Sergio Mattarella, lo Zibaldone e Giacomo Leopardi: il fine della società è il bene comune e l'unità

RECANATI - Non era previsto il mio intervento e davvero non pensavo di prendere la parola. Ma non posso farne a meno e desidero farlo per ringraziare anzitutto per l'accoglienza, a partire da quella dei bambini, prima di entrare in questa sala. Desidero poi rivolgere un saluto, attraverso il sindaco, a tutti i suoi concittadini, alla Città di Recanati e attraverso il presidente della Regione a tutti i marchigiani, particolarmente a quelli che ancora soffrono le conseguenze del terremoto. Mi limito a questo saluto. Vorrei soltanto esporre le ragioni per cui sono presente qui oggi. Naturalmente il primo motivo è un omaggio a Leopardi, alla cultura, alla nostra cultura e alla cultura in generale che, per la verità, non tollera confini.

Un ringraziamento al Centro di studi leopardiani per l'opera che svolge e per le tante iniziative. Vorrei dire al presidente del Centro e alla vicepresidente, la contessa Leopardi, che l'omaggio a Leopardi è accompagnato da riconoscenza e affetto per quello che ha consegnato a ciascuno di noi.

Un altro motivo della mia presenza è per ringraziare il Fai per questa iniziativa di straordinario valore. Il Fai acquisisce un'altra tra le tante benemerenze e dimostra ancora una volta l'importanza delle realtà associative private che si prefiggono e coltivano interessi generali che rispondono non soltanto a un modello della nostra Costituzione, ma che nella realtà costituiscono parte importante e decisiva del tessuto del nostro Paese.

Non mi sento di aggiungere altro dopo quanto ha detto il ministro, dopo l'intervento del presidente Carandini, del presidente del Centro di studi leopardiani e dopo quello splendido testo di esperienza di insegnamento della professoressa Preti che il dottore Magnifico ha così efficacemente letto.

Soltanto un piccolo ricordo personale che riguarda Leopardi, in particolare di alcune sue parole. Ero agli inizi del mio impegno nella vita delle istituzioni quando ho riletto alcune cose scritte da Leopardi nello Zibaldone. Sappiamo tutti che lo Zibaldone contiene una quantità sterminata di pensieri, riflessioni, appunti; non avrebbe questo nome se non fosse così, mi pare che si tratti di oltre quattromila pagine.

Vi è un passo in cui Leopardi scrive che il fine della società è il bene comune e aggiunge che la società contiene un principio di unità. Queste parole così belle sono accompagnate da considerazioni di forte scetticismo sulla capacità di qualunque ordinamento di assicurare la felicità dei cittadini.

Però quei due concetti sono importanti perché sono attualissimi. Il fine della società è il bene comune; la società contiene, esprime – le mie parole sono imprecise naturalmente, non sono una citazione, vado a memoria - un principio di unità, cioè un principio che deve far sentire la società come una comunità di vita, come mi sembra sempre giusto ripetere.

Anche per questo la riconoscenza a Leopardi è molto grande. Non si limita alla suggestione e al coinvolgimento che ciascuno di noi avverte quando è catturato dalla lettura o dalla rilettura di una sua poesia, ma si riferisce anche a questi pensieri e a queste riflessioni.

Quindi il motivo per cui sono qui - ringrazio i presenti e tutti i protagonisti di questo incontro e di questa mattinata - è la riconoscenza del nostro Paese a Giacomo Leopardi.

L'intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alle Celebrazioni in occasione del bicentenario della stesura de “L’Infinito” di Giacomo Leopardi.

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