Infezione da Hiv in Italia: 2.847 nuove diagnosi. La Corte dei conti chiede maggiore trasparenza

ROMA - Gli interventi in materia di prevenzione e lotta all’Aids, previsti dalla legge n. 135/90 “non possono prescindere da un Piano che renda le azioni sinergiche e dalla reale predisposizione di risorse finanziarie indirizzate nei vari ambiti: di prevenzione, assistenza, accesso ai farmaci, mantenimento alla cura e attività di ricerca”. E’ quanto osserva la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato nella relazione su “Programmi e interventi per la lotta contro l’Hiv e l’Aids” approvata con deliberazione n. 3/2020/G che segnala, fra l’altro, l’impegno finanziario italiano, tramite il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, nel Global Fund dell’Organizzazione della sanità destinato al contrasto della patologia.

Secondo i dati forniti dall’Istituto superiore di sanità, nel 2018, sono state effettuate 2.847 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 4,7 nuovi casi per 100.000 residenti. In termini di incidenza delle nuove diagnosi di Hiv, l’Italia si colloca lievemente al di sotto della media dei Paesi dell’Unione Europea (5,1 casi per 100.000 residenti).

La Corte chiede maggior trasparenza nel monitoraggio degli interventi a carattere nazionale, da condividere e coordinare con le realtà territoriali considerati i notevoli costi a carico dei sistemi sanitari, nonché nella gestione, visto che le somme destinate alla cura dell’Hiv, unitamente ad altre patologie, sono confluite nei “costi standard” definiti nell’ambito della determinazione dei fabbisogni dei diversi Servizi sanitari regionali, complicando la verifica della destinazione delle risorse.

Di seguito una parte della delibera n. 3/2020/G come scritta dalla Corte dei conti

La malattia colpisce in prevalenza i giovani, di età compresa tra i 25 e i 29 anni (il picco è nel 2017), di sesso maschile (l’85,6 per cento). Nello stesso anno, sono stati diagnosticati 661 nuovi casi di Aids, con un’incidenza dell’1,1 per cento per 100.000 residenti, in lieve e costante decrescita.

Se gli ultimi anni dello scorso secolo ed i primi di questo sono stati contrassegnati da un forte impegno dello Stato italiano nell’eradicare i due fenomeni dell’Hiv e dell’Aids, va scongiurato il rischio di rallentamento delle strategie preventive di contrasto e di investimenti nella ricerca e nella cura di tali patologie, che si accompagna alla progressiva attenuazione della percezione del rischio nella collettività.

Gli elementi emersi nel corso della presente indagine evidenziano l’esigenza di un aggiornamento, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche, della l. n. 135/1990 - come, peraltro, emerso dalla Conferenza unificata Stato-regioni del 2017 - e, allo stesso tempo, consentono di formulare le seguenti considerazioni di sintesi:

1. Per quanto la multifattorialità della patologia implichi una difficoltà di programmazione degli interventi e delle azioni, ciò nondimeno appare irrinunciabile una strategia di pianificazione nazionale nell’attuazione del Piano (Pinaids), da condividersi con le realtà territoriali e indirizzarsi verso la prevenzione, l’assistenza, l’accesso ai farmaci, il mantenimento alla cura e l’attività di ricerca. A tal proposito, si evidenzia che sia la l. n. 135/1990 sia il Piano nazionale Aids prevedono l’istituzione di Commissioni regionali Aids.

2. L’art. 1, c. 1 lett. a), l. n. 135/1990, anticipa numerosi interventi di carattere poliennale riguardanti la prevenzione, l'informazione, la ricerca, la sorveglianza epidemiologica, il sostegno dell'attività del volontariato. Nel ribadire l’importanza che la prevenzione riveste nella lotta all’Hiv, l’attività del Ministero è stata tesa alla progettazione di interventi volti ad assicurare una serie di servizi quali, ad esempio, la comunicazione ed il counselling telefonico che, nel corso degli anni, sono stati migliorati nell’efficienza e nella qualità.

3. Per quanto attiene al sistema di sorveglianza epidemiologica e dello screening della popolazione coinvolta, i dati raccolti dai 21 sistemi regionali di rilevazione dei casi di Hiv e Aids non consentono una lettura omogenea e tempestiva dei nuovi casi, rendendo meno efficace l’individuazione dei rischi, la messa a punto e la valutazione dell’impatto degli interventi a livello nazionale. A tal fine andrebbe accelerato il progetto di unificazione di questi sistemi in un apparato unico nazionale, come, peraltro, indicato nello studio del Centro operativo (Coa) dell’Istituto superiore di sanità (Iis) del marzo 2017.

Si auspica, inoltre, il superamento del fattore di criticità legato al ritardo nella notifica dei casi che determina un’incertezza nella valutazione dei dati stessi e nella loro qualità informativa.

4. L’art. 1, c. 1 lett. b), l. n. 135/1990, prevedeva la costruzione e la ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive, comprese le attrezzature e gli arredi, la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno, l'istituzione o il potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia negli ospedali. Si osserva che l’investimento in tali strutture ha esaurito completamente il suo finanziamento.

Sarebbe opportuna, tuttavia, una valutazione dell’Amministrazione volta ad accertare se le misure adottate sono state sufficienti a garantire le prestazioni tratteggiate dalla legge sull’intero territorio nazionale.

5. Sempre l’art. 1, lett. c), d), e) ed f), aveva stabilito stanziamenti specifici concernenti:

- l’assunzione di personale medico e infermieristico a completamento degli organici delle strutture di ricovero di malattie infettive e dei laboratori e del personale laureato non medico;

- lo svolgimento di corsi di formazione e di aggiornamento professionale per il personale dei reparti di ricovero per malattie infettive;

- il potenziamento dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e le province autonome in proporzione alle rispettive esigenze;

- il rafforzamento dei servizi multinazionali per le malattie a trasmissione sessuale mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e province autonome in proporzione alle rispettive esigenze.

In relazione ai dispositivi sopra citati, l’Amministrazione ha sottolineato che, fino all’annualità 2013, ogni anno, in ottemperanza alla legge, sono stati accantonati, in sede di riparto delle disponibilità per il Sistema sanitario nazionale, importi dedicati alla realizzazione di specifici obiettivi, quali i corsi di formazione e di aggiornamento per il personale medico e paramedico e l’attivazione dell’assistenza domiciliare.

A partire dall'annualità 2014, per effetto delle modifiche normative introdotte dai commi 560 e 563 dell'art. 1 l. n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), le somme in parola sono confluite nella quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale e sono ripartite, tra le regioni e le province autonome, secondo i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente in materia di costi standard. Il risultato è che il costo della cura per l’Hiv è rifluito nei “costi standard” definiti nell’ambito dei diversi Servizi sanitari regionali. La mancanza di una distinta evidenza rende  difficoltosa la verifica degli stanziamenti, degli impegni e dei pagamenti specificamente destinati alla formazione ed all’assistenza specialistica nella cura di tali patologie.

Concludendo, la Sezione osserva che la realizzazione dell’ampia strategia disegnata nel Piano resta legata alle risorse finanziarie rese disponibili per la sua attuazione, che hanno risentito delle generali politiche di risanamento della spesa pubblica.

Si aggiunge che il ruolo della ricerca è fondamentale in tale settore. Ancora di più se si considera che, nel passato, in Italia, si sono ottenuti importanti risultati scientifici.

Nell’attualità si ravvisa l’esigenza della pianificazione di una strategia nazionale, condivisa e coordinata con le realtà territoriali, che riconosca la centralità di obiettivi, quali la sperimentazione di nuove cure, la formazione di ricercatori e medici infettivologi, gli investimenti per il rientro delle professionalità più elevate.

Persone e saperi che sappiano affrontare e sfidare, nel panorama internazionale, la nuova fase in relazione ai nuovi obiettivi terapeutici (Highly Active Antiretroviral Therapy, Haart), alla gestione ottimale dei farmaci disponibili (cura funzionale) e, infine, all’individuazione di un vaccino preventivo per l’estinzione del virus.

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