Truffe milionarie con falsi finanziamenti, 17 persone indagate

ROVIGO - La Guardia di finanza di Rovigo ha scoperto una truffa e un riciclaggio e sequestrato immobili e quote societarie per quattordici milioni di euro; sono diciassette le persone indagate. Il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Rovigo ha dato esecuzione, con la collaborazione di vari reparti del Corpo attivati a livello nazionale, ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Rovigo, su richiesta della locale Procura della Repubblica – sostituto dottore Mammucci e sostituto dottore Bigiarini – di un rilevante patrimonio immobiliare illecitamente accumulato con una serie di truffe milionarie perpetrate attraverso falsi finanziamenti.

Sono così stati sequestrati 23 fabbricati e 22 terreni per un valore complessivo di 13.523.000 euro, dislocati nei comuni di Roma, Torino, Venezia, Trapani, Schio, Vercelli, Treviso nonché le quote societarie di 6 società per un valore di euro 536.100. Diciassette i soggetti indagati a vario titolo per truffa, riciclaggio ed autoriciclaggio, di cui cinque di nazionalità estera. Il Tribunale di Rovigo ha nel contempo provveduto alla nomina di un amministratore giudiziario che si occuperà della gestione dei numerosi beni e delle quote sottoposte a vincolo ablativo.

Il meccanismo fraudolento, attuato dal 2018 ad oggi in modo reiterato e sistematico, prevedeva l’avvicinamento di imprenditori o privati bisognosi di finanziamenti, prospettando ad essi la stipula di contratti di finanziamento in Bulgaria, difficilmente reperibili in Italia visti i rigorosi protocolli bancari. Successivamente le vittime venivano condotte fisicamente in Bulgaria in compagnia dei broker ove venivano indotte frettolosamente a sottoscrivere tali contratti (spesso in lingua bulgara o inglese) o a firmare cambiali e stipulare atti presso notai.

In realtà, la sottoscrizione di tali documenti afferiva procure speciali a vendere tramite cui gli autori del reato potevano alienare i beni delle vittime attraverso "regolari" atti di vendita presso notai italiani e avveniva previa acquisizione di quote societarie di società inglesi o bulgare, ove venivano conferiti i beni oggetto di truffa, prospettando finalità di investimento e di accrescimento del proprio valore immobiliare; i beni confluivano poi in un Geie (Gruppo europeo di interesse economico) con sede nel bolognese.

In sostanza, attraverso vari passaggi negoziali - spiegano dalla Guardia di finanza -, le vittime perdevano sia la titolarità delle società alle quali venivano conferite le proprietà sia dei beni stessi. All’esito della spoliazione, perpetrata mediante queste condotte mascherate da raffinate operazioni finanziarie venivano poi operate ulteriori alienazioni dei beni ovvero delle quote societarie delle società interessate, in modo da frapporre ostacoli all’identificazione della provenienza delittuosa dei beni medesimi e di evitare che le proprietà rimanessero sempre sotto la sfera di influenza degli artefici della frode.

È proprio il passaggio dei beni provento di truffa nei vari Geie e trust a configurare in capo a taluni dei partecipi la grave condotta di riciclaggio ed autoriciclaggio. L’attività rappresenta il coronamento e l’epilogo di lunghi mesi di indagine e si colloca nel quadro delle funzioni di polizia economico finanziaria del Corpo finalizzate al contrasto dei meccanismi di frode più dannosi che generano danni alla collettività e agli imprenditori onesti attraverso l’inquinamento dell’economia legale.

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