Con il primo accordo, a fronte di crediti dichiarati dall’Asp brutia quali “certi, liquidi, esigibili ed esecutivi” per un importo di poco inferiore a 47 milioni di euro, la società di factoring aveva accettato di applicare un abbattimento del 40% sugli interessi maturati e di rinunciare a quelli maturandi, impegnandosi, altresì, a non pretendere altre somme a qualunque titolo e/o causa e/o ragione. Dopo avere provveduto a corrispondere la quasi totalità degli importi dovuti (residuando oramai il 3,33% della quota capitale oggetto di transazione), l’Asp di Cosenza interrompeva i pagamenti nei confronti della società di factoring in quanto accertava che, in realtà, una parte dei crediti vantati da tale ultima società non erano “certi, liquidi ed esigibili”, come precedentemente valutato al momento di stipula dell’accordo transattivo - riporta il comunicato stampa della Gdf -.
A seguito di ciò, la società creditrice – avvalendosi di una specifica clausola dell’atto transattivo che disciplinava proprio tale ipotesi di inadempimento – provvedeva a richiedere l’intera quota degli interessi originariamente vantati, vanificando i risparmi derivanti dalla transazione. Le parti (Asp e società di factoring) giungevano quindi alla stipula di un secondo atto transattivo, in cui si conveniva che l’Ente pubblico avrebbe provveduto al pagamento di ulteriori somme a titolo di interessi, per oltre 2 milioni di euro.
Tale importo, sommato ad altri 1,5 milioni di euro (sempre a titolo di interessi) che l’Asp di Cosenza aveva nel frattempo pagato alla stessa società di factoring a seguito di altro provvedimento giudiziario emesso dal Tar di Milano (riferiti alla stessa quota capitale oggetto di accordo transattivo interrotto), è stato ritenuto danno erariale dagli inquirenti. L’Autorità giudiziaria contabile, all’esito degli accertamenti condotti dalle Fiamme gialle cosentine, ha ritenuto connotato da colpa grave il comportamento dei dirigenti dell’Asp di Cosenza che si sono susseguiti, sia nella fase di accettazione della clausola contrattuale, vessatoria per l’Ente pubblico, che prevedeva la ripartenza daccapo degli interessi in caso di sospensione dei pagamenti (a prescindere dalle somme fino a quel momento corrisposte), sia nella fase di sottoscrizione e successiva interruzione dell’accordo transattivo, per avere erroneamente valutato che i crediti vantati dalla società di factoring fossero certi, liquidi ed esigibili.
L’odierna attività di polizia economico-finanziaria ed erariale si colloca nel solco degli obiettivi strategici della Guardia di Finanza e testimonia il costante impegno profuso dal Corpo nel contrastare le condotte che pregiudicano le uscite del bilancio nazionale, regionale e degli enti locali, a salvaguardia del principio di oculata gestione delle risorse pubbliche.
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