Sergio Mattarella sul giudice Cesare Terranova: comprese la trasformazione in atto della mafia

ROMA - Il 25 settembre del 1979 venivano uccisi in uno spietato agguato, per avere fedelmente servito lo Stato, il giudice Cesare Terranova e il maresciallo della Polizia di Stato Lenin Mancuso, addetto alla sua sicurezza. Magistrato rigoroso e preparato, profondo conoscitore della realtà siciliana, Cesare Terranova seppe cogliere la forza e la pervasività della mafia, qualificandola per primo come una “associazione delinquenziale” dalle variegate forme, la più pericolosa ed insidiosa delle quali “è quella camuffata sotto l’apparenza della rispettabilità”.

Da giudice istruttore comprese la trasformazione in atto della mafia, ormai infiltrata nella vita pubblica ed economica e ben sorretta dal pilastro inossidabile dell’omertà. A lui si deve l’avvio di una stagione di indagini coraggiose e di processi inediti, culminata molti anni più tardi nel maxiprocesso di Palermo.

Proseguì da parlamentare il suo appassionato impegno per l’affermazione della legalità, mettendo a servizio delle istituzioni democratiche il patrimonio di conoscenze acquisito nel corso della sua esperienza giudiziaria.

Rievocare la vile uccisione di Cesare Terranova e Lenin Mancuso richiama la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia, opponendosi a logiche compromissorie ed all’indifferenza, che minano le fondamenta dello stato di diritto.

A distanza di quarant'anni, desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza del Paese ai loro familiari, ai colleghi e agli amici che li hanno conosciuti e stimati e che, in questi anni, ne hanno costantemente tenuto viva la memoria.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 40° anniversario dell'assassinio del magistrato Cesare Terranova, ha inviato al sindaco del comune di Petralia Sottana, Leonardo Iuri Neglia, il messaggio innanzi.

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