Soffermandosi sui conti pubblici, la Corte osserva che “Le misure discrezionali, insieme alle minori entrate e maggiori spese indotte dalla crisi (i c.d. stabilizzatori automatici), hanno portato nel 2020 ad un crollo del saldo primario, passato da un avanzo dell’1,8 % ad un valore negativo di -6 %. Ciò si è riflesso sull’indebitamento netto che, con un aumento di 7,9 punti, si è collocato al 9,5 % del Pil. Il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto è aumentato al 155,8%, con un incremento di 21,2 punti percentuali (era al 134,6 a fine 2019)". Ma, ammoniscono le Sezioni riunite, sarà possibile rimettere in moto il Paese solo creando un contesto più trasparente ed efficiente con le riforme su giustizia, pubblica amministrazione, ammortizzatori sociali e fisco, al fine di attrarre imprese e capitali esteri, di offrire occasioni di lavoro ai giovani e di dare un consistente impulso alla lotta contro l’evasione fiscale per assicurare contestualmente una crescita del rapporto entrate su PIL e una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese.
Quanto al debito pubblico, per la sua necessaria, graduale, riduzione, prevista a partire dal 2022, sarà fondamentale che siano preservati tassi di interesse contenuti, per garantire i quali, rileva la Corte, è “cruciale la credibilità degli impegni affinché si minimizzi lo spread che va a sommarsi al tasso di interesse di fondo”; solo così potrà essere garantito “un favorevole sentiero prospettico per il costo medio”. “Altrettanto rilevante, se non di più, è l’impegno affinché il debito pubblico non si traduca in una riduzione dello stock complessivo di capitale nell’economia ma, al contrario, in una sua crescita. E ciò dipenderà, in grande misura, dalle caratteristiche qualitative degli investimenti programmati del Pnrr”. Anche il confronto con precedenti episodi storici di riduzione dell’esposizione debitoria sul prodotto, di cui si dà conto nel Rapporto, indica che il graduale rientro dal debito potrà effettivamente avvenire solo all’interno di un quadro di crescita molto più vivace di quello conosciuto negli ultimi decenni; ma che al contempo sarà difficile che possa prodursi senza un ritorno, superata la crisi pandemica, ad un sostenibile avanzo primario.
Il Rapporto descrive, inoltre, criticità e possibili linee di riforma in tema di revisione dell’Irpef, avvertendo che le ipotesi d’intervento sul tema dovranno guardare all’efficienza e all’equità del sistema tributario nel suo complesso, considerando forme di ricomposizione del contributo dei prelievi diretti e indiretti. Indipendentemente dal modello di base imponibile che si vorrà adottare, la Corte sottolinea che non possono essere trascurati gli obiettivi strategici rappresentati da un lato dal contrasto all’evasione (che rimane a tutt’oggi il più rilevante vulnus all’equità orizzontale e verticale) e dall’altro dal processo di semplificazione, sia per ciò che riguarda la base imponibile, le aliquote e le innumerevoli spese fiscali presenti, sia per gli aspetti procedimentali, quali dichiarazioni, versamenti, rimborsi e, in generale, tutto ciò che attiene al rapporto con il contribuente.
Infine, il dato sulla spesa per prestazioni sociali in denaro (399,4 miliardi nel 2020) rappresenta una delle voci del bilancio pubblico che meglio esprimono lo sforzo dell’ultimo anno per mitigare gli effetti della pandemia. La forte espansione di tale componente di spesa pubblica, in parte non trascurabile di natura permanente, conferma che sarà necessario nei prossimi anni assicurare un quadro di sostenibilità.
A consuntivo, la spesa sanitaria ha raggiunto i 123,5 miliardi, con un incremento del 6,7 % rispetto al 2019. Gli approfondimenti delle singole voci di costi e di ricavi mettono in rilievo le differenti modalità con cui le regioni hanno risposto alla crisi. Le analisi segnalano anche l’eredità negativa in termini di mancate prestazioni sia a livello ospedaliero sia ambulatoriale; un fenomeno che riguarda tutte le regioni e su cui poco hanno potuto fare, per ora, gli interventi finanziari introdotti. Occorrerà mantenere elevata l’attenzione sul tema delle risorse da destinare al settore.
Emerge con certezza dal monitoraggio, infine, che gli enti locali hanno progressivamente intensificato la numerosità degli interventi attivati: l’80,4% delle opere totali monitorate relative al periodo 2012 - 2020, per un finanziamento di oltre 69 miliardi a fronte di un valore di progetti di investimento pari a 145 miliardi. Questi elementi consentono di valutare positivamente la scelta di affidare loro una quota importante delle risorse del Pnrr, anche se non vanno sottovalutati alcuni fattori di debolezza. Sarà importante in tal senso l’impatto che le misure per la digitalizzazione e l’innovazione della Pubblica amministrazione avranno sulle amministrazioni locali, nonché le azioni di semplificazione, accelerazione e liberalizzazione delle procedure.
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