CASERTA - I nomi dei vincitori del Concorso letterario per ragazzi Lucia Ferrara: racconto, poesia, fiaba. Prima edizione 2021, in memoria. L'evento con cui l'Associazione di volontariato San Francesco d'Assisi Odv di Caserta ha deciso di ricordare la giovane donna. La giuria del concorso letterario in memoria della giovane, presieduta dalla giornalista e scrittrice Nadia Verdile, ha valutato le opere pervenute all’Associazione di Volontariato San Francesco d’Assisi odv.
RACCONTI - Scuole Superiori
Primo classificato: MARCO CARAFA 16 anni - DIECI SECONDI
Seconda classificata: LARA BOTTONE 18 anni - ALL'OMBRA DEL SUCCESSO. DONNE IMBAVAGLIATE E DIMENTICATE
Terza classificata: FEDERICA ALIPERTI 15 anni - TROPPO GIOVANI
FIABE
Scuole Superiori
Primo classificato: GIULIO MARIA ALTIERO 15 anni - PEDRO NELLA PICCHIO AMICI DI PIUMA E PELLE
Scuole Medie
Prima classificata: CHIARA CICCARELLI 12 anni - IL POTERE DEI LIBRI
Seconda classificata: ALESSIA TAMBURRINI 12 anni - L'ELFO E IL TULIPANO
POESIE
Università
Prima Classificata: PATRIZIA PALMIERI 21 anni - A' LIBERTA'
Superiori
Prima classificata: CHIARA MIGLIACCIO 17 anni - IN TUTTI I SENSI
MEDIE
I Classificata: MARIA ARCA CRISPINO 14 anni - L'ESSENZA DI UN MOMENTO
Dieci secondi, di Marco Carafa
Correva l’anno 2055 quando conobbi, all’età di 14 anni, la realtà sull’epidemia del 2020 che dimezzò la popolazione del Mondo. In quell’anno, ormai quella catastrofe era un ricordo lontano, il nome della malattia divenne una parola proibita ed io ero ossessionato dal sapere cosa accadde veramente. Frequentavo il primo Liceo ed ero un ragazzo molto intelligente perché a soli 10 anni avevo costruito uno smartphone superiore anche all’iphone 20. Un giorno, dopo scuola, avevo tanta voglia di andare a trovare mio nonno Kay per dirgli che avevo preso tutti 10 in pagella e che volevo sentire qualche storia fantastica di sua invenzione. Mio nonno era molto bravo a raccontare le storie perché, di solito, era accompagnato da musica e ologrammi molto particolari. Quando raggiunsi la sua casa con il mio skatestricker 400, vidi che si trovava seduto a leggere sul tablet in veranda. La sua casa era molto grande e addirittura aveva un giardino virtuale che poteva cambiare scenario ogni volta che si voleva.
Mio nonno ripose il tablet sul tavolo accanto a lui e mi guardò con il suo solito sorriso. Mi avvicinai alla sedia e lo salutai svelandogli subito il motivo della mia visita. Il nonno si complimentò per i miei voti e cominciò a raccontare una delle sue storie: “C’era una volta uno gnomo che…”, io lo interruppi subito dicendo: “Nonno io ho 14 anni, queste storie sono per bambini, vorrei sapere di più sull’anno
2020 perché tu c’eri e sai cosa successe.”Kay con uno sguardo di disapprovazione disse: “George, te l’ho detto moltissime volte, quella storia è proibita e non è adatta alla tua età “. Io sapevo che sarebbe finita come sempre, che avrebbe vinto il vecchio Kay, ma, quella volta, avrei avuto io la meglio. Feci finta di rinunciarci e dopo essermene andato, ritornai perché sapevo che mio nonno nascondeva qualcosa. Parcheggiai lo skatestricker 400 dietro una siepe e cercai di capire cosa stesse facendo mio nonno ma, purtroppo, non lo trovai. Entrai in casa e lo cominciai a chiamare perché ero molto preoccupato. La casa aveva due piani: il primo ospitava un bagno, la cucina, il salotto, la sala da pranzo mentre il secondo, la sua grande camera e un secondo bagno. All’ingresso, c’era una specie di porta-ombrelli a forma di squalo con all’interno i bastoni del nonno, entrai in cucina ma non lo trovai, era scomparso. Ad un certo punto, sentii un bip, proveniva dal portaombrelli.
