Janusz L. Wisniewski e "La tenerezza al tempo dell'orrore"

COMO - La tenerezza al tempo dell'orrore, libro scritto da Janusz L. Wisniewski (2010 Salani Editori, 503 pagine). Ci sono romanzi capaci di sorprenderti, di sollevarti e portarti nel loro mondo, mentre, fra le righe d'invenzione, sapientemente mescolati trovi quei valori che fanno di una persona un uomo. Ho comprato questo libro pensando di leggere una delle tante, pregevoli testimonianze sull'olocausto, perché è nostro dovere ricordare e continuare a far presente a tutti cosa è accaduto. Invece, ho trovato un romanzo d'invenzione, dove sono presenti molti fatti storici, nei quali sono stati calati i protagonisti. Trovo la penna di questo scrittore decisamente delicata, eppure realista, sincera. Ha un modo particolare di scrivere e di condurci nel mondo da lui creato.

Il gemito di una madre che raccoglie il corpo della figlioletta straziato

Siamo nel 1945 a Dresda, Germania. La guerra sta finendo, le forze alleate bombardano la città, distruggendola. Anna, ventidue anni, tedesca, si salva. Coi suoi genitori ha tenuto nascosto in cantina un ragazzino ebreo. Non tutti i tedeschi furono nazisti. Le sue emozioni sono urlate in questa sua risposta: “Sai che cosa significa perdere la casa? La strada, il fornaio all'angolo? Sai che cosa significa guardarsi indietro e constatare che della tua casa è rimasta un'asse? Un'asse! Sai che cosa significa dover bruciare quell'asse per scaldarti? Che cosa significa non sapere dov'è il tuo posto?! Dove poserai il capo il giorno dopo? Lo sai?! Lo sai che cos'è la guerra? Lo sai quanta vodka bisogna mandare giù per non sentire il gemito di una madre che raccoglie il corpo della figlioletta straziato da una scheggia di bomba? Hai mai sentito un simile gemito?” Si salva rifugiandosi in una cantina piena di bare, con un ragazzo che suona il violino e di cui non saprà mai nemmeno il nome. Con sé ha una macchina fotografica che le aveva regalato suo padre, con la quale osserva quel mondo che le sta crollando addosso. Dall'altra parte del mondo, il fotografo Stanley Bredford, inviato del New York Times, viene mandato in Germania per documentare cosa sta accadendo. Casualmente incontra Anna e ha modo di vedere le sue foto. Le sue foto spettacolari. Quando torna in America la porta con sé e la fa assumere dal suo giornale.

Bikini, l'isola dove si fanno i test nucleari

Quasi non conta la guerra, ciò che è accaduto, gli orrori... ciò che si segue con attenzione sono i passi di Anna e di Stanley, i loro passi che camminano sopra le macerie. Le persone con le quali le loro vite si incrociano; contano i sentimenti, i pensieri, le azioni. Il punto di vista degli orrori visti da una tedesca, che viene definita, adesso, il male assoluto. Stupendo questo monologo che Anna tiene alla sua gatta Karafka: “Sai che oggi ho pregato? Io non ho un Dio mio. Perciò ho pregato il suo Dio. In inglese, perché mi capisse meglio. Che dici, Karafka? Dio parla inglese? Pensi che Dio conosca tutte le lingue del mondo? E in tal caso, ora si vergognerà in tedesco? Karafka, che ne pensi? Si vergognerà per sempre così? Fino alla fine del mondo?” Anna viene inviata a Bikini, l'isola dove, in seguito alla guerra, si faranno dei test nucleari, scacciandone la popolazione. Ancora una volta la tedesca, sarà colei che lotterà per gli abitanti del posto, mostrando tutta la propria disperazione. Un libro di sentimenti, nessuna piaggeria, solo veri e puri sentimenti.

di Miriam Ballerini

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