RICADI - La mediocrità di Calvino e la grandezza di Berto. Italo Calvino mediocre allievo e mediocrità di scrittura e Giuseppe Berto maestro di letteratura in una parola che si fa arte. La metafora di Capo Vaticano nella grecità di Berto. Calabria tra gli scogli del Tirreno e le colline e che raccontano i simboli e i miti. In una serata dedicata a Giuseppe Berto si è parlato della necessità di raccontare nella letteratura la vita nella sua ragnatela di incontri e di memorie. La Calabria è una lunga memoria ed ha una distesa memoria in un tempo indelebile. Ho attraversato luoghi e paesaggi per capire, io che la Calabria la porto nel cuore e sul corpo, gli scenari ma soprattutto i suoni di una tetra che ha la grecità nel sangue e il Mediterraneo negli occhi scavati nella sabbia tra le pietre nelle acque che sono onde immense.
La figlia di Giuseppe Berto è l'immagine del padre
Ho visitato Casa Berto tra gli alberi e roseti a picco sugli scogli con il rumore delle onde che di dichiarano come se fossero archetipi nelle danze delle sirene. In una serata dove le parole di Giuseppe Berto non sono state soltanto incisi nelle coscienze. Ma voci. Un lungo viaggio per toccare gli oggetti raccolti da Berto e per ascoltare antichi echi che di sono perduti o rotti nel tempo delle immagini. Ho incontrato tanto amici. Ho incontrato Antonia. La figlia di Giuseppe Berto che nel guardarla, a primo acchito, mi ha riportato l'immagine del padre. Quel padre che avevo conosciuto a metà degli anni Settanta. Lo volli fortemente conoscere dopo aver visto il film con Florinda e Tony e successivamente letto il romanzo "Anonimo veneziano". Un romanzo che resta centrale nella mia formazione. A Capo Vaticano ho respirato atmosfere che hanno come riferimento quel vento e quelle terre che portano il destino del Mediterraneo. Quando scrivevo i capitoli del mio "Giuseppe Berto. La necessità di raccontate" spesso il mio immaginario vagava tra le terre della Calabria. Ritrovarmi a Capo Vaticano con accanto Antonia è stato come vivere un nuovo viaggio.
Giuseppe Berto grande maestro di letteratura e artista
Questo scrittore che mi accompagna dagli anni liceali. Già, proprio dagli anni liceali. Oggi sarebbe da riproporre e da leggerlo con quella forza artistica dei grandi scrittori. Sì, perché Giuseppe Berto è un grande scrittore di un Novecento che dovrebbe recuperare un Pavese letto con serenità, un Silone oltre le antologie scolastiche, un Morselli che è destino, un Tomasi di Lampedusa che resta perno in una letteratura di mezzo, un Landolfi del mistero, un Buzzati dei deserti e delle dune. Berto è un grande scrittore. Non è il fragile leggero scolastico Italo Calvino "scoiattolo", per dirla alla Pavese, che non lascia nulla. Proprio Calvino a confronto con Berto resta un mediocrissimo allievo che vuole diventate scrittore. Calvino resterà uno scrittore mediocre e allievo che non lascia nulla, nonostante il debole pensiero di Asor Rosa e Scalfaro. Berto è il grande scrittore che segna destini. È il maestro. Non c'è confronto tra lo scolasticizzato Calvino, allievo e mediocre, e il Berto grande maestro di letteratura e artista. Berto. Ha sempre la necessità di vivere la scrittura. A Capo Vaticano, nella Calabria dei simboli, dei miti, dell'Ulisse dei viaggi che hanno radici, Berto è il Mediterraneo dei segni delle etnie e delle metafore. In viaggio tra i luoghi di Berto. Un raccontate che è una necessità. Con Berto la Calabria diventa la metafisica del mediterraneo e Capo Vaticano una profonda metafora.
di Pierfranco Bruni
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