Poesia di Marilena Ferrante
Redazione CWN | 29 Aprile 2020
Redazione CWN | 29 Aprile 2020
Eterna bellezza
Sempre in agguato il vento spinge il fluttio del mare.
Incarna la voracità dell’uomo
in preda alla sua implacabile sete di conoscenza.
Immaginiamo una calda schiuma che asciughi
le lacrime fredde della indifferenza,
della colata di cemento,
della lasciva coltre di nefandezza
che deturpa la freschezza delle acque.
Eppure tu, tavola bianca, ossigeno per i più audaci,
cristallino conforto per le tempeste del cuore,
hai camminato per secoli insieme ai tuoi figli.
Hai mosso lo spirito più improvvido
per scampare alle tue tempeste,
hai fatto ritrovare i corpi scivolati
nella culla della tua pace.
Perché non alimenti ora
quel dolce brivido di avventura,
perché non plachi il tormento
della imperitura piacevolezza
di chi osa affrontarti ancora oggi
senza spaventare l’umanità?
Ti vesti di una coltre scura
che spesso indica il tuo scivolio
nella banalità dell’uomo che non conserva,
ma imbastisce feretri di mancanza
al tuo divino istinto di sopravvivenza.
Scalzi ci lasciamo portare dalle onde
perché i nostri corpi anelano alla tua accoglienza.
Tu, vecchio stanco, ritrovi nella tua eterna bellezza
le mani per consegnarci il tuo massimo segno di benevolenza.
Non basta la nostra inciviltà a rendere incurante la tua generosa
specie, il tuo fascino di eterno.
Mediterraneo, porto sicuro tra mondi schierati
nell’incapacità di amare le tue vestigia rubate
dalla turbolenza dell’onda anomala della barbarie di questo secolo.
Sempre in agguato il vento spinge il fluttio del mare.
Incarna la voracità dell’uomo
in preda alla sua implacabile sete di conoscenza.
Immaginiamo una calda schiuma che asciughi
le lacrime fredde della indifferenza,
della colata di cemento,
della lasciva coltre di nefandezza
che deturpa la freschezza delle acque.
Eppure tu, tavola bianca, ossigeno per i più audaci,
cristallino conforto per le tempeste del cuore,
hai camminato per secoli insieme ai tuoi figli.
Hai mosso lo spirito più improvvido
per scampare alle tue tempeste,
hai fatto ritrovare i corpi scivolati
nella culla della tua pace.
Perché non alimenti ora
quel dolce brivido di avventura,
perché non plachi il tormento
della imperitura piacevolezza
di chi osa affrontarti ancora oggi
senza spaventare l’umanità?
Ti vesti di una coltre scura
che spesso indica il tuo scivolio
nella banalità dell’uomo che non conserva,
ma imbastisce feretri di mancanza
al tuo divino istinto di sopravvivenza.
Scalzi ci lasciamo portare dalle onde
perché i nostri corpi anelano alla tua accoglienza.
Tu, vecchio stanco, ritrovi nella tua eterna bellezza
le mani per consegnarci il tuo massimo segno di benevolenza.
Non basta la nostra inciviltà a rendere incurante la tua generosa
specie, il tuo fascino di eterno.
Mediterraneo, porto sicuro tra mondi schierati
nell’incapacità di amare le tue vestigia rubate
dalla turbolenza dell’onda anomala della barbarie di questo secolo.
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