Traffico di rifiuti speciali tra Campania, Puglia e Abruzzo: arresti e sequestri

BARI - Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari - Direzione distrettuale antimafia. Da San Severo scoperto un traffico di rifiuti tra Campania, Puglia e Abruzzo. Sei misure cautelari eseguite da parte di Guardia di finanza e carabinieri, sequestrati 13.100 tonnellate di rifiuti speciali e beni per circa 1.650.000 euro. Il Comando provinciale dei carabinieri di Bari e il Comando provinciale della Guardia di finanza di Foggia, unitamente al Servizio centrale investigativo criminalità organizzata (Scico) della Guardia di finanza e ai Nuclei operativi ecologici dei carabinieri di Bari e Pescara e con l’ausilio di un elicottero della Sezione area della Guardia di finanza di Bari, hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Tribunale di Bari – Sezione Gip, che ha disposto l’applicazione di 6 misure cautelari personali nei confronti degli appartenenti ad una strutturata organizzazione criminale, operante tra Campania, Puglia e Abruzzo, dedita al traffico e allo smaltimento illecito in aree e depositi non autorizzati di ingenti quantitativi di “rifiuti speciali non pericolosi” che dovevano essere conferiti in discarica.

Contestualmente, con provvedimento d’urgenza della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Bari, sono stati messi i sigilli ai beni e ai rapporti finanziari degli indagati per un valore di 1.635.282 euro corrispondente alla stima del profitto illecito conseguito. Le misure cautelari rappresentano il corollario di un’articolata e complessa attività di indagine - spiegano dalla Gdf -, avviata dai finanzieri della Compagnia di San Severo, poi proseguita in stretta sinergia con i carabinieri del Nucleo investigativo di Bari e dei Noe di Bari e Pescara, che ha permesso di disarticolare un gruppo criminale dedito all’illecito stoccaggio di rifiuti solidi, prevalentemente provenienti da comuni della provincia di Caserta, in siti all’aperto o all’interno di capannoni industriali reperiti nella provincia di Foggia e di Chieti. I rifiuti misti, classificabili come scarti della raccolta differenziata – cosiddetti “fine nastro” - sono stati scaricati e ammassati in capannoni industriali oppure accatastati in un’area recintata con muri alti oltre 4 metri, allo scopo di evitare che la discarica abusiva fosse visibile dalla pubblica strada.

Figura apicale e punto di riferimento dell’organizzazione è un imprenditore pregiudicato di San Severo che, in collaborazione con uno dei suoi fratelli (un terzo fratello è indagato a piede libero), titolari di imprese nel settore del recupero di cascami e rottami metallici, e di due imprenditori casertani, anch’essi fratelli, operanti nel settore dei servizi logistici, ha sistematicamente e scientemente pianificato nei minimi dettagli, con ripartizione di ruoli e compiti – anche nel periodo in cui era sottoposto a misura restrittiva domiciliare per reati della stessa specie accertati in una precedente indagine condotta dall’Arma dei carabinieri – il trasporto dalla provincia di Caserta a quella di Foggia e di Chieti di balle di rifiuti misti, recando grave e perdurante pregiudizio per l’ambiente e per i siti contaminati nonché destando allarme sociale nelle comunità dei territori inquinati.

L’attività investigativa ha preso le mosse da un sequestro, eseguito nel marzo 2018 dai finanzieri della Compagnia di San Severo, di una discarica abusiva realizzata all’interno di un capannone industriale sito in San Severo, dove erano state illecitamente ammassate 600 tonnellate di eco-balle di rifiuti indifferenziati riconducibili, come accertato da personale dell’Arpa Puglia e dal Consulente tecnico della Procura, a scarti tessili, di plastica, gomma, legno, carta, che avevano diffuso esalazioni nauseabonde avvertite sin da fine agosto 2017.

L’attività d’indagine che ne è scaturita, in una prima fase diretta dalla Procura di Foggia, ha permesso di individuare a settembre 2018 una seconda discarica abusiva all’interno di un’area recintata di circa 3.500 mq, in agro di San Severo, di proprietà della famiglia dei fratelli sanseveresi indagati, dove erano state accatastate circa 10.000 tonnellate di balle di scarti di lavorazioni tessili, mischiati a plastiche ed altri rifiuti comunemente definiti “fine nastro” che nel tempo avevano rilasciato percolato sul suolo.

Il quadro indiziario che si è andato delineando nel corso delle indagini, ovvero l’esistenza di un’abituale e sistematica illecita movimentazione di rifiuti speciali derivanti dallo scarto della raccolta dei rifiuti solidi urbani, provenienti dalla Campania, finalizzata ad un loro smaltimento in discariche abusive, hanno determinato il subentro nella direzione delle indagini della competente Procura distrettuale antimafia di Bari.

Le successive attività investigative, nel frattempo co-delegate al Nucleo investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Bari, permettevano il sequestro ad opera di militari dei Noe dei carabinieri di Bari e Pescara di altre due discariche abusive di rifiuti speciali non pericolosi, realizzate all’interno di due capannoni. Il primo, ubicato nella zona industriale di Vasto (Ch), di circa 1.250 mq., dove i carabinieri nell’ottobre 2018 si sono imbattuti in un muro di 1.500 tonnellate di eco-balle alto 6 metri, maleodoranti, in cui erano compattati rifiuti misti, prevalentemente contenitori e imballaggi anche di sostanze pericolose.

Il secondo capannone, di 1.600 mq., ubicato in agro del comune di Chieuti (Fg), dove nel novembre 2018 sono state rinvenute ammassate a tutt’altezza – per 5 metri - 1.000 tonnellate di eco-balle costituite da scarti degli impianti di selezione e valorizzazione dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata urbana. Le vetrate del capannone erano state opportunamente oscurate per impedire che dall’esterno potessero essere visibili le cataste di rifiuti.

Complessivamente le attività investigative permettevano il rinvenimento e il sequestro di: 13.100 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi (compattati in eco-balle); 3 capannoni industriali; 1 area di mq 3500. Riconosciuti i gravi indizi di colpevolezza raccolti dalla polizia giudiziaria a carico degli indagati per i ripetuti episodi di trasporto e illecito smaltimento di rifiuti speciali che dovevano invece essere avviati in discarica, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari ha disposto nei confronti dei 6 soggetti facenti parte il sodalizio criminale, di cui 3 residenti nella provincia di Caserta, le seguenti misure cautelari: due custodie cautelari in carcere, una agli arresti domiciliari e tre divieti di dimora nelle regioni di Puglia e Abruzzo.

Le stesse evidenze investigative sono state approfondite sul piano economico patrimoniale dal Servizio centrale investigazioni criminalità organizzata della Guardia di finanza e dalla Compagnia di San Severo. La ricostruzione economico-patrimoniale dei beni e delle disponibilità riconducibili ai soggetti facenti parte dell’organizzazione, ha permesso di evidenziare un “profitto” illecito - in termini di costi di smaltimento in discarica non sostenuti dall’organizzazione - di oltre 1,6 milioni di euro e di chiedere all’Autorità giudiziaria l’emissione di un decreto di sequestro dei beni mobili ed immobili oltre alle liquidità bancarie e finanziarie nella disponibilità del gruppo criminale.

Pertanto, la Direzione distrettuale antimafia, in linea con l’obiettivo strategico di primaria importanza che riveste il contrasto alle proiezioni economiche della criminalità mediante l’aggressione dei patrimoni e delle disponibilità finanziarie riferibili direttamente o indirettamente alle organizzazioni delinquenziali, nonché alle loro capacità di infiltrazione nell’economia legale, ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza – eseguito in data odierna - di: 4 compendi aziendali; 4 quote societarie; 4 fabbricati; 9 terreni; 4 polizza vita; 38 rapporti finanziari; fino alla concorrenza di euro 1.635.282,00 corrispondente all’illecito profitto da reato conseguito dagli indagati.

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