Giorgio Ambrosoli. Il prezzo del coraggio. Ne parla Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia

ROMA - Ignazio Visco: il ruolo di Giorgio Ambrosoli ha contribuito a cambiare il corso della nostra storia. Sono molto lieto di darvi il benvenuto in Banca d’Italia alla presentazione di questa docufiction su “Giorgio Ambrosoli. Il prezzo del coraggio”, che ci consente di ricordare la figura di Ambrosoli, a 40 anni dal suo assassinio.

Ambrosoli era una persona straordinaria per il grande senso del dovere, a cui univa una notevole preparazione professionale e un coraggio davvero eccezionale. Come ben racconta il documentario, dalla sua nomina a commissario liquidatore della Banca Privata Italiana nel settembre del 1974, Ambrosoli dovette intraprendere una vera e propria battaglia per la giustizia e nell’interesse del Paese.

Grazie all’integrità morale, alla competenza e alla profonda dedizione al compito che gli era stato affidato, alle sue capacità e al suo coraggio, oggi possiamo affermare che la giustizia ha compiuto il suo corso e che la verità è senza alcun dubbio emersa.

Non esito a sostenere anche che il ruolo di Ambrosoli ha contribuito a cambiare il corso della nostra storia.

La vicenda di Giorgio Ambrosoli non deve essere dimenticata non solo per il ruolo che riveste nella storia di questo paese, ma anche per l’alto esempio che offre alle giovani generazioni - continua Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, in occasione della presentazione della docufiction -.

Oggi viviamo in un clima difficile, la situazione economica non è favorevole, si è spesso alla ricerca di illusori capri espiatori – l’Europa, la finanza, i mercati, gli immigrati – e i sentimenti di odio che ne derivano e i modelli negativi che emergono possono portare i nostri ragazzi a pensare che non vi sia più spazio per la competenza, per l’integrità morale, per il senso del dovere. Far conoscere il grande contributo che Giorgio Ambrosoli ha offerto al Paese è quindi quanto mai importante, affinché i valori che esprimeva possano rappresentare un modello per le prossime generazioni.

Voglio quindi esprimere un sincero ringraziamento alla RAI, alla produzione, alla regia, agli attori e a tutti coloro che con il loro lavoro sono riusciti a realizzare un prodotto che non è solo ben riuscito, ma che sono certo contribuirà a mantenere vivo nel tempo il ricordo di Giorgio Ambrosoli. E voglio ringraziarvi altresì per aver messo così bene in luce, in quella vicenda, il ruolo dell’istituzione che io oggi rappresento e che è sempre stata al fianco di Giorgio Ambrosoli, dalla parte della giustizia. La Banca d’Italia era allora, è adesso, e resterà sempre un’istituzione all’esclusivo servizio dello Stato.

Una testimonianza del legame raccontato nel documentario la offrono anche le nostre carte di archivio, che ci ricordano, ad esempio, le parole sincere con cui Ambrosoli testimoniò il 2 aprile del 1979 la propria solidarietà al Governatore Paolo Baffi dopo l’attacco politico-giudiziario che nel marzo del 1979 tentò di isolare la Banca d’Italia.

Scrisse allora Ambrosoli: “Convinto della natura politica – purtroppo – dell’attacco alla Banca d’Italia di cui alcuni possono, anche inconsapevolmente, essersi resi strumenti ed assai preoccupato per le conseguenze che possono derivare per la sua persona e per la banca e – soprattutto – al paese, che vede incrinata l’autorità dell’ultimo Organo dello Stato che ancora, nel buio e nel grigiore burocratico, sembrava una luce di funzionalità ed imparzialità, non posso che stringerLe la mano augurandomi per noi e per i nostri figli soprattutto, un’era migliore di quella che la situazione purtroppo fa prevedere.

Questo legame è rimasto stretto anche dopo la scomparsa, solo tre mesi dopo la sua lettera a Baffi, di Ambrosoli, per il tramite della sua famiglia. Voglio qui ricordare alcune delle affettuose parole che Paolo Baffi rivolse alla moglie, Annalori Ambrosoli, nel luglio del 1979: “Ho ritenuto che – soprattutto in un momento come questo in cui non deve mancare la forza di ribellarsi alla violenza e di schierarsi con chi della violenza è vittima innocente – fosse mio preciso dovere – cui corrispondeva un mio interiore bisogno – di attestare pubblicamente la stima e l’affetto che avevo per il suo caro consorte e per i familiari colpiti da così tragica perdita.
Quanto mi preme ora di dirLe è che i Suoi figli dovranno continuare ad avere fiducia e a credere in quei tantissimi italiani che certamente li portano nel cuore.

Baffi le augurava, infine, di trovare: “la forza necessaria per guidare i Suoi bambini secondo gli ideali e l’esempio di vita civile lasciatoci in eredità dal suo amato Giorgio, oggi non più tra noi per aver cercato di avvicinare il nostro paese ad un modello di più civile convivenza.

Lasciatemi quindi concludere ringraziando la famiglia, – alla quale siamo sempre stati vicini e la quale sempre è a noi stata vicina – che quell’esempio oggi ben rappresenta e di cui contribuisce a tenere vivo il ricordo.

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