Amy The girl behind the name. Kapadia in anteprima a Milano con tutte le emozioni della cantautrice londinese

MILANO - Emozioni, un passato che ritorna, una donna, una vita (probabilmente come tante), una fine: tutto a Milano, con Nexo Digital e Good Films che hanno offerto l'anteprima stampa di Amy The girl behind the name. L'evento si è tenuto all'Arcobaleno Film Center di viale Tunisia, martedì 28 luglio 2015. Un racconto, quello del regista Asif Kapadia, del bianco e del nero che hanno da sempre colorato la vita della cantautrice inglese, scomparsa nel 2011, molto giovane. Si pensava di assistere in sala alla commemorazione di una tragedia, in realtà del docu-film su Amy Winehouse colpisce dritto al cuore il narrare gran parte dei 27 anni su questa terra di Amy, cercando di non basare il tutto sulla sterile superficialità delle apparenze, ma di arrivare in profondità, di dare luce a tutto il suo vissuto.

Attraverso i testi delle canzoni, che raccontano la sua vita, che scorrono di tanto in tanto, assieme alle immagini di Amy e ai racconti di chi le era vicino, il regista ha messo in luce la sua inquietudine, l'essere ribelle e capricciosa fin dalla più tenera età, la sua voglia di sentirsi amata, come dice il regista Kapadia, "che ha bisogno di amore ma che non le viene corrisposto come lei vorrebbe. Amy è una ragazza complessa e intelligente. Amy è un film sull'amore".

Dapprima si vede una Amy adolescente, un po' in carne, allegra e sorridente, alla quale piace ballare e cantare, che ama mettersi in mostra e farsi riprendere. Poi si vede una ragazza, molto più fragile, scontrosa, costretta a esibirsi sul palco, quando lei in realtà predilige i piccoli locali. Più ombre che luci su una figura, forse quella principe del film, il padre, un uomo che sembra essere molto più interessato all'aspetto economico, che alle esigenze vere e proprie della figlia. Poi, l'amore, un amore che lo spettatore legge tormentato, col fidanzato, poi divenuto marito Blake Fielder.

Dall'opera cinematografica questo giovane ne esce come la persona più negativa attorno alla singer.

Tra le testimonianze più sincere quelle del suo amico e primo manager Nick Shymansky e delle amiche di infanzia Juliette Ashby e Lauren Gilbert. Non è stato facile per il regista Kapadia e il suo staff montare il tutto perché i materiali a disposizione erano soprattutto di tipo amatoriale, molto diversi tra loro, con immagini e audio non sempre nitidi. Ci sono voluti 20 mesi per portare a termine il docu-film. Un lavoro come quello di Kapadia si è prestato, si presta e si presterà - come è normale che accada - a tante critiche, a molti complimenti.

Un po' di tempo fa Amy è uscito nel Regno Unito, diventando il documentario britannico più visto di sempre. Nei cinema del paese solo Fahrenheit 9/11 di Michael Moore ha fatto meglio. Amy è in uscita negli Stati Uniti, mentre arriverà nelle sale italiane il 15 settembre 2015, per un solo weekend. Mitch Winehouse, ha criticato duramente il lavoro del regista di "Senna", che secondo lui rappresenta racconto fuorviante, basato su alcuni fatti non veri, le vicende che hanno portato alla morte di Amy, a 27 anni, il 23 luglio del 2011. Secondo alcuni organi di stampa mondiali (The Guardian, The New York Times) “Il documentario diventa sempre più difficile da vedere. Ma questo disagio è cruciale per apprezzare la complessità del flm, il suo essere qualcosa di simile a una provocazione etica e intellettuale.

Con Amy, Kapadia non si limita a raccontare la vita e la morte di Amy Winehouse, ma avvicinando lo spettatore a lei, prima piacevolmente poi in modo sgradevole, racconta cosa vuol dire essere celebri oggi e il caro prezzo in termini umani della fama”.

di Rosita Castaldo

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