Papa Francesco nell'assenza del carisma di Cristo. Benedetto XVI nella lungimiranza profetica

ROMA - Benedetto XVI ebbe a scrivere coraggiosamente: “La filosofia descrive in fondo precisamente ciò che la fede chiama «peccato originale». Questa specie di «mondo» deve scomparire; deve essere trasformato nel mondo di Dio. Proprio questa è la missione di Gesù, nella quale i discepoli vengono coinvolti: condurre il «mondo» fuori dall’alienazione dell’uomo da Dio e da se stesso, affinché il mondo torni ad essere di Dio e l’uomo, nel diventare una cosa sola con Dio, torni ad essere totalmente se stesso. Questa trasformazione, però, ha il prezzo della croce e per i testimoni di Cristo quello della disponibilità al martirio”.

La Chiesa di oggi vive in una profonda crisi. Una crisi di “cristianità”. Ovvero di identità cristiana.  È come se mancasse il carisma del Cristo. La parola é una Esistenza dell’Essere. Accogliere in Cristo è la verità assoluta smarrita.

DIO CRISTO NON SCOMUNICA. ACCOGLIE. IL DIVINO NON CONOSCE IL VERBO SCOMUNICARE. NON SAREBBE DIVINO CRISTO DIO.

Benedetto XVI è il Papa della lungimiranza profetica. Le sue parole sono le parole serie che hanno un vero senso. Il vero Papa. Il Papa della verità! Il divino è una metafisica dell’anima che raccoglie gli orizzonti della Fede e della Devozione. Essere in Cristo ed essere in Maria è una partecipazione mistica che vive la teologia del sacro come unità sacramentale. Soltanto nel divino Cristo diventa uomo e ci partecipa il suo Viaggio nella profondità della innocenza che è conoscenza. Il relativismo è figlio della Ragione. Fede e Ragione sono, insieme, la profezia della provvidenza. Una Ragione che non è illuminismo. Non può esserci illuminismo nella Fede - Ragione.

Benedetto XVI: ““La libertà di Gesù non è la libertà del liberale. È la libertà del Figlio e così è la libertà di colui che è veramente pio. Come Figlio, Gesù porta una nuova libertà, ma non quella di colui che è senza alcun legame, bensì la libertà di Colui che è totalmente unito alla volontà del Padre e che aiuta gli uomini a raggiungere la libertà dell’unione interiore con Dio”.

Il sacro divino ha la bellezza della vita oltre la fine. La Fede non si pone il problema del relativo del progresso ma ha la divinità del sacro che rende umani. Bisogna vivere teologia e filosofia come unicum per dare al divino l’umanità. L’uomo si sradica nel solo umano. Ha bisogno di radicarsi nel divino. Il rispetto del divino rende rispettoso l’umano. Non il contrario. Le civiltà umane nascono radicate in Dio.

Dio non scomunica mai. Accoglie sempre. La grande lezione di Benedetto. Resta una pietra miliare: “«SPE SALVI facti sumus » – nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani e anche a noi (Rm 8,24). La « redenzione », la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. Ora, si impone immediatamente la domanda: ma di che genere è mai questa speranza per poter giustificare l'affermazione secondo cui a partire da essa, e semplicemente perché essa c'è, noi siamo redenti? E di quale tipo di certezza si tratta?”.

La mia visione di cristiano non cattolico, in questa stagione di forte radicalismo relativista, è dentro una posizione che pone seri interrogativi antropologici alla cultura DELL’UMANESIMO.

Di grande attualità è questo monito di Benedetto: “La presunzione, che vuole fare di Dio un oggetto e imporgli le nostre condizioni sperimentali da laboratorio, non può trovare Dio. Infatti si basa già sul presupposto che noi neghiamo Dio in quanto Dio, perché ci poniamo al di sopra di Lui. Perché mettiamo da parte l’intera dimensione dell’amore, dell’ascolto interiore, e riconosciamo come reale solo ciò che è sperimentabile, che ci è stato posto nelle mani. Chi la pensa in questo modo fa di se stesso Dio e degrada così facendo non solo Dio, ma il mondo e se stesso”.

L’uomo è tale soltanto se riesce ad anteporre alla ragione illuminista una Ragione umana, ovvero immanente in cui il senso della materia è assorbita dalla rinascita dell’uomo che vede in Cristo la guida e la sentinella dell’umanesimo. Il volere e la fede sono principi e non valori. La volontà è un destino ma anche una rivelazione. Fede e Ragione sono l’uomo nuovo. Benedetto ha posto al centro la perseveranza. Mai la scomunica. Scomunicare è inquisire.

La Chiesa di oggi è faziosa intollerante inquisitoria perché non ha una teologia della fede ed è nutrita da un giacobinismo relativista e assolutista. Chi scrive ha constatato più volte la sua intolleranza e la sua non volontà cristiana. È diventata la negazione di Cristo. Certo il mio punto di riferimento resta la figura di Benedetto XVI. Un Papa che ha saputo legare la teologia vivente con la filosofia. È un problema molto serio. Bergoglio dovrebbe assumersi una responsabilità di verità e togliere il disturbo. Perchè  “Dio è sparito, chi agisce è ormai solo l’uomo. Il rispetto delle «tradizioni» religiose è solo apparente” (Benedetto XVI).

di Pierfranco Bruni

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