Seconda dose di Vaxzevria (AstraZeneca) rimane un tema ancora aperto

ROMA - L’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha nominato, nelle scorse settimane, un gruppo di esperti in patologie della coagulazione (gruppo di lavoro emostasi e trombosi) a supporto della Commissione tecnico scientifica (Cts). Il mandato del gruppo era quello di approfondire la plausibilità biologica degli eventi legati alla somministrazione anche del vaccino AstraZeneca, identificare le eventuali strategie di minimizzazione del rischio e indicare le modalità più corrette per la gestione clinica di questi eventi rarissimi.

Questa operazione si è resa necessaria a seguito della segnalazione, in soggetti sottoposti a vaccinazione anti-Sars-Cov-2 con il vaccino a vettore virale Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19 della ditta AstraZeneca), di eventi trombotici in sedi atipiche (trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico), associati a piastrinopenia e con decorsi clinici di particolare gravità. Il testo che segue  è finalizzato a fornire ai medici non specialisti e al personale sanitario le informazioni attualmente disponibili per identificare precocemente e gestire nel modo più appropriato questo  evento avverso rarissimo.

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Cosa fare in merito alla seconda dose per i soggetti che hanno meno di 60 anni e che hanno già assunto la prima dose di Vaxzevria?

Come si è visto, i casi di Vaccine-induced Immune Thrombotic Thrombocytopenia (VITT) riportati dopo la prima dose hanno riguardato pochi soggetti per milione di vaccinati, prevalentemente di sesso femminile, e concentrati nella fascia di età fra 25 e 60 anni - relazionano dal Gruppo di scienziati -. La mancanza di una definizione del meccanismo eziopatogenetico alla base dei casi di trombosi venosa in sedi atipiche accompagnata da piastrinopenia rende difficile prevedere se, e in quale misura, tali complicazioni possano verificarsi dopo la seconda dose nei soggetti che si trovano nella fascia di età in cui si sono verificati la maggior parte dei casi di VITT.

Un’ipotesi patogenetica prevede che Vaxzevria, ed in particolare il vettore adenovirale di cui si serve, possa attivare con meccanismi ancora non definiti la cascata coagulativa e che ciò porti, in soggetti con predisposizioni non identificate, al raro fenomeno trombotico in sedi atipiche. In questo caso è ragionevole attendersi che con la prima somministrazione del vaccino si sia già avuta la cosiddetta “deplezione dei suscettibili”, ovvero una sorta di selezione dei soggetti che per ragioni non note sono più esposti all’azione di questi ipotetici meccanismi protrombotici, e che pertanto eventuali manifestazioni avverse siano ancora più rare a seguito della seconda dose.

Un’ipotesi alternativa porta a supporre che alla base delle manifestazioni trombotiche vi possa essere un meccanismo auto-immune, con la produzione di auto-anticorpi in grado di attivare la coagulazione. Questa ipotesi è stata suggerita dal gruppo tedesco di Greinacher e recentemente pubblicata sul New England Journal of Medicine, e prevede che Vaxzevria induca la produzione di auto-anticorpi che, attraverso un’interazione con il Platelet Factor 4, sono in grado di attivare le piastrine e la coagulazione in generale, provocando un quadro pro-trombotico simile a quello che si osserva in corso di piastrinopenia da eparina (HIT).

Analoghe osservazioni della presenza di anticorpi anti-PF4 in soggetti con VITT sono state riportate anche da altri Gruppi, ed anche in associazione con un altro vaccino con vettore adenovirale. In questa ipotesi la riesposizione al vaccino potrebbe portare a manifestazioni cliniche importanti in alcuni soggetti che in occasione della prima dose avevano già attivato una risposta immunitaria anomala, anche se clinicamente non evidente.

Anche se nella “classica” HIT non vi è evidenza che la ri-esposizione all’eparina a distanza di più di 3 mesi dal primo episodio sia associata ad una ricomparsa del fenomeno, nel setting particolare della vaccinazione con Vaxzevria non si può escludere che un soggetto che non abbia sviluppato la rara reazione coinvolgente le piastrine con la prima dose, non possa farlo con la seconda. Alla data del 12 maggio 2021 sono stati riportati da parte della Medicines & Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) inglese 15 casi di trombosi atipiche con piastrinopenia su circa 9 milioni di seconde dosi di Vaxzevria somministrate, il che sembrerebbe corrispondere, al momento, ad un segnale più debole di quello riscontrato per le prime dosi e comunque definibile come molto raro.

Benché tale dato sembri avvalorare l’ipotesi della “deplezione dei suscettibili”, e rassicurare sulla somministrazione delle seconde dosi, va osservato che non sono disponibili al momento informazioni sull’età e sesso di questi ultimi casi. Pertanto la sicurezza della somministrazione di Vaxzevria nei soggetti di età inferiore a 60 anni rimane un tema ancora aperto, e sul quale vi sono margini di incertezza.

Nonostante queste incertezze, il gruppo di lavoro emostasi e trombosi ritiene che il completamento della schedula vaccinale rappresenti la strategia di contrasto alla diffusione del virus Sars-Cov-2 che garantisce il migliore livello di protezione. Nel contempo, l’attenta attività di farmacovigilanza già in atto consentirà di raccogliere dati aggiornati e stabilire l’eventuale necessità di formulare ulteriori raccomandazioni volte ad ottimizzare, ove appropriato, il profilo beneficio/rischio nel singolo paziente.

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