Pia Di Marco sfoglia i Diari delle Donne, per voi entra ed esce dalle loro vite. Primo racconto: Esther

ROMA - Diari di donne nell'universo dell'amore. Esther. Prima puntata.
12 aprile, ore 3 del mattino.
Tende sporche, vetri sporchi. Non ne posso più di bere. Dopo un po’ tutto sembra sporco. Briciole di pane, avanzi di rosticceria. E le carte si sono unte. Dopocena con solitario unto, non c’è che dire. E letto. Poi lui arriva non so più da dove,  dall’altra stanza o dall’altro mondo. “Sei tu, Giorgio?” gli chiedo. Domanda inutile, tanto per dire. Siede sulla sponda del letto, come un estraneo, come un cliente timido in un casino. Mi libero a fatica delle coperte (avrò dormito sì e no due ore, malamente), lo abbraccio come una bambina, lo invito a spogliarsi come una prostituta che va per le spicce. E lui si spoglia.
Ormai ha rinunciato a darsi da fare. Quanto si dava da fare i primi tempi.
Ora mi fa solo male. O forse sono io troppo fragile. Come quella volta davanti a un piatto di rigatoni, ero incinta, il ristorante… roba da ferrovieri. E avevo una fame spasmodica e mi veniva da vomitare: troppo sugo, troppa carne, troppi odori.

Dopo, mi accendo una sigaretta. Anche lui vorrebbe fumare, ma non osa. Chissà perché. Come se la stanza fosse mia, come se la casa fosse mia. Invece è sua. Si riveste in fretta, qualche monosillabo. “Dove vai?” Niente, nessuna risposta, sguardo infastidito.  Ma non sa neppure lui dove andare. A quest’ora, poi.
14 aprile, h. 15 
Siamo senza orari. Bello, no? Viva la libertà. Abbasso la libertà. Che cos’è la libertà? L’apice del fallimento. Quando sei libero, vuol dire che t’hanno cancellato dall’agenda telefonica. La pianista avviata verso un modo di cultura, di buone letture… il mondo paterno. Tutte cazzate. Avrei dovuto continuare a essere qualcosa che non ero io. Per uscire definitivamente dall'equivoco c’è chi si ammazza.

Con Giorgio… era una fuga d’amore, roba seria. E una convivenza ardita, fuori dalle regole, tutta passione. E sto davanti al boccione di vino a schiacciare serate di nulla fino alla consunzione. Però, anche le serate in famiglia, nel sacro nido, non erano granché. Tornavo stanca morta dopo una giornata a leggere (speakeravo alla radio) correndo dietro al senso delle parole che non si lasciavano mai afferrare, accenti ribelli, voce impostata. Una segreteria telefonica ha più cuore. Lo so, l’ho sempre saputo. Mio marito s’incazzava. No, si stizziva come un maestro, come il prete quando gli rovesci l’ampolla del vino servendo messa. Che ne so, poi, io, di queste cose: reminiscenze del Dio di zia Bruna e zia Enza, prima che lo mettessero da parte anche loro per non inquietare zio Piero, fervente stalinista. 
Tornavo distrutta persino da una stanzuccia d’albergo a ore pomeridiano. Ci andavo così, tanto per non smentire l’intelligenza. Non potevo mica arrossire e fare la moglie perbene. La massaia americana, vitino da vespa, permanente, bacio al maritino, soufflé. Che orrore. No, meglio la pomeridiana. E guardare con sfrontatezza il portiere d’albergo.

“Mamma, mamma” gridava il bambino: era un assalto, voleva le tette, non gli era bastato il tormento che m’aveva dato venendo al mondo e chiedendo d’essere mantenuto. E chi lo mantiene? Una capra, una vacca, una gatta, io…. io, fa lo stesso. Ore senza sonno, senza poter chiudere un occhio. Il padre tollerava. Il padre… ma Pino non s’è mai sentito “il padre”. Che uomo buono, che nobiltà di cuore.  Salvo che non ho mai visto dove ce l’ha, il cuore. Molto cervello, quello sì. Cervello scultore. S’era costruito pezzi di se stesso con un’abilità senza pari, li aveva limati, messi insieme. Intendiamoci, sapeva benissimo che cosa stava facendo, non correva il rischio di crederci. Io invece, ci ho creduto. La signorina, uscita dai sacri lombi del grande Professore Shimon Rodriguez come Minerva dalla testa di Giove. Perbacco. E  suonavo mica male sul Bechstein. Ora è là, sempre chiuso. L’ebrea che fugge da casa col pianoforte: grottesco. Le migliori barzellette sul tema prevedono l’ebreo col violino, più facile da trasportare  in caso di persecuzione.

Fine prima puntata

di Pia Di Marco

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