Mi avvicinai lentamente con lo scricchiolio del legno ai miei piedi e vidi che uno dei bastoni aveva una striscia rossa ai lati. Cercai di prenderlo ma non ci riuscii, sembrava essere attaccato al fondo. Dopo vari tentativi cercai di spingerlo e all’improvviso si sentì un rumore metallico ed un grande boato. Mi guardai intorno e vidi che non era cambiato nulla. A quel punto cominciai ad ispezionare la casa perché sicuramente era successo qualcosa; spostai il divano per vedere se c’era una botola, cercai di staccare quadri e aprire i mobili ma, purtroppo, non trovai nulla di sospetto. Passai qualche ora in quella casa e del nonno non si vide nemmeno l’ombra. Mi venne una gran fame e mi ricordai che nonno, in cucina, aveva un pacco di merendine che mi offriva ogni volta che andavo a trovarlo.
Ormai scoraggiato, mi diressi in cucina quando proprio sull’uscio della porta, notai che il frigorifero era aperto. Con molta curiosità mi ci avvicinai e vidi che dentro non c’erano gli alimenti che mi aspettavo ma, c’era una lunga scala scavata nella roccia e illuminata da piccole lucine bluastre. Rimasi così sbalordito che mi passò la fame e non presi più le merendine. Il nonno mi nascondeva veramente un segreto, pensai, e molto lentamente e cautamente iniziai a scendere le lunghe scale. Era un luogo molto umido e dalle pareti fuoriusciva una corrente d’aria molto fresca. Cercai di non fare rumore dato che c’era un potente eco che avrebbe potuto rivelare la mia presenza ma, improvvisamente sentii una voce familiare “Hey, George, hai scoperto il mio bunker, lo sapevo che eri più intelligente di tuo padre, vieni giù che parliamo”! Riconobbi immediatamente la voce del vecchio Kay e mi chiesi come aveva fatto a capire che stavo arrivando. Dopo una lunga camminata, arrivai in una stanza molto grande dove era seduto mio nonno. Mi accolse dicendo:” Benvenuto nella Kay caverna !!“ Io risposi guardandomi intorno: “Beh, nonno, devi ancora lavorarci su per quanto riguarda il nome, ma la struttura e il passaggio segreto è incredibile ”. Kay si alzò, si avvicinò e mi appoggiò una mano sulla schiena dicendo: “George, credo che ti racconterò ciò che si nasconde veramente nell’anno 2020 per l’epidemia da Coronavirus”. Mio nonno pronunciò la parola proibita e rimasi molto sbalordito perché aveva palesemente cambiato opinione su quello che aveva detto qualche ora prima. Il nonno si voltò verso un grande monitor dove mostrò l’interno della casa e l’ingresso del bunker dicendo che aveva piazzato micro telecamere in tutto l’appartamento. A quel punto mi sorse una domanda che gli rivolsi subito: “Kay, ma a cosa ti serve un bunker di questa portata? “Il vecchio si girò verso il ragazzo e disse: “George, tuo nonno è una spia americana del dipartimento della sicurezza e della salute ed è ancora in servizio “.
A quelle parole, rimasi sbalordito dato che non me lo aspettavo e riuscii a pronunciare solo un “wow “a voce molto alta. Mio nonno Kay ricominciò a parlare dicendo: “Da oggi non mi chiamerai più Kay bensì con il mio vero nome Michael Rushford. “Quelle parole mi lasciarono spiazzato così dissi soltanto: “Ok nonno Michael”. Il vecchio Michael si sedette e disse che avrebbe cominciato a raccontare la vera storia del coronavirus. “Il coronavirus, verso i primi giorni di Maggio, era cominciato a scomparire del tutto: le persone non morivano più, non c’erano nuovi infetti e i malati guarivano. Il mondo stava cominciando ad uscire da quel tunnel che aveva percorso con fatica durante quei mesi.
I telegiornali iniziarono a parlare di una vittoria, anch’ io iniziai a sperare e a capire che era tutto finito ma, il nostro peggiore incubo ritornò più forte di prima tanto che venne denominato il “killer “. Improvvisamente tutte le persone che erano riuscite a salvarsi e ad uscire dalla quarantena, si ammalarono nuovamente e morirono quasi tutte. Venne denominato il killer perché la mortalità era quasi del 100% per tutte le età. Ogni giorno morivano milioni e milioni di persone e, molte città vennero decimate. Il mondo stava cadendo nel caos e non si poteva fare nulla per evitarlo. Alla fine, i leader militari e politici di tutto il mondo si riunirono in videoconferenza per prendere una disperata decisione “.
Interruppi il nonno dicendo: “Nonno, ma tu cosa c’entri in tutto questo?” Il vecchio Michael, leggermente infastidito disse che non lo dovevo interrompere perché altrimenti avrebbe perso il filo del racconto. E ricominciò: “L’azione disperata era quella di recarsi all’origine del coronavirus per scoprire la causa e quindi un vaccino. Per quella missione, decisero di chiamare l’agente in servizio con più riconoscimenti e, così, entrai in scena io. Quella mattina arrivò una macchina nera con i vetri oscurati che si fermò sul marciapiede di fronte a questa casa. Tempo prima mi avevano dato un kit per non infettarmi.
Aprii la valigetta e vidi che c’era una tuta bianca con la bandiera americana, guanti ignifughi, torcia, maschera con respiratore e un calibro 50 ben disinfettata. Mi vestii, presi quello che c’era nella valigia ed entrai in macchina dopo aver salutato da lontano tuo padre, la nonna e tua zia. In quel momento pensai che quella faccenda sarebbe finita in due modi: lui moriva infetto e l’umanità era distrutta oppure lui trovava l’origine di tutto e salvava l’intero pianeta. La macchina partì e si diresse verso l’aeroporto più vicino. Durante il tragitto iniziai ad avere un po' di ansia dato che tutto il mondo contava solo su di me. Quella operazione sarebbe stata molto complicata dato che non avevo nessuno che poteva aiutarmi. Dopo due orette, la macchina si fermò e quando aprii lo sportello mi ritrovai sulla pista di un aeroporto dove c’era un jet che mi aspettava con varie persone vestite proprio come me.
Entrando nell’aereo capii che ero arrivato ad un punto di non ritorno dove non potevo più tirarmi indietro. Durante il viaggio, quelle persone, irriconoscibili per le maschere, mi spiegarono cosa dovevo fare appena arrivato a Wuhan. Il tempo passò molto lentamente tra ansia e determinazione ma alla fine, arrivammo nella cosiddetta “città fantasma “. Wuhan era stata abbandonata per le perdite e per la paura. Tutto era iniziato al mercato del pesce, dove il coronavirus si era manifestato per la prima volta. Le persone che erano con me, ben presto si fermarono e mi lasciarono solo in compagnia di rimorsi e paure. La città era spenta e macabra. Giunsi finalmente al mercato del pesce, si sentiva ancora il suo odore, e immaginai a quanta affluenza di persone ci sarebbe potuta essere qualche mese prima.
Esaminai minuziosamente ogni bancarella ma non trovai niente. Gli scienziati avevano già studiato i pesci e avevano constatato che non c’era assolutamente alcun legame con il virus. Dovevo trovare qualcos’altro che ero certo si trovasse in quel luogo. Dopo attente ricerche e aggiornamenti da parte della base e delle persone che seguivano i miei movimenti, trovai qualcosa di strano. Nel retro di uno dei locali, c’era un vecchio montacarichi che scendeva molto in profondità e quindi, dato che era molto raro vederlo in un posto simile, decisi di entrarci e di attivarlo. Il montacarichi iniziò a produrre dei rumori molto forti e subito con uno scossone, scese.
Dopo qualche minuto mi ritrovai in una grande sala che in precedenza era utilizzata come magazzino ma sembrava essere un laboratorio. Cercai di riferire tutto ai miei compagni ma ero troppo in profondità. C’erano delle gabbie con all’interno dei pipistrelli, dei monitor molto grandi e delle piattaforme di controllo con molti pulsanti particolari. Ad un certo punto sentii una voce alle mie spalle. Mi girai di scatto e vidi che c’era un uomo molto giovane che non aveva alcuna protezione e indossava un camice e degli occhiali rotondi. Quel tizio losco mi si avvicinò e disse: “A quanto pare alla fine mi avete trovato!”.
Io dissi: “Chi sei e che ci fai qui senza protezione?”. Il giovane si sistemò gli occhiali e disse: “Benvenuto nel laboratorio del dott. Calsky, creatore del coronavirus e l’unico che sopravviverà perché ha la cura. “Il dottore cominciò a ridere ed io gli puntai la pistola urlando che era in arresto per crimini contro l’umanità. Calsky mi guardò e disse: “Una mattina mi sono chiesto, perché continuiamo ad ignorare il riscaldamento globale, perché non amiamo il nostro Pianeta, perché lo mettiamo sempre da parte seguendo i nostri interessi e perché non ammettiamo che siamo noi la causa di tutto “? mi diedi una sola risposta a quella domanda: eliminare l’umanità con un virus per risolvere tutto questo e ricominciare daccapo. “Ascoltai attentamente quelle parole e capii che era lui la causa di tutto. Gli chiesi