La Donna che "Amo" è Luce Irigaray. Firmato Monica Daccò

NOVARA - Cinquew News ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Monica Daccò.

“Ogni epoca - secondo Heidegger - ha una cosa da pensare. Una soltanto. La differenza sessuale, probabilmente, è quella del nostro tempo”.

Con queste parole Luce Irigaray  nell’incipit di una delle sue opere più significative, Etica della differenza sessuale, inscrive la riflessione intorno alla differenza di genere nel più ampio orizzonte del pensiero contemporaneo. Benché il pensiero intorno alla differenza sessuale non sia prerogativa di una sola epoca, acquisisce uno statuto filosofico autonomo solo a partire dalla seconda metà del Novecento.

La filosofa e psicoanalista può essere considerata la più autorevole e rigorosa teorica della differenza sessuale il cui assunto principale è il riconoscimento delle specificità di genere come fondamentale in quanto rappresenta la spinta iniziale da cui è possibile creare quel rispetto che include in sé il concretizzarsi dell’accettazione di tutte le differenze, siano esse di etnia, di religione e di cultura, all’interno delle attuali società multietniche e multiculturali per garantire una convivenza equilibrata e pacifica.

Luce Irigaray e altre pensatrici sono riuscite a ripensare le stesse basi su cui si fondava il primo femminismo che proclamava l’uguaglianza dei sessi, per arrivare al giusto pensiero che la via da percorrere sia l’accettazione della differenza.

Uomini e donne non sono e non potranno mai essere uguali, ognuno è portatore di una propria specificità che deve essere accettata in quanto tale; ad ogni diversità, ad ogni “altro” deve essere riconosciuta non uguaglianza, ma equivalenza cioè diversità di uguale valore, concetto che ne rispetta la differenza ontologica.

Partendo da questo presupposto possono essere costruite le basi di una vera libertà individuale e diventa possibile pensare l’attuazione di un mondo etico di donne e uomini insieme.

Nel lavoro della filosofa possiamo individuare tre tappe fondamentali centrate tutte intorno all’affermazione della sua teoria della differenza sessuale: la prima tappa riguarda la critica alla psicoanalisi e al paradigma patriarcale nella cultura occidentale, la seconda sviluppa la ricerca e la definizione di mediazioni per la costituzione di una identità femminile autonoma, la terza tappa porta alla formulazione di un pensiero etico adeguato ad una soggettività incarnata e duale che diventi modello mondiale di dialogo democratico.

Per Irigaray non si tratta di proporre l’ennesima teoria sulla donna, ma di rendere significativa la differenza femminile in un linguaggio che vada al di là delle deviazioni storiche, politiche e sociali che hanno imprigionato la donna in significati e forme che altri hanno voluto per lei.

La filosofa approfondisce i temi legati alla soggettività, alla sessualità, al rapporto con la madre, alla genealogia femminile, delineando i fondamenti di una critica al  pensiero maschile e patriarcale e al suo dominio, il cosiddetto “fallologocentrismo”, quel discorso cioè, che rivendica la centralità del ruolo e del genere maschile e che lei stessa definisce monocratismo del discorso patriarcale.

Il pensiero della differenza sessuale, cardine del femminismo europeo, continua ad essere anche oggi un punto di riferimento necessario per ogni discussione sul cambiamento, sulle conquiste e sulle sconfitte delle donne.

La fine del patriarcato mostra i suoi aspetti peggiori: la realtà della violenza sulle donne e la questione della differenza sessuale sono strettamente collegate in quanto la libertà e l’autonomia femminili si sono attuate  attraverso il riconoscimento della differenza femminile, ma ciò ha portato un mutamento di equilibrio in ambito sociale, politico e affettivo nelle relazioni tra i due sessi.

Il senso della differenza oggi è nel significato che intende Irigaray, cioè una necessità etica della differenza sessuata che oltrepassi la morale e comprenda il diritto, le consuetudini, le leggi e la religione e diventi una rivoluzione politica e di pensiero; perché questa differenza è universale e in quanto tale, potrebbe diventare il legame basilare nella costruzione di una comunità mondiale in cui la relazione tra soggettività differenti verrebbe trasformata.

