma e Roma con Tokio.
Le grandi capitali mondiali assolvono a una funzione in cui la visione transatlantica dell’arte diventa arte del disegno. Questo scandagliare nella regia architettonica della Concattedrale costituisce anche un monito per Taranto a realizzare una serie di interventi affinché si possa creare un modello prolifico di attività in cui il senso della progettazione diviene realtà elettromagnetica. Metafora di una visione in cui la pubblicità rappresenta uno strumento di valorizzazione, attraverso un monumento, della dimensione artistica di una intera città.
Taranto come Parigi? Non è questo assolutamente il problema. Dovremmo essere più sensibili e preparati.
Gli strumenti ci sono. Forse mancano gli uomini. Su Gio Ponti Taranto dovrebbe creare una vera e proprio retrospettiva di lettura e interpretazione, perché se la sua bianca Concattedrale viene presa come esempio di una dimensione artistica rivoluzionaria, soprattutto per una struttura cattolica, significa che quella innovazione ha significato una vera e propria creazione di un modello artistico rivoluzionario.
Si badi, attenzione, che un unicum in cui il modello occidentale e quello orientale vengono fusi, intrecciati,raccontati. Una chiesa che dialoga con il minareto. Ovvero il mondo cristiano occidentale, ma anche ortodosso e bizantino, che si confronta con le arti ottomani e islamiche.
di Pierfranco Bruni
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