ROMA - Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma stanno eseguendo il sequestro dei beni, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro, appartenenti a imprenditori contigui al clan di ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi (VV). Il provvedimento, emesso dalla Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale capitolino su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, trae origine dall’approfondimento del curriculum criminale e della posizione patrimoniale di Luigi Ferruccio Bevilacqua (classe 1948, deceduto nel 2018), arrestato dalle Fiamme Gialle nel 2015, nell’ambito dell’operazione “Hydra”, per i reati di usura, intestazione fittizia di beni ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
Nel 2009, Bevilacqua - definito da alcuni collaboratori di giustizia come “colletto bianco”, usuraio e riciclatore vicino alla cosca Mancuso - aveva deciso di trasferirsi dalla Calabria a Roma per scontare la misura dell’obbligo di dimora ma aveva mantenuto i rapporti con la terra d’origine e proseguito le attività illecite per le quali è stato poi arrestato. Emblematico il contenuto di alcune intercettazioni: “… siamo sempre vicini, siamo sempre una famiglia… questo non c’è dubbio…”.
I proventi - riporta il comunicato stampa della guardia di finanza - venivano reinvestiti in bar, ristoranti, pescherie e rivendite di orologi, tutti nella zona di piazza Bologna, che sono stati sequestrati nel corso della citata operazione nonostante la loro reale titolarità fosse stata “schermata” utilizzando compiacenti “prestanome”.
Le successive indagini svolte dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia EconomicoFinanziaria hanno consentito di ricostruire le ricchezze illecitamente accumulate nel tempo e dimostrare la loro notevole sproporzione rispetto ai redditi dichiarati.
Nel 2009, Bevilacqua - definito da alcuni collaboratori di giustizia come “colletto bianco”, usuraio e riciclatore vicino alla cosca Mancuso - aveva deciso di trasferirsi dalla Calabria a Roma per scontare la misura dell’obbligo di dimora ma aveva mantenuto i rapporti con la terra d’origine e proseguito le attività illecite per le quali è stato poi arrestato. Emblematico il contenuto di alcune intercettazioni: “… siamo sempre vicini, siamo sempre una famiglia… questo non c’è dubbio…”.
I proventi - riporta il comunicato stampa della guardia di finanza - venivano reinvestiti in bar, ristoranti, pescherie e rivendite di orologi, tutti nella zona di piazza Bologna, che sono stati sequestrati nel corso della citata operazione nonostante la loro reale titolarità fosse stata “schermata” utilizzando compiacenti “prestanome”.
Le successive indagini svolte dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia EconomicoFinanziaria hanno consentito di ricostruire le ricchezze illecitamente accumulate nel tempo e dimostrare la loro notevole sproporzione rispetto ai redditi dichiarati.
Il provvedimento ha ad oggetto i seguenti beni, riconducibili a Bevilacqua, ai suoi due figli Renato (classe 1971) e Alessandro (classe 1974) – anche loro arrestati nel 2015 – e a due imprenditori:
- 9 unità immobiliari, site a Roma e Torre Boldone (BG);
- 14 lingotti d’oro del peso complessivo di circa 5 kg;
- 4 automezzi;
- disponibilità finanziarie, il cui valore supera i 2 milioni di euro.
L’odierna operazione testimonia il costante impegno della Procura della Repubblica, del Tribunale e della Guardia di Finanza di Roma nell’aggressione ai patrimoni accumulati dalla criminalità, al fine di restituirli alla collettività.
- 9 unità immobiliari, site a Roma e Torre Boldone (BG);
- 14 lingotti d’oro del peso complessivo di circa 5 kg;
- 4 automezzi;
- disponibilità finanziarie, il cui valore supera i 2 milioni di euro.
L’odierna operazione testimonia il costante impegno della Procura della Repubblica, del Tribunale e della Guardia di Finanza di Roma nell’aggressione ai patrimoni accumulati dalla criminalità, al fine di restituirli alla collettività.
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