Per Irigaray l’immagine della donna giunta a noi non proviene dalle esperienze delle donne reali; 
la donna non possiede nemmeno un suo linguaggio: è costretta a parlare di sé attraverso il linguaggio maschile. La relazione tra linguaggi e differenza sessuale è stata analizzata ampiamente dalla filosofa, la sua ricerca parte dal presupposto che un uomo e una donna non generano il linguaggio e non strutturano i discorsi allo stesso modo, dunque non possono capirsi reciprocamente e nemmeno ascoltarsi, senza prima diventare consapevoli di questa differenza.

Secondo Irigaray pensare la differenza e l’alterità sono le possibilità per il pensare stesso, per la vita, per l’amore, poiché la diversità di genere che si esprime attraverso il linguaggio della differenza è la base della società, delle relazioni e di ogni rapporto comunicativo. Se assumiamo la consapevolezza che il nostro è un pensiero sessuato, anche la nostra concezione del mondo e del nostro essere nel mondo cambia.

Dunque per l’autrice si tratta di assolvere un compito filosofico e politico che riguarda la convivenza universale e che miri all’elaborazione di legami di civiltà sia nell’ambito privato, sia all’interno di una comunità umana mondiale.

La premessa, a mio parere assolutamente condivisibile, da cui parte la filosofa è che il nostro bisogno fondamentale e imprescindibile consiste nell’avere diritto alla dignità umana per tutti. Per Irigaray questo significa formulare un diritto che valorizzi le differenze poiché i soggetti non sono tutti uguali e ciò è particolarmente vero per quel che riguarda i sessi.

In questi anni è diventato quasi un discorso demagogico affermare che donne e uomini ora sono uguali o stanno per diventarlo; Irigaray rifiuta con forza questo principio.

Quando Irigaray parla di diritto sessuato, diritto nel quale si iscrive il genere femminile, intende qualcosa di molto diverso dal concetto tradizionale di “parità”. Dunque non si tratta di “leggi uguali per tutti”, ma di pensare le leggi in un modo che tenga conto del fatto che le donne non sono uguali agli uomini.

Nella concezione della filosofa la strategia dell’uguaglianza dovrebbe sempre avere come obiettivo il riconoscimento delle differenze. La proposta di Irigaray è che occorre riconoscere che esistono diritti differenti per ciascun sesso.

La prospettiva irigariana su ciò che oggi va affermato come diritti delle donne ha come condizione esclusiva di possibilità in primo luogo il diritto alla dignità umana, ciò significa il divieto di sfruttare le immagini e il corpo delle donne per scopi commerciali e/o pubblicitari e produrre, invece, rappresentazioni valide delle donne in forma di gesti, di parole e di immagini.

La sua riflessione ha edificato un nuovo modo di essere, in quanto uomini e donne, presenti nella storia; un modo che comporta implicazioni etiche e politiche di enorme rilevanza.

Ciò che ci prospetta Irigaray è un nuovo modo di concepire l’etica e la filosofia, un nuovo modo di pensare e vivere le relazioni con gli altri. Nel suo pensiero il riconoscimento dell’altro non è solo una necessità filosofica ed etica, ma rappresenta per noi una possibilità di futuro. Per Irigaray il pensiero della differenza sessuale è progetto esistenziale il cui percorso intreccia vita e pensiero e si declina in nuove pratiche e in una nuova etica dell’amore, in un pensiero della soggettività in quanto intersoggettività: fisica, sensibile, pensante con l’altro in quanto altro.

Luce Irigaray, percorrendo “la via dell’amore” (titolo anche di una tra le sue opere recenti) compie la sua rivoluzione: la sua filosofia da amore per la saggezza diventa saggezza dell’amore che permette di ristrutturare i rapporti tra amare e pensare, le relazioni tra la sensibilità e il pensiero, tra la vita affettiva e la vita della cultura.

Un percorso, quello di Irigaray non facile, spesso contornato da aspre critiche come lei stessa afferma: “Se avessi temuto la critica non avrei mai scritto nulla […] aprire un cammino nuovo verso la verità espone sempre alla critica. Il lavoro di un pensatore non è di ripetere cose già sapute, piuttosto è di aprire la strada verso un futuro ancora da scoprire, da compiere, da condividere.”
Un pensiero, quello di Irigaray, che ho scoperto, studiato e che ho imparato ad amare.

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