COMO - Opinioni? No, grazie! Da quando, nel 2002, è uscito il mio primo romanzo, sono stata spesso interpellata da riviste cartacee e online, come opinionista. Quando si scrive per lavoro, lo studio è una costante quotidiana, perciò, prima di esprimere un qualsiasi parere, ci si informa. Perché le parole sono armi e vanno utilizzate sempre con responsabilità. In diciassette anni di carriera, per mia fortuna, ho ricevuto poche contestazioni riguardo agli argomenti da me trattati.
Ho sempre ritenuto sacrosanto il diritto alla propria opinione. Io per prima, quando leggo un articolo, lo elaboro, lo confronto col mio sentire; posso essere o meno d'accordo.
In questi ultimi anni, dopo il boom dei social, a tutti è consentito fare l'opinionista, senza alcuna onestà intellettuale su quanto si afferma. Umberto Eco disse: "I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli. Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli".
Allora pensai che fosse un atteggiamento un poco snob, solo ora mi rendo conto che, invece, il suo fu un commento lungimirante.
Tutti parlano di tutto: c'è un omicidio? Tutti sanno quanto avvocati e giudici.
Un fatto politico? Tutti presidenti del Consiglio.
Si parla di medicina? Tutti dottori.
Si leggono un sacco di castronerie che appartengono al sentire comune. Spesso si devono fare i conti con persone estremamente ignoranti, che danno informazioni errate, scatenando risposte ancora più aberranti.
Dell'odio dilagante ho già avuto modo di parlarne in vari articoli. Le persone hanno gettato la maschera; si sentono autorizzate a fare tutto il male che vogliono.
I peggiori, poi, sono quelli che non si espongono. Dante li chiamava gli ignavi. Non si schierano, non difendono le loro idee, non aiutano, permettendo agli altri di continuare con le loro gesta errate.
Io sono qui, dietro alla mia penna e aspetto: un segnale, una piccola luce. Qualcosa che mi conforti, che mi convinca che l'umanità non sia alla deriva come pare essere.
Basta che ognuno di noi si educhi a postare solo critiche costruttive. Se le parole che si esprimono servono solo a fomentare odio e non costruiscono nulla di buona, non servono, non ci appartengono.
In questi giorni sto leggendo molte poesie, perché sono stata scelta come giurata per un concorso letterario. Ebbene, la scintilla di cui sono alla disperata ricerca l'ho colta nei testi dei giovani. Le loro parole si sollevano dai fogli, sperando di essere ascoltate da questa società che a loro non piace, come non piace a me.
Non vogliono vivere fra chi odia, chi non tollera, chi augura la morte. Chi costruisce distanze e innalza muri. Nessuna persona, che si riconosca tale, può desiderare di vivere in un mondo avaro.
Mi auguro che questi ragazzi, crescendo, trovino chi li incoraggi sulla via della cultura, del sapere.
Che ci sia chi faccia in modo di farli vivere in una società che abbia imparato dal passato e non permetta mai più a segnali ben noti di ripresentarsi.
Purtroppo per noi, non è stato così.
di Miriam Ballerini
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