Doppio che alberga in noi, Il caso Jekyll con Sergio Rubini e Daniele Russo

daniele russo e sergio rubini
Daniele Russo e Sergio Rubini

MILANO - Sergio Rubini e Daniele Russo ne Il caso Jekyll al Teatro Carcano di Milano dal 12 al 17 novembre 2024; spettacoli: 12, 13, 14 novembre, ore 19,30; 16 novembre, ore 20,30; 17 novembre, ore 16,30. L'opera teatrale Il caso Jekyll è tratta da Robert Louis Stevenson, con l'adattamento di Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini, la regia di Sergio Rubini; con Sergio Rubini e Daniele Russo e con Geno Diana, Roberto Salemi, Angelo Zampieri, Alessia Santalucia, scene di Gregorio Botta, scenografa assistente Lucia Imperato, costumi di Chiara Aversano, disegno luci di Salvatore Palladino, progetto sonoro di Alessio Foglia, foto di scena di Flavia Tartaglia, produzione della Fondazione Teatro Di Napoli - Teatro Bellini, Marche Teatro, Teatro Stabile di Bolzano.

Jekyll stesso messo di fronte all'amara scelta

Henry Jekyll è uno stimato e blasonato studioso della mente vissuto tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, proprio nello stesso periodo in cui nasce e si sviluppa  la psicanalisi. Dopo un'affannosa e solitaria ricerca sui disturbi psichici dei propri pazienti, il grande  luminare è approdato all'individuazione delle cause della malattia mentale: all'origine di quei  disturbi vi è il conflitto tra l'Io e la sua parte oscura, la sua Ombra, quella battezzata in quegli  anni con il nome di Inconscio. Secondo gli approdi scientifici del dottor Jekyll, l'Io anziché reprimere questa parte, che se  troppo compressa improvvisamente potrebbe emergere in tutta la sua violenza fino a sfociare  talvolta nella follia, deve imparare a riconoscerla e a stabilire con essa un rapporto, un  dialogo costruttivo. L'Ombra, infatti, non è costituita solo da istinti e desideri inconfessabili,  ma è anche e soprattutto fonte di creatività e di piacere, oltre a rappresentarci per ciò che  siamo veramente, nel profondo. Il dottor Jekyll decide così di sperimentare su se stesso le sue  teorie tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, a cui dà il nome  di Edward Hyde. Ciò che il dottore non mette in conto è che una volta liberato quel suo  famigliare oscuro, questi, anziché soggiacere alle regole del dialogo impostate dalla sua  parte razionale, inizia progressivamente a vivere di vita propria dando libero sfogo alle sue  inclinazioni più malvagie e violente fino a prendere il sopravvento sull'intera vita dell'esimio  scienziato. A cadere vittima di Edward Hyde, oltre a tutte le figure chiave della vita del  medico, ignare di chi si nasconda dietro quell'essere spregiudicato, sarà Jekyll stesso, che, al  culmine degli orrori collezionati dal suo doppio malvagio, sarà messo di fronte all'amara scelta se continuare a tenere in vita Edward Hyde o "disinnescarlo" anche a costo di ucciderlo.

Le parole di Sergio Rubini

Partendo dalla considerazione che il celebre romanzo di Stevenson "Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde" è un'apologia sulla condizione umana, avendo come tema centrale il doppio che poi è il doppio che alberga in ognuno di noi, abbiamo sviluppato una drammaturgia in chiave più chiaramente psicanalitica, più vicina a quelle teorie che si svilupparono quasi mezzo secolo dopo la pubblicazione del racconto stevensoniano e che ebbero il massimo dell'espressione negli approdi scientifici prima di Freud, poi di Jung. Il nostro testo, infatti, spogliato da qualsiasi soluzione allegorica usata da Stevenson - che dà il carattere fantastico a tutta la storia, come la metamorfosi di Jekyll in Hyde attraverso un esperimento chimico, la cosiddetta "pozione" -, è piuttosto un viaggio nell'inconscio, nella fattispecie di un famoso luminare della medicina, Henry Jekyll, che ambendo all'individuazione di quelle che sono le cause della malattia mentale, si fa cavia e diventa poi vittima delle sue stesse teorie, tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, il suo Hyde. Da ciò si evince chiaramente come il racconto da cui siamo partiti sia in effetti solo d'ispirazione a una storia più vicina ai temi della nostra contemporaneità, offrendo allo spettatore la possibilità non solo di rispecchiarsi in quelli che sono i pericoli ma anche i piaceri che scaturiscono dalla propria ombra, ma anche di essere spunto di riflessione sulla necessità di dialogare col proprio inconscio, portarlo fuori e condividerlo con la collettività per evitare che la nostra ombra scavi in solitudine nel nostro io un tunnel di sofferenze e violenza.

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