ROMA - La scomparsa di Diaconale. Un grande giornalista e intellettuale vero e leale. Ci ha lasciato Arturo Diaconale. Un giornalista. Uno scrittore. 1 dicembre 2020. Gli amici correnti leali fortemente intelligenti lasciano le nostre mani. Un giornalista. Uno scrittore. Un amico. Diaconale, da vero liberale di destra, era riuscito a far riflettere sul ruolo della politica come asse centrale del rapporto tra sistemi sociologici e lettura antropologica della società stessa. Forte della lezione di Francesco De Sanctis, aveva posto all'attenzione la profonda riflessione desanctisiana sull'uso della storia non come messaggio ideologico, bensì come vero strumento di conoscenza dei fenomeni politici.
Aveva ricoperto, infatti, la carica di segretario del Centro Studi Francesco De Sanctis, e, proprio in virtù di ciò, organizzò, anche con la collaborazione del Sindacato Libero Scrittori, diversi incontri e seminari non solo sul piano giornalistico, ma profondamente basati sul pensiero e sull'uso politico della deformazione storica. La sua attenzione verteva, spesso, sulle questioni identitari delle civiltà e dei popoli. La politica come conoscenza e testimonianza di idee e mai come strumento ideologico. È stato sempre vicino al Sindacato Libero Scrittori Italiani.
I nostri rapporti risalgono alla fine degli anni Ottanta del 1900 quando, con Francesco Grisi, organizzammo un incontro su scrittura giornalistica e letteratura, in una Roma che si apprestava ad affrontare il tema di una nuova Europa in un nuovo Occidente. Il dibattito si fece più marcato dopo la caduta dei comunismi e la questione legata alla crisi e caduta dei partiti tradizionali in un confronto tra identità e realtà.
Ebbe un ruolo importante nel Consiglio di amministrazione della Rai negli anni dal 2015 al 2018. Responsabile della comunicazione del Lazio, Società sportiva. Ideatore di rubriche e "costruttore" di nuove testate giornalistiche. Visse la politica come impegno diretto spendendosi anche per una candidatura. Lavorò in tv a "Italia 1" e fu direttore de "L'Opinione" e condusse un programma per "Rai 3". Ma questa è solo cronaca. Il suo pensiero aveva una valenza e una perspicace sublime.
Un giornalista, ma anche un attento saggista che percepiva le trasformazioni dei fenomeni politici in una società in costante transizione. Scrisse, restando sul "pezzo" un significativo testo nel 1995 dal titolo: "Tecnica post moderna del colpo di Stato, magistrati e giornalisti", dive si raccontava e si anticipava. Fece molto discutere. Lo presentammo nella sede del sindacato con grande clamore.
Arturo veniva fuori dalla scuola di Montanelli e dalla scuderia de "Il Giornale" oltre, dopo la sua esperienza di una redazione siciliana a Roma, che dal pensare di un gruppo di intellettuali che andava da Fran Maria D'Asaro a Giano Accame, da Augusto Del Noce a Francesco Grisi, da Claudio Quarantotto a Fausto Gianfranceschi. I nostri dibattiti erano intensi.
I suoi volumi restano una dichiarazione di fede al valore di libertà come filosofia ed etica. Da "Attacco alla libertà" a un testo oggi di grande attualità, e problematicità sulla discussa "gestione" pontificale di Bergoglio, come: "Santità! Ma possiamo continuare a dirci cristiani?". Io affermo che oltre e tranne Bergoglio sì. Su questo argomentare aveva speso molte energie alla luce del devastante progressismo della chiesa.
Avevamo visto chiaro da molti anni. Un giornalista vero, libero, autentico. Arturo. Uno scrittore politico raffinato e profondo. Era nato a Montorio al Vomano l'8 settembre del 1945. Dalla destra liberale alla tradizione della destra. Questo era il tema sul quale spesso si discuteva. È scomparso un grande intellettuale. È scomparso un amico sincero e leale.
di Pierfranco Bruni
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