Animali vittime dell’egoismo umano: nel libro di Vincenzo Di Michele cani, cavalli e gatti nelle guerre

ROMA - Nessuno riuscirà  mai a zittire la voce muta e dolente delle sofferenze ingiuste patite dagli animali, vittime dell’egoismo umano. Con lettere  e testimonianze  dei soldati al fronte, Vincenzo Di Michele, con la sua ultima opera “Animali in guerra, vittime innocenti” (Gli Archi - Il Cerchio Iniziative Editoriali)  ha  raccontato delle scomode verità storiche.

Una sequenza di storie avvincenti di quella che è stata la realtà vissuta dai cani, cavalli, asini, muli, gatti, asini e perché no anche i topi veri protagonisti nella guerra di trincea. Una piaga senz’altro, eppure c’erano anche soldati  che li ammaestravano e ci si faceva compagnia.

Tanti racconti.  Pochi sanno che il celebre Rin Tin Tin, protagonista di numerosi film realizzati negli Usa intorno agli anni Venti, trae le origini da un cane realmente esistito che era stato trovato  durante la prima guerra mondiale.

“Come non ricordare Paddy? Questo piccione, beffando i falchi di Hitler, comunicò agli Alleati delle preziose notizie sullo sbarco in Normandia. Merita citazione la storia di una scimmia arruolata nell’esercito sudafricano durante la seconda guerra mondiale. Si chiamava  Jackie. Questa,  aveva un numero di matricola, una divisa e la sua razione di cibo. Sapeva mettersi sull’attenti e accendeva le sigarette ai soldati. Grazie al suo olfatto sopraffino, riusciva a ravvisare in largo anticipo la presenza di gas nervini. Le fu però amputato un braccio a causa dello scoppio di un ordigno e venne congedata", scrive Di Michele nella sua opera.

Nelle trasbordate di mare gli animali erano ammassati vicino ai motori e nelle stive, dove regnava un caldo infernale. Ogni tanto qualche soldato si degnava di dar loro qualche secchiata di acqua sporca di mare, a mo’ di refrigerio. L’acqua da bere era centellinata e si doveva attendere l’attracco al porto per abbeverare le bestie.

Tutti questi animali vennero trascinati a forza in una guerra che non gli apparteneva e, pur non avendo un grado, furono nella realtà eroi senza voce. Non avevano alcuna scelta se non quella di obbedire. Non ricevettero medaglie o iscrizioni sulle lapidi, eppure lasciarono un segno indelebile nel corso delle due guerre mondiali.

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