ROMA - Cinquew News ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Cristina Sartori. Le donne che io amo sono sorelle. A Padova basta nominare “Le Sorelle Martini”, e tutti sanno chi siano e soprattutto cosa hanno fatto. Siamo negli ultimi anni di guerra, tra il 1943 ed il 1944, anni nei quali, in particolare dopo la firma dell’Armistizio, la città di Padova, come tante altre città italiane, diviene teatro di una vera e propria guerra civile. In questo clima nel quale “Anche i muri avevano orecchie” e la gente “spariva” da un momento all’altro senza più lasciare traccia, qualsiasi attività caritatevole per aiutare a fuggire ebrei o prigionieri ex alleati, liberati appunto dopo l’8 settembre e rastrellati dai pattuglioni nazifascisti praticamente dal giorno dopo, significava rischiare la vita.
A Padova operava il FRA.MA, movimento di liberazione fondato da Ezio Franceschini e Concetto Marchesi, allora rettore dell’Università. Grazie a questa loro rete e grazie al fondamentale apporto di un frate della Basilica di Sant’Antonio, padre Placido Cortese di cui quest’anno ricorre il 70 esimo anniversario dalla morte avvenuta nel 1944, erano centinaia le persone che venivano fatte fuggire dalla città, accompagnandole sui treni da Padova a Milano, da lì ad Oggiono e poi affidate a contrabbandieri che, in cambio di denaro contante, li conducevano a piedi in Svizzera.
Le segnalazioni arrivavano al FRA.MA, e a padre Cortese, grazie a “staffette” che si incaricavano di procurare informazioni, documenti, denaro, abiti per far passare inosservati i fuggiaschi. Personalmente poi li scortavano in città sino alla stazione ferroviaria, e poi sui treni per poi affidarli ai contrabbandieri.
Queste “staffette” erano per lo più giovani donne, studentesse, contadine, a volte poco più che ragazzine, che mettevano a rischio la propria vita per degli sconosciuti. Le Sorelle Martini - Renata, Teresa, Carla Liliana e Lidia - facevano parte di questo silenzioso e segreto “esercito della salvezza”. Per tutto il 1943 e sino al 14 marzo 1944, data dell’arresto di due di loro, collaborando segretamente con padre Cortese, organizzarono circa trecento viaggi e salvarono dalla cattura moltissime persone.
Il compito di Carla Liliana, all’epoca studentessa al liceo classico, e di Teresa poco più che ventenne, era di tenere i contatti con altre preziose collaboratrici che operavano a Saonara, piccolo paese nelle campagne del padovano. Carla Liliana andava settimanalmente ad informarsi su quanti erano i prigionieri da far scappare. Poi riferiva a Lidia che andava in Basilica ad affidare le informazioni a padre Cortese nel segreto del suo confessionale. Sempre Lidia procurava poi gli abiti per rivestire i prigionieri e organizzava il loro arrivo in città per accompagnarli alla stazione dei treni dove spesso saliva insieme coni fuggitivi pronta ad intervenire in caso di controlli di documenti o di altri inconvenienti che spesso costavano l’arresto e la deportazione sia a coloro che cercavano la fuga, che a chi li scortava. Una volta condotti a destinazione i fuggitivi, Lidia, Carla Liliana o Teresa, riprendevano il treno per ritornare alla vita di sempre e organizzare in segreto altri viaggi.
Nel marzo del 1944 accadde che un traditore infiltrato dalla Gestapo tra i prigionieri pronti alla fuga identificò le Sorelle Martini e le fece arrestare. Per Carla Liliana e per Teresa si aprirono i cancelli del campo di concentramento Mauthausen e successivamente del campo di lavoro forzato di Grein an der Donau, dove rimasero per quasi due anni e dal quale scapparono con i primi mesi del 1945, approfittando della poca sorveglianza da parte dei tedeschi che vedevano oramai persa la guerra.
Carla Liliana compì i suoi 18 anni a Mauthausen; per regalo di compleanno ricevette una amorevole “spidocchiata” da parte della sorella Teresa dalla quale per volere di Dio non venne separata in quei terribili mesi. Tornò a casa ammalata di tubercolosi ossea e trascorse un anno distesa a letto, cercando di studiare per dare l’esame di maturità che non aveva potuto dare due anni prima.
Lidia riuscì a scampare all’arresto in quella stessa giornata di marzo del 1944 perché a Milano perse il treno per Padova e chiamò a casa per avvisare che avrebbe ritardato. Venne avvisata dalla domestica che la Gestapo aveva arrestato le sue sorelle e la cercava. Riparò nelle campagne della Brianza sino a dopo l’estate del 1944 e poi tornò a casa in clandestinità, ma venne comunque arrestata nel gennaio del 1945 ed imprigionata nel campo di Bolzano sino alla liberazione.
Dalla data del loro ritorno, Teresa, Carla Liliana, Lidia, finalmente riunite alla loro famiglia, hanno coraggiosamente ripreso i fili della loro vita interrotta dalla prigionia. Hanno fatto della loro salvezza una missione: quella di ricordare per raccontare, e di raccontare per non far dimenticare.
Con Lidia in particolare, che mi ha onorato della sua amicizia, sino a pochi mesi prima della sua morte, andavamo nelle scuole per raccontare ai ragazzi di oggi come eroicamente vivevano nei tempi di Guerra i ragazzi di allora, e per ricordare le atrocità commesse dal regime nazi-fascista.
Era una donna solare, con un sorriso magico, e parlava ai ragazzi con grande semplicità. Quando le si chiedeva perché avesse scelto di collaborare con la Resistenza rischiando la vita, lei con altrettanta semplicità rispondeva: “Perché era giusto!”.
Ecco, queste meravigliose donne, e come loro tantissime altre, in quegli anni terribili hanno seguito la loro coscienza scegliendo di fare “ciò che era giusto” e di non stare a guardare.
Hanno rischiato la vita; molte, moltissime di queste donne l’hanno perduta, tra sofferenze e privazioni. Ma hanno dato e danno tuttora un insegnamento prezioso, quello dell’eroismo della Persona Qualunque che diventa, nel ricordo, un luminoso esempio.
Ecco quindi le donne che amo e che voglio ricordare: Lidia Martini che è scomparsa qualche anno fa; Carla Liliana che oggi non ricorda più; Teresa che ancora, ultranovantenne, va a parlare nelle scuole e accetta di condividere quei terribili anni della sua luminosa vita.
Ricerche Correlate
Commenti
Posta un commento