Carabinieri rimasti senza nome salvarono numerosi ebrei dalla deportazione

ROMA - Giornata della Memoria. I “Giusti”, la deportazione dei carabinieri e le attività di commemorazione. Il 27 gennaio, in occasione della Giornata Mondiale di Commemorazione in Memoria delle Vittime dell’Olocausto (in quella data, nel 1945, le persone recluse furono liberate dal campo di concentramento e di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau), l’Arma ricorda l’impegno dei tanti carabinieri, i quali - fedeli al proprio giuramento e spesso rimasti senza nome - salvarono numerosi ebrei dalla deportazione.

La Shoah fu uno dei momenti più drammatici della storia. Per questo motivo è fondamentale custodire e tramandare la memoria di un orrore che colpì duramente anche l'Italia con rastrellamenti, deportazioni, torture ed eccidi di massa. I carabinieri rimasero al fianco della popolazione, non si resero partecipi o spettatori di quelle barbarie contro la popolazione, pagando anche con la vita questa scelta. Tra i 730 italiani che hanno l’onore di essere stati inclusi nel Giardino dei Giusti presso il museo Yad Vashem di Gerusalemme, posto a imperitura memoria di una barbarie che abbiamo il dovere di non dimenticare, ci sono anche 5 militari dell’Arma dei carabinieri. Le loro gesta rappresentano il simbolo del fondamentale impegno dell'Arma a protezione della comunità ebraica.

Sono cinque i carabinieri "Giusti tra le Nazioni", un riconoscimento per le persone non di religione ebraica che, durante l'Olocausto, si sono impegnati, a rischio della vita, a soccorrere gli ebrei perseguitati. In particolare: il primo ad essere accolto nella famiglia dei Giusti (nel gennaio 1975) fu il maresciallo dei carabinieri di Alba (Cuneo) Carlo Ravera, che (insieme con la moglie Maria) svolse un ruolo fondamentale per salvare dodici famiglie di ebrei profughi dalla Jugoslavia. Nel 1985 lo stesso riconoscimento è toccato al maresciallo Osman Carugno, comandante della Stazione dei carabinieri di Bellaria (Rimini), che durante la guerra affiancò un albergatore (Ezio Giorgetti, primo in ordine di tempo tra i Giusti italiani) per portare in salvo trenta ebrei.

Il maresciallo dei carabinieri Enrico Sibona, in servizio a Maccagno (nella provincia di Varese), protesse dalla deportazione alcuni ebrei che risiedevano nel paese, favorendo la loro fuga. Tradito da un delatore, Sibona fu internato in un campo di concentramento tedesco, dal quale uscì fortunosamente vivo. Per il suo impegno di solidarietà, pagato a caro prezzo, nel 1992 è stato inserito tra "Giusti tra le Nazioni". Nel 1999 ha ottenuto lo stesso riconoscimento il maresciallo Giacomo Avenia, che a Calestano (Parma) prese parte al salvataggio della famiglia Mattei, ebrei profughi da Fiume. Il brigadiere Giuseppe Ippoliti è stato l’ultimo in ordine di tempo a ricevere questo prestigioso riconoscimento il 7 ottobre 2021. Nell’inverno del 1943, insieme con sua moglie Teresa Zani, mise al riparo dai nazisti le due sorelle ebree Fischhof , spacciandole per proprie nipoti. Questa storia, raccontata da una delle due sorelle, Edith Fischhof Gilboa nel libro intitolato “Vivrò libera nella Terra promessa”, merita di essere ricordata.

“Nel 1942, durante il suo ultimo periodo da comandante della stazione di Casazza (Bg), il brigadiere Ippoliti Giuseppe conobbe la famiglia ebrea Fischhof che, proveniente da Ferramonti di Tarsia (Cosenza), il più grande campo di concentramento italiano, giunse in Lombardia in regime di “internamento libero”. Nacquero così un’amicizia sincera e una stima reciproca, con assidue frequentazioni delle due famiglie. Tuttavia, il clima e la situazione contingenti, in cui si inseriva la vicenda, costrinsero sia gli Ippoliti sia i Fischhof a prendere strade diverse. Fu così che, durante l’ultimo incontro il brigadiere consegnò al capo famiglia Richard un foglietto con l’indirizzo dove si sarebbe trasferito con la moglie di lì a poco. “A voi è stata fatta un’ingiustizia terribile, siete una bella famiglia e io sono pronto ad aiutarvi … se sarete in pericolo potete sempre rivolgervi a me, che farò di tutto per aiutarvi”, queste le affettuose parole del brigadiere. Nell’inverno del 1943, con il precipitare degli eventi e con i rastrellamenti dei nazifascisti, la famiglia Fischhof fu costretta a dividersi: i genitori trovarono riparo in Svizzera e le due ragazze, memori della promessa fatta dal brigadiere, raggiunsero la casa dei coniugi Ippoliti a Chiesuola di Pontevico (Bs). Furono accolte come cugine del sottufficiale, sfollate da Viterbo a seguito dei bombardamenti. Alcuni giorni dopo, le due sorelle, consapevoli dei rischi che stavano facendo correre alla famiglia che le ospitava, furono accolte dalla congregazione delle Angeline di Pontevico (Bs). Successivamente, però, con l’arrivo delle SS in paese e la presenza di un ufficiale nazista austriaco (il primo fidanzato di Edith durante la sua adolescenza in Austria), la “copertura” delle ragazze rischiò di saltare, con la concreta possibilità di essere allontanate dalla congregazione. Provvidenziale, ancora una volta, l’intervento del brigadiere Ippoliti: la generosità dei coniugi, benefattori della Parrocchia di Pontevico, permise alle due sorelle ebree di prolungare il soggiorno presso la congregazione”.

La signora Edith Fischhof – che ormai ha più di 90 anni - non ha mai smesso di raccontare la sua storia, soprattutto alle nuove generazioni. Da anni Edith, infatti, incontra gli studenti delle scuole per far capire ai giovani il valore della memoria e ricordare al tempo stesso quanto sia stato importante l’atto d’amore e di senso civico del brigadiere Giuseppe Ippoliti e di sua moglie, che salvarono la sua vita e quella di sua sorella. Quest’anno nell’ambito delle iniziative di commemorazione, a Latina e dintorni il 27, 29 e 30 gennaio i carabinieri del Comando provinciale di Latina e la signora Fischhof incontreranno, cittadini e studenti di vari istituti scolastici superiori, raccontando con emozione e impegno civico come è riuscita a salvarsi grazie al brigadiere Ippoliti

Tra le iniziative in occasione delle celebrazioni del Giorno della Memoria, l’Arma dei carabinieri ha concesso il proprio Patrocinio la 6^ edizione della maratona non competitiva “Run For Mem” – Corsa per la Memoria verso il futuro - in programma il 29 gennaio a Milano. Insieme con tanti podisti, correranno anche tanti carabinieri in tenuta sportiva con il logo istituzionale dell’Arma. La maratona non competitiva – promossa dall’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) e dalla Comunità ebraica di Milano che ha lo scopo di ricordare la memoria della Shoah tramite un evento sportivo in grado di unire e abbattere le diversità – avrà un percorso di 8 km per gli atleti e di 3 km per la cittadinanza, toccherà alcuni dei principali luoghi della “memoria”.

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