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Cibo e vino con la passione dei professionisti, fotografia di Pino De Pascale |
BACOLI - Te le do io le bollicine: successo per la quindicesima edizione che non celebra soltanto la chiusura dell'anno formativo delle nuove leve dell'Associazione italiana sommelier (Ais), ma anche la cultura del vino, che nella Campania Felix ha radici antiche e contemporanee. In questa terra vulcanica e fertile, questa cultura è stata concretizzata attraverso percorsi di pairing, che hanno fatto sperimentare in vivo gli accostamenti tra vino fermo o bollicine e buon cibo, all'insegna della tutela della salute. Abbiamo intervistato Luca Iannuzzi, patron del Nabilah, per conoscere e approfondire il concept delle iniziative che mette in campo e delle sue scelte imprenditoriali.
Ci sono delle regole d'oro per accostare determinati cibi e specifici vini, in maniera tale da valorizzarne reciprocamente le caratteristiche organolettiche?
«Prima ancora di parlare di regole, per valorizzare le caratteristiche dei cibi e dei vini o di una bollicina, gli chef e i sommelier cui mi affido mettono al centro la fantasia, la creatività. È questo l'aspetto fondamentale: la capacità di innovare; di rompere gli schemi ordinari; di sperimentare».
Come sceglie per i suoi locali la carta dei vini e quali sono le caratteristiche sui cui punta?
«Punto su accostamenti innovativi e arditi, non tradizionali. Mi affido a professionalità consolidate e note per loro trasversalità che non seguano la moda o il già visto, ma che sappiano innovare e osare, in un processo di sperimentazione continua rispetto a un approccio classico. Non possiedo competenze sviluppatissime nel campo dell'accostamento di food & beverage, né ho il tempo di occuparmi di questo aspetto in prima persona. Quindi la squadra, cui mi affido, dev'essere affine e complementare alla mia visione imprenditoriale».
Qual è questa visione?
«Propendo per l'innovazione. La mia peculiare visione si innesta sulla capacità di sperimentare e osare, di creare rotture. Con questo spirito visionario, ho dato vita anche ai miei locali Ho cercato e scelto posti in disuso, abbandonati, vandalizzati, situati in zone non sviluppate della città, fuori dalle mappe turistiche. E li ho resi delle location esclusive, nell'ottica del recupero funzionale. Quello in cui ci troviamo oggi, per esempio, era un piccolo deposito abbandonato. Oggi è il Nabilah».
Squadra che vince non si cambia?
«Ribadisco che la mia squadra ha una caratteristica: è affine al mio spirito imprenditoriale. È così per il nostro chef Marco Ambrosino, che lavora in tutti i miei locali, o per Federico, che è il nostro pasticciere, che prepara dolci non dolci, cioè utilizza alcuni prodotti e elementi naturali che apparentemente con un dolce hanno poco a che vedere».
Un esempio?
«Un gusto o un retrogusto dolce può essere conferito da una costa di sedano lasciata in infusione per 15 giorni nell'acqua di governo della mozzarella. Elementi che non vengono di solito accostati a un dolce classico».
Quanto conta stabilire una collaborazione basata sulla fiducia che si consolida e cresce nel tempo?
«La fiducia è molto importante per fare squadra. Tra me, l'imprenditore, e le figure creative a cui mi affido, che portano nei nostri percorsi di degustazione tutto il loro expertise, la storia, la cultura, le loro competenze e un processo di studio in continua evoluzione. Ma anche la fiducia che la clientela ripone nelle nostre sperimentazioni e negli accostamenti che proponiamo».
Quali strategie scegliete e avete scelto nel corso del tempo per fidelizzare la vostra clientela?
«Sono acutamente consapevole che attualmente c'è un una tendenza generalizzata al ribasso, a scegliere proposte commerciali. Io mi sono difeso e mi difendo tuttora da questa onda d'urto, consapevole che la fetta di mercato cui ambisco è una piccolissima nicchia di clientela».
Che caratteristiche ha la tua clientela?
«È caratterizzata dalla ricerca dell'eccellenza, della sperimentazione e della qualità».
di Tania Sabatino
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