La Merica come Lamerica: l'America. Vite ovunque nel libro di Nadia Verdile

ROMA - La Merica come Lamerica, ma è l'America. Mai gli Stati Uniti d'America. Non avverto alcuna traccia degli States. Non può esserci in Carne Viva. Una saga italiana fra Otto e Novecento (Maria Pacini Fazzi Editore), romanzo scritto da Nadia Verdile. La Merica di Umberto e Concetta, raccontata a sangue caldo nel libro, è tutto, è ogni luogo, ogni desiderio, ogni sensazione, ogni proiezione.

Ogni inizio. Ma anche ogni fine.

Lamerica di Gianni Amelio con il destino dei poveri, la voglia di un nuovo mondo, il desiderio di esistere altrove. Ma la Merica e Lamerica sono figlie della desiderata America - con anche Ururi, Mafalda, Macchiagodena, il Molise tutto -. La parola America agli inizi del 1900 significa Libertà, o meglio, credere in una propria libertà. Sperarci con forza. Significa volere stare bene. Umberto e Concetta vogliono stare bene, vogliono che i loro figli stiano bene. La felicità è altro. C'è, ma sfugge sempre, lo si sa.

Umberto dalla storia travagliata, ragazzo e poi uomo dal carattere eccezionale, suonatore, vuole a tutti i costi crearsi una vita con Concetta. La sua Concetta. Desidera essere padre, desidera che Concetta diventi madre. Concetta è con lui, non ci sono dubbi, non hanno incertezze sul loro sentimento, sul loro grande amore. Ma a Macchiagodena, in Molise, in Italia i soffitti sono troppo bassi e il primo a sentirne il dolore dei colpi è Umberto. Umberto aspira al cielo. Lui capisce che bisogna lasciare la propria terra d'origine, dove mai si sarebbe potuto stare bene e, con Concetta e con i bambini, ha il desiderio di stare bene. Di lavorare onestamente, di guadagnare, di non rimanere nell'inferno dei poveri e guardare il paradiso dei ricchi; di non continuare a bruciare lui e la sua Concetta, ed anche i suoi figli, nella miseria materiale e umana.

Nella sua testa entra l'America - non la Merica e Lamerica -, la libertà, il lavoro, nessun limite alla realizzazione dei sogni suoi e della futura famiglia.

Ma, appunto, messi i piedi a terra, non è la Merica sognata a Macchiagodena, non è Lamerica della partenza. L'America è anche quella raccontata in alcune pagine di storia e cronaca, e molto bene, dall'autrice di Carne Viva. È pure contrasto, contraddizione, giustizia e ingiustizia, il nero e il bianco nel vero senso della parola. Una terra dove tutto è possibile, ed è possibile a tutti. Ma dove la libertà, anche in America, te la crei tu. È la tua libertà, non quella di tutti. Gli occhi di Umberto e Concetta non perdono l'abitudine, oltreoceano, a vedere il ricco e il povero, il riso, la sofferenza e le lacrime. Ma per un po' la Merica offre le dovute e ricercate soddisfazioni al calzolaio Umberto e alla sua famiglia.

L'uso della parlata domestica, che il lettore spesso incontra tra le pagine del libro, rende ancora più pieno il romanzo, ne dilata il contenuto, ne rasserena l'intensità. La scrittrice concede la possibilità di entrare nella semplicità. Nel mondo dove l'essenza, il sentimento, la genuinità ti arrivano immediati.

La Merica di Umberto e Concetta è stata tutto, è stata ogni luogo, ogni desiderio, ogni sensazione, ogni proiezione. È stata ogni inizio. Ma è stata anche ogni fine. 

Tutta un'altra musica al ritorno in Italia per Concetta e figli. Umberto e Concetta non hanno mai camminato a piedi nudi, ma percorso le strade del mondo calzando sempre scarpe strette. Donate dal destino. E ai doni non...

di Giuseppe Rapuano

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