ROMA - Avete mai discusso della cravatta di un giornalista? Scommetto di no. A un giornalista, infatti, non si chiede di avere una cravatta strafiga, si chiede di dire con chiarezza la verità. Avete mai dibattuto sulle rughe di un giornalista? No, scommetto di no. A un giornalista non si chiede un lifting, a un giornalista si chiede la serietà, l’onestà intellettuale, il rigore professionale. Ma a una giornalista no, a una giornalista si chiede che abbia i capelli sistemati e alla moda, si chiede che abbia un abbigliamento griffato, che sia piacente, sorridente, smagliante, perché no, accattivante. La derisione del corpo, quella che con l’abusata abitudine di fare ricorso alla lingua inglese chiamate body shaming, la riservate alle donne.
Perché le donne, prima di essere delle professioniste, devono essere delle femmine e le femmine per essere riconosciute tali devono essere piacenti, perché le femmine continuano a essere oggetti, oggetti di piacere, oggetti di desiderio, oggetti di potere. A Giovanna Botteri, colonna portante della Rai, da qualche mese corrispondente dalla Cina, sono state rimproverate proprio le cose anzidette. Una pletora di analfabeti funzionali non ha riconosciuto il valore del lavoro, l’abnegazione, la presenza costante e il rilevamento tempestivo e preciso delle informazioni da uno Stato che è un quarto di pianeta, no, a Giovanna Botteri è stato chiesto di essere femmina piacente e siccome Giovanna Botteri è una professionista di essere piacente, davanti a una telecamera, non gliene frega un bel niente.
E ha ragione. Ha ragione lei, hanno ragione la Cpo Cnog, la Fnsi, l’Usigrai e Giulia giornaliste che le hanno espresso solidarietà con un comunicato congiunto, ma hanno ragione le migliaia di donne che si stanno indignando e che stanno protestando. Giovanna Botteri che non ne ha voluto fare una questione personale, perché Giovanna Botteri è una giornalista non una commentatrice da Social, sulla questione ha scritto così: «Mi piacerebbe che l’intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettimi, anche aggressiva, sul rapporto con l’immagine che le giornaliste, quelle televisive soprattutto, hanno. O dovrebbero avere secondo non si sa bene chi… Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi orecchie grossi. Ce n’è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono. Perché è l’unica cosa che conta, importa, e ci si aspetta da una giornalista. A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne».
E ha ragione. Ha ragione lei, hanno ragione la Cpo Cnog, la Fnsi, l’Usigrai e Giulia giornaliste che le hanno espresso solidarietà con un comunicato congiunto, ma hanno ragione le migliaia di donne che si stanno indignando e che stanno protestando. Giovanna Botteri che non ne ha voluto fare una questione personale, perché Giovanna Botteri è una giornalista non una commentatrice da Social, sulla questione ha scritto così: «Mi piacerebbe che l’intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettimi, anche aggressiva, sul rapporto con l’immagine che le giornaliste, quelle televisive soprattutto, hanno. O dovrebbero avere secondo non si sa bene chi… Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi orecchie grossi. Ce n’è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono. Perché è l’unica cosa che conta, importa, e ci si aspetta da una giornalista. A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne».
Lo ha scritto Giovanna Botteri, lo diceva e scriveva Miriam Mafai «Alle giovani dico sempre di non abbassare la guardia, non si sa mai».
Invece la guardia è bassa, i pregiudizi imperversano, l’ignoranza pure e ha sempre l’olezzo del maschilismo.
di Nadia Verdile
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