A tu per tu con Maura Manca su terremoti psichici e giovani

ROMA - Agli sgoccioli di questa giornata, quella del Primo Maggio, che mai come in questo 2020 ha rivestito un significato nuovo, unico e, probabilmente, irripetibile, pubblichiamo la nostra conversazione con la dottoressa Maura Manca, psicoterapeuta e presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza. Emozioni, giovani, democrazia, paura in fase Covid-19.


Dottoressa Manca, cambierà il modo di svolgere la sua professione a libertà ritrovata?

La mia professione è cambiata e cambierà ancora. È un riadattamento continuo in funzione delle nuove disposizioni. Non cambierà la relazione e il rapporto, non verrà intaccata l’alleanza terapeutica. Saremo un po’ più distanti, con le mascherine, con gli igienizzanti a portata di mano, ma nella stanza di un terapeuta ciò che conta è la persona, le emozioni, i suoi sentimenti, le sue percezioni, il suo essere. Non è una mascherina o i due metri tra noi che cambieranno la qualità e l’efficacia della relazione terapeutica. Cambierà il modo di fare formazione, per chi, come me, lavorava anche come formatrice nelle scuole, con i gruppi o svolgeva eventi. Purtroppo dovremmo usare uno schermo, dovremmo perdere la bellezza della relazione diretta e la sua efficacia. Da questo punto di vista non sarà la stessa cosa. Diciamo che io sono già rodata, ho insegnato presso un’università telematica in cui facevo lezione agli studenti attraverso una telecamera e delle video lezioni registrate senza il contatto con loro. Non ha la stessa valenza, ti perdi la bellezza di insegnare. Questo mi dispiace molto e spero di poter tornare presto a guardare l’altro negli occhi quando parlo.

Si troverà di fronte lo stesso paziente di prima o persone rinnovate, in meglio o in peggio?

Io non ho mai interrotto il lavoro con loro, sono stata sempre presente, anche attraverso le videochiamate. Eventi così invasivi creano dei terremoti psichici. Per alcuni, in base a tutta una serie di fattori, possono essere dei veri e propri terremoti, anche molto intensi, con le rispettive scosse di assestamento e per altri, piccole scossette che smuovono il terreno e permetto di seminare anche qualcosa di nuovo. Non credo che si possa parlare di meglio o di peggio. Si può parlare di “diverso” rispetto al punto di partenza. La direzione la diamo noi e si definisce solo percorrendo una strada. Ho sentito tante belle parole e tanti bei buoni propositi che mi richiamano un po’ la “sindrome di fine anno”. Cambieranno solo coloro che hanno attinto alle risorse già durante l’isolamento forzato. Il DEVO non ci porta mai molto lontano, il VOGLIO decisamente sì.

Manca, gli adolescenti in questo periodo e tra qualche mese...

Gli adolescenti sono stanchi, hanno bisogno di riprendere in mano la loro adolescenza. Si sono sentiti un po’ abbandonati, poco considerati, nonostante abbiano dovuto affrontare anche loro un enorme cambiamento con uno sforzo per riadattarsi importante. Devo dire che sono stati fin troppo bravi e che ora hanno solo voglia di continuare a costruire la loro adolescenza. Hanno il diritto di ripartire, di sapere cosa sarà di loro e a cosa si dovranno ancora adattare. Se gli vengono spiegate con criterio, sono perfettamente in grado di rispettare anche le regole. Sono stanchi anche loro di vivere tutto il giorno attaccati a uno smartphone, stanno rischiano una sorta di burnout digitale. Purtroppo qualcuno avrà grosse difficoltà a uscire dal rifugio di sicurezza che si è creato e tenderà a isolarsi ulteriormente. Questo è uno degli aspetti che mi preoccupa di più. L’impazienza è tipica adolescenziale e serve per crescere, non mi preoccupa, anzi li rende ancora più adolescenti.

Presidente, azzardo. Analisi di un soggetto italiano e di un soggetto tedesco in epoca Covid-19...

Non mi azzardo perché non conosco un “soggetto tedesco” e non mi voglio basare solo su quello che leggo  filtrato da altri. C’è già sufficiente disinformazione. Sui Social di tante persone italiane vedo un’assenza profonda di valutazione critica e pensiero autonomo che porta a essere condizionabili. Non so se sia uno specchio di una realtà più ampia, ma non è affatto rassicurante.

Lei, dovrebbe sposare le cause degli scienziati in queste Fasi, chissà quante... Vero?

Se dovessi sposare le cause degli scienziati, il mio sarebbe un amore poligamo. Troppo individualismo, troppa fretta nel dare le notizie, tutto a discapito del rigore scientifico. Proprio troppo, direi. Così si allarma, non si informa. C’è una gran bella differenza.

Mentalmente, come abitudini, col nostro cuore: accorceremo la distanza fisica oppure no?

Ci sono persone che hanno subito e vissuto in maniera traumatica questa pandemia. C’è chi è rimasto traumatizzato o chi è estremamente rigido da un punto di vista mentale che non credo sia in grado di  accorciare facilmente le distanze. Per riadattarsi passo dopo passo, novità dopo novità e riprendere fiducia, ci vuole elasticità e buon senso. Piano piano riconquisteremo nuovamente la nostra libertà e accorceremo le distanze, pur tutelandoci. Le abitudini sono dure a morire ma si riacquistano molto in fretta.

Secondo lei, Dottoressa Manca, a nostra insaputa, tra qualche anno, ci ritroveremo a vivere in una Democrazia limata, modificata, ristretta?

Tra qualche anno? Le rispondo con una domanda sarcastica. Mi sembra tutto un po’ troppo interpretabile. In genere chi basa parte del proprio lavoro sulle interpretazioni siamo noi…

Lei ha paura?

Per fortuna sì, ho paura. Non ho paura della paura, forse perché la conoscono. È un’emozione fondamentale ai fini della nostra sopravvivenza, è quella che mi permette di pormi sempre delle domande, di alzare il livello di allerta quando serve, di darmi anche quelle scosse di adrenalina che mi aiutano a creare quella condizione di stress buono quando devo affrontare qualche sfida. La paura può essere un’alleata solo se non se non la temiamo. Ho molta paura delle reazioni delle persone. Ho paura che l’impatto sia stato più traumatico di quanto ci possiamo immaginare e che gli strascichi di questo tsunami emotivo ce li porteremo per tanto, tanto tempo. Temo che il divario sociale diventerà sempre più marcato e che non si stia facendo abbastanza per colmare il vuoto educativo e formativo verso cui rischiano di andare le nuove generazioni. Ho paura degli esiti più a lungo termine, di cosa raccoglieremo domani.

di Giuseppe Rapuano

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