MILANO - Semyon Bychkov dirige la Czech Philharmonic. Sui leggii dell’orchestra ospite della stagione Filarmonica la Sesta Sinfonia di Gustav Mahler Tragica. Sbarca, lunedì 3 aprile 2023, alle ore 20, al Teatro alla Scala la Czech Philharmonic, orchestra ospite di questa stagione della Filarmonica: con il suo direttore principale e musicale Semyon Bychkov esegue la Sinfonia n. 6 in la minore Tragica di Gustav Mahler. L'ultima apparizione di Bychkov con la Filarmonica risale al 2012, quando aveva diretto Verklärte Nacht di Schönberg e la Seconda Sinfonia di Brahms. Tra le orchestre che hanno fatto la storia musicale europea, nominata “Orchestra dell’anno” da Gramophone nel 2022, la Czech Philharmonic ha 127 anni e ha tenuto il suo primo concerto – un programma interamente dedicato a Dvořák e diretto dal compositore stesso – nella Rudolfinum Hall il 4 gennaio 1896.
Particolarmente apprezzata per le sue interpretazioni di compositori cechi, è anche riconosciuta per il suo rapporto speciale con la musica di Brahms, Čaikovskij e Mahler, che nel 1908 diresse con l’Orchestra la prima mondiale della sua Sinfonia n. 7. L’avventura di Semyon Bychkov con la Czech Philharmonic è iniziata nel 2018 con i concerti a Praga, Londra, New York e Washington per commemorare il centesimo anniversario dell’indipendenza cecoslovacca. Dopo il culmine del Progetto Čajkovskij, Bychkov ha rivolto la sua attenzione proprio a Mahler. Nel 2022 Pentatone ha pubblicato i primi dischi di un ciclo completo di Sinfonie di Mahler: nel 2022 la Sinfonia n. 5 è stata nominata miglior album classico dell’anno dal Sunday Times. Della sua Sesta Sinfonia Mahler diceva che avrebbe proposto «enigmi» alle generazioni future, forse nei simboli, come i tre colpi di martello nel Finale, o nelle tensioni che gli sono valse il soprannome di Tragica.
Scrive Andrea Estero nel programma di sala: «Anche nella Sesta il “narratore” – ovvero il soggetto che racconta e dipana la trama di un romanzo ottocentesco – lascia emergere la sua voce, reclama il suo spazio, rivendica la sua funzione di regista “onnisciente”. Non solo: come nel romanzo decadentistico si identifica sempre più con il personaggio protagonista o con l’“eroe”. Così il racconto della Sesta, la sua tragica vicenda, coincide con i suoi tentativi, sempre repressi, di sfuggire alla logica formale, cioè agli imperativi del meccanismo sinfonico che lui stesso ha costruito. Ricordi, reminiscenze, interpolazioni, varianti sempre diverse e sorprendenti (gli «enigmi» di cui scrive Mahler a Richard Specht?) mettono in discussione l’oggetto sinfonico, le sue traiettorie prestabilite, aprono dei varchi affermando il diritto all’esistenza dell’“io”. Ma la forza centripeta contraria – la forma con le sue leggi e le sue necessità – alla fine lo annienta. Robert Samuels ha parlato a proposito della Sesta di “suicidio della sinfonia romantica”. Quella che si racconta non è una storia lineare, una narrazione nel vero senso della parola. Ma una possibile pista, o un plausibile “programma interiore”, di cui il protagonista è il medesimo creatore, o forse la Musica stessa».
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