Le investigazioni, originariamente avviate dalle Fiamme gialle per accertare infiltrazioni della criminalità di origine straniera nel tessuto economico lombardo, hanno consentito di ricostruire due distinti modus operandi di raccolta e trasferimento di denaro di provenienza illecita. Innanzitutto, è emerso che i citati broker, mediante la c.d. “hawala” classica, in violazione della normativa finanziaria vigente nel nostro Paese ed in assenza delle previste autorizzazioni, per conto dei clienti raccoglievano e trasferivano in Italia e all’estero – Egitto, Spagna, Malesia – ingenti somme di provenienza illecita; la descritta operatività avveniva attraverso la compensazione di partite finanziarie e l’utilizzazione di “codici”, noti solo ai soggetti interessati, che i clienti dovevano comunicare ai broker per dare corso alle operazioni; a fronte di tali prestazioni, i broker percepivano una commissione variabile tra il 2 e il 5 percento.
Inoltre, l’attività investigativa ha consentito di disvelare un ulteriore modus operandi - riporta il comunicato stampa della Guardia di finanza -, c.d. “hawala” complessa, in base al quale: i broker consegnavano le somme di denaro, ricevute in contanti dai clienti, a imprenditori italiani compiacenti; questi ultimi provvedevano a disporre bonifici per importi equivalenti a terze società, italiane o estere, indicate dagli stessi clienti, sovente giustificando, sul piano contabile, le movimentazioni finanziarie in uscita annotando fatture risultate riferite ad operazioni inesistenti, essendo emersa l’inconsistenza dei sottostanti rapporti economici.
Talvolta, gli imprenditori ripetevano, specularmente, le stesse operazioni di trasferimento verso società facenti capo a soggetti cd. “terzi terminali”, conferendo loro denaro contante, a fronte della disposizione, da parte di questi ultimi, di bonifici, anche in tal caso formalmente giustificati, a catena, mediante l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti. Le somme trasferite illecitamente venivano riciclate in varie parti del mondo attraverso rimesse finanziarie destinate a società estere, localizzate in Repubblica Ceca, Malesia, Francia, Danimarca e Belgio.
La complessiva attività investigativa ha consentito: di ricostruire circa 100 milioni di euro di flussi finanziari movimentati su 193 rapporti utilizzati dai membri dell’associazione criminale; attraverso l’analisi forense di dispositivi sequestrati dalla polizia giudiziaria, di far emergere che gli indagati avevano stipulato accordi di fatturazione fittizia per oltre 3 milioni di euro. Attualmente circa 100 finanzieri sono impegnati nell’esecuzione di oltre 20 perquisizioni locali e domiciliari, con il supporto dei Reparti della Guardia di finanza territorialmente competenti, in Lombardia, Veneto e Toscana.
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