Sunny Valerio: la realtà labile confine di punti di vista. Donna deve superarsi per essere rispettata

ROMA - Molti di noi, grandi e piccini, abituati ad ascoltare la sua voce. Ne leggiamo anche i successi da scrittrice. Sunny Valerio, doppiatrice e speaker pubblicitaria, con la passione per la scrittura (ultima sua opera, La Quercia) sostiene che la voce non sia creata solo dalla vibrazione delle corde vocali o da un uso corretto del diaframma, ma dal nostro profondo. E di profondità, di donne e del mondo che verrà, ne parlo direttamente con lei.

Cosa è per lei il tempo?

Bella domanda. Il tempo per me è un’illusione, o anche una trappola, la misura che non mi permette di vivere serenamente la vita perché sempre costretta a rincorrerlo e a batterlo. Mi piacerebbe non avere tempo e godermi ciò che in ogni caso il destino ha in serbo per me.

Giovanna Botteri. La giornalista della Rai in queste ultime settimane è stata circumnavigata da migliaia di pensieri, alti e bassi. Su che mare stiamo per quanto riguarda la condizione femminile? Il maschio-uomo di oggi...

Credo che la donna era, è e sarà sempre costretta a lottare per i propri diritti naturali. Perché sia rispettato il suo ruolo al pari dell’uomo è costretta a superarsi, a rinunciare a qualcuno o a qualcosa per potere essere mamma e donna in carriera, a reinventarsi continuamente e a dare ripetutamente prova delle proprie capacità. Mi spiace dirlo, ma l’uomo non ha ancora imparato ad amare il “gentil sesso” come merita, ricordando quanta magia ci sia nel corpo di un essere che riesce a dare vita dalla notte dei tempi.

Valerio, cosa bisogna fare per provare a frenare stalking e violenze sessuali? In tanti, a più riprese, scaricano responsabilità ed educazione dei piccoli uomini alla scuola...

Beh, senza dubbio l’educazione infantile ha un ruolo primario. Da parte della famiglia e dalla scuola (ambiente in cui avvengono più confronti e prove di vita quotidiana) devono esserci valori saldi e ben tramandati. Ma non è sufficiente. L’ossessione, la persecuzione, l’atto della violenza, questa ferocia primordiale, questo abuso di potere e annullamento della vittima, spesso donna (ma non solo) è una malattia, un disturbo della psiche, sono certa però che se i potenziali carnefici ricevessero una corretta educazione e principi sani e radicati, e una vita serena, probabilmente gli effetti sulla società sarebbero differenti. Tale commento credo che stringa il cerchio attorno alla nostra Italia, sarebbe troppo difficile parlarne, ma dovremmo tenere conto anche delle diverse culture mondiali e le visioni che consentono di avere sulla donna, se è di lei solo che stiamo parlando.

Partiamo da una fotografia, una immagine. Sulla copertina del suo ultimo libro, dal titolo La Quercia, è possibile vedere una donna con le mani che coprono gli occhi. Ma quando una persona ripone una benda sugli occhi, cosa vede? La luce è diretta (dirottata) verso l'Io?

Una domanda molto astratta e poetica, mi piace! Credo che le mani sugli occhi siano in realtà la nostra perenne visione distorta del mondo e della dimensione che ci circonda. Tutto è condizionato dalla nostra vita, dal nostro umore e dalle nostre esperienze. Un po’ come nel mio romanzo in cui le donne che hanno abitato la decadente dimora di famiglia la Quercia, sopravvissuta a quattrocento anni, si incontrano senza mai accorgersene, la loro prospettiva rende impossibile abbracciare e comprendere altri punti di vista ugualmente validi.
In un verso del mio romanzo dico: la verità è un labile confine di punti di vista, per l’occasione la trasformerei in: la realtà è un labile confine di punti di vista, ed è per questo che se anche gli occhi sono aperti in realtà viene a mancare il senso della vista.

E' una donna di città, che ama raccontare le città. La sua descrizione, il suo disegno, il suo entrare negli esseri umani, anche in quelli di periferia (e non solo fisica), somigliano a quelli di Ferzan Ozpetek, a quelli di una scrittrice del passato, oppure possiede lei delle caratteristiche di tratteggio tutte sue? Inimitabili...

Sarebbe un po’ presuntuoso dire che possiedo delle caratteristiche di tratteggio tute mie, inimitabili. Potrei dirlo se fossi Jane Austen, o Charlotte Bronte, ma credo che l’ammirazione che proprio queste due autrici mi suscitano, abbia una grande influenza sulla mia scrittura dal sapore un po’ antico e gotico. In ogni caso, non mi sforzo di essere esattamente pari a qualcuno, credo che come nella vita valga la regola: sii te stesso, ovvio che però certe personalità abbiano un forte ascendente sul nostro percorso.

Da doppiatrice, speaker e scrittrice, Valerio: quanto pesa la parola oggi - e peserà nel futuro - rispetto a tre mesi fa?

La storia ci insegna che siamo bravi a dimenticare, rispetto a tre mesi fa ora ci manca la spensieratezza, viviamo la realtà con più tensione, dubitando di qualsiasi persona ci si avvicini. È mancato un valore cardine: la libertà, e questo ci rimarrà addosso per un bel po’ di tempo, a mio avviso. Ma poi passerà e dimenticheremo per far spazio a nuovi eventi.

Come è entrata e come pensa di vivere nel DC (che non sta per Dopo Cristo)?

Sono di natura una persona positiva, tendo volutamente a rifugiarmi nella mia dimensione, cercando il bello e l’utile anche in periodi come quello terribile che abbiamo vissuto e che ancora vivremo. Ovviamente questo è possibile fintanto che gli eventi non ci sfiorano in prima persona, difficile rifugiarsi nella propria mente quando si è totalmente coinvolti, e non solo come membro della società in difficoltà.
Il mio proposito è quello di vivere con naturalezza la nuova realtà, reinventandomi lavorativamente e personalmente. Credo che il benessere a volte sia conseguenza dell’accettazione. Passeremo anche questa!

Lei è molto brava in creatività e promozione. E nella matematica delle parole. Lanci questo nuovo mondo...

Ardua impresa.
Sfidando la pandemia, impareremo a osservare gli occhi delle persone per intuirne umori e pensieri; le bocche nascoste (o protette) da pezzi di stoffa si muoveranno in sorrisi ed espressioni che sarà ancor più bello immaginare. A volte la lontananza avvicina.

di Giuseppe Rapuano

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