BRESSO - Sportello Donna. Il mio lavoro mi permette di avvicinarmi a diverse realtà. Spesso si parla senza cognizione di causa, è bene, laddove possibile, informarsi e farlo di prima persona. Tempo fa, durante la presentazione del mio ultimo romanzo a Bresso, ho conosciuto la realtà dello sportello donna dell'associazione Mittatron onlus. “Come impronte nella neve”, il mio libro, parla del problema del femminicidio, un termine che sempre più spesso aleggia come uno spettro oscuro nei nostri telegiornali. La sera della presentazione, la presidente dell'associazione Mittatron che si occupa dello sportello donna, mi aveva invitato a visitare la loro sede. Questa settimana, finalmente, ho potuto recarmi in questo luogo che è, prima di tutto, accoglienza. Anche nei miei riguardi, una persona che per fortuna non conosce la violenza, è stato come entrare in un territorio dove si respira l'apertura, di braccia e di cuori.
Le stesse volontarie e operatrici corrono rischi
La presidente, Giusy Spaghetto, ha cominciato ad avvicinarsi al mondo delle donne maltrattate dopo aver conosciuto da vicino il problema, assistendo a un episodio avvenuto nella sua famiglia. Nel loro centro sono presenti volontarie che hanno seguito una formazione. Una donna che vi arriva viene accolta, ascoltata, indirizzata. Una psicologa è a disposizione per vari colloqui nei quali stabilire la valutazione di rischio. Altra figura professionale presente è quella dell'avvocato che, la prima volta, è gratuito; per le seguenti ha comunque un onorario sostenibile. Inoltre vi si trova un'assistente sociale educatrice e mediatrici linguistiche culturali. Tramite un elenco di case rifugio, quando si presenta la necessità di allontanare la donna dal proprio domicilio, si fa una ricerca per trovare loro un luogo sicuro. Ovviamente nulla di tutto ciò è così semplice. Gli ostacoli da superare sono molti: da quelli che le donne stesse pongono sul loro cammino, perché dopo anni di abusi arrivano a convincersi di meritare le botte, le vessazioni, di non valere nulla. A chi, anche dopo aver chiesto aiuto, torna sui suoi passi per paura, per i figli, perché è giusto che la donna subisca. Le stesse volontarie e operatrici corrono rischi, perché, a volte, capita che vengano prese di mira dagli uomini che non hanno nessuna intenzione di perdere la loro posizione di potere sulla propria donna. Non esiste, nella casistica, un' età a rischio, una condizione sociale, l'educazione ricevuta. Le donne abusate arrivano da ogni condizione, da un'età che parte dai diciotto ai settantotto anni.
L'Italia ad essersi adeguata tardi alla convenzione di Istanbul
Alla mia domanda: “Come mai adesso si parla tanto di femminicidio? Eppure non è un tipo di crimine moderno”. Spaghetto mi risponde che è l'Italia ad essersi adeguata tardi alla convenzione di Istanbul del 2013. Da allora c'è stato un censimento delle realtà come la loro. Le donne devono prendere consapevolezza di questo problema e devono sapere che ci sono dei posti dove recarsi, dove fuggire; dove chiedere aiuto e, soprattutto, trovare qualcuno che sappia ascoltarle e offrire loro aiuto. Gli uomini devono altresì sapere che anche per loro ci sono dei centri per il controllo della rabbia. E luoghi di recupero per uomini maltrattanti.
Ma da dove nasce questo problema?
Sappiamo bene che l'essere umano ha delle risposte diverse allo stesso stimolo. Una persona, davanti a qualcuno che gli urla in faccia, ad esempio, può semplicemente girarsi e andarsene; altri possono scegliere di urlare a loro volta, c'è chi sceglie di reagire e usare le mani. Nell'83% dei casi, gli uomini maltrattanti hanno subito violenza nella famiglia d'origine. Oppure hanno assistito alla violenza che il padre ha usato sulla loro madre. Il 40% di chi subisce, rimette in scena il proprio vissuto. Gli uomini, spesso, si identificano con l'abusante; mentre le donne con la vittima. Quando va in scena una violenza, dobbiamo pensare che questa è una risposta inadeguata per fare fronte a una propria fragilità. Lo sportello donna, in questo caso parlo di quello da me visitato, è comunque disponibile per chiunque voglia saperne di più. Si è sempre in tempo per fermarsi un momento, per riflettere, per fare un passo indietro. Anche al trauma più tremendo possiamo impedire di dettare le regole sulla nostra vita. Solo noi siamo i possessori della decisione ultima e del nostro libero arbitrio. So bene quanto sia difficile uscire da alcune spirali, ma già sapere che c'è chi ci sta tendendo la mano, può fare la differenza. Grazie di cuore a Giusy Spaghetto e a tutte le volontarie che mi hanno ospitata, dandomi la possibilità di capirne ancora un poco di più.
di Miriam Ballerini
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