Sapete qual è il popolo più ignorante del mondo? L'italiano! Analfabeti ricchezza d'Italia. Cui prodest?

TORINO - Ogni anno l’Ipsos Mori diffonde il suo Index of Ignorance, rilevazione statistica in grado di indicarci il paese più ignorante del mondo: al fine di individuare questa terra di selvaggi, un campione di circa undicimila intervistati di ogni nazionalità viene sottoposto a una serie di domande.
Sapete qual è dal 2014 ad oggi la popolazione con il maggior numero di risposte sbagliate? L’Italia.
All’uscita della notizia, il 2 novembre 2014, suonavano le campane a morto per la conoscenza in Italia. Sulla prima pagina del principale quotidiano nazionale si leggeva: «Sappiamo proprio poco dell’Italia».

Nelle pagine interne il titolo ribadiva: «Quell’indice dell’ignoranza primato senza gloria». Scriveva l’editorialista: «La politica – che pure dovrebbe conoscere la situazione – non si premura di ripetere i dati corretti. Usa la nostra ignoranza, invece».

Che cosa hanno fatto politici e cittadini italiani dopo la diffusione di questo dato? Una collettiva alzata di spalle.

Vecchi e nuovi analfabeti affollano dunque l’Italia. Sono da considerare analfabeti non per l’incapacità totale di leggere e scrivere, ma per la mediocre capacità di esprimersi e il ridotto bagaglio di conoscenze. Ci sono i dati a confermarlo: «L’Italia è un paese sistematicamente in coda nelle classi che europee o mondiali sul livello di istruzione. Che, dati alla mano, studia poco. Che disprezza con inflessibile continuità la scuola, l’università, la ricerca. Che stenta ad arricchire il proprio sapere».
Non ci sono molte speranze in un paese così.

L’Italia ignorante non è l’Italia che può prendere slancio. Non contrasta le diseguaglianze, non favorisce l’avanzamento sociale. Gli ignoranti italiani ostacolano il progresso e la redistribuzione.

Siamo talmente ignoranti da non comprendere nemmeno quanto sia grave e pericoloso il nostro livello di ignoranza, e da non correre ai ripari.

Poco dopo l’Unità d’Italia, lo storico meridionalista Pasquale Villari ammoniva: “Bisogna che l’Italia cominci col persuadersi che v’è nel seno della Nazione stessa un nemico più potente dell’Austria, ed è la nostra colossale ignoranza”. Potremmo quasi farne un motto: “Italiani, ignoranti colossali dal 1861”. Al primo censimento della sua storia la popolazione vantava un tasso di analfabetismo al 74 per cento. Oggi l’analfabetismo assoluto è praticamente scomparso, però lo sviluppo della società italiana è ancora frenato da un basso livello di istruzione e da un pesante tasso di analfabetismo funzionale. Tutte le analisi di questo tenore riportano pagine e pagine di dati sull’istruzione: «Molte indagini confermano questo “allarme ignoranza”, sia per quanto riguarda i giovani e gli studenti sia per quanto riguarda la popolazione adulta».

Non sono stati sufficienti centocinquant’anni per risolvere questa emergenza. Ma se un fenomeno dura almeno un secolo e mezzo, lo possiamo definire davvero un’emergenza? No.

Forse, a parere di chi scrive, potrebbe essere financo un disegno superiore perché, si sa, più le masse sono ignoranti e più è facile dominarle e tenerle a bada. E, lo abbiamo detto tante volte, mai come in questi ultimi tempi le campagne elettorali stesse sono composte di messaggi “a prova di idiota”.
Impatto immediato e poco contenuto. Comprensibili a tutti e senza necessità di rielaborazione.

A ciò si aggiungano le riforme scolastiche ignobili che, anziché puntare su qualità e merito, vietano di bocciare oppure il fatto che, adulti e meno adulti, con l’ausilio della tecnologia sempre in mano (più ancora che “a portata di mano”) rinunciano ormai a contare, o approfondire un tema perché, per qualsiasi dubbio ci venga a mente, anziché andarlo a studiare digitiamo la domanda su un qualsiasi motore di ricerca che prontamente ci rovescia addosso la risposta. Dandoci così la pia illusione di conoscere tutto ma, nella realtà, impoverendo la nostra cultura (quel dato non viene immagazzinato ma, finito l’utilizzo per il quale l’ho cercato viene nella maggior parte dei casi repentinamente cancellato dalla nostra memoria) e impigrendo la nostra mente che non fa più esercizio di calcolo, mnemonico o simile. Insomma, un’ignoranza a portata di mano da cui qualcuno, di certo, trae giovamento. Ma non siamo noi.

di Lorenza Morello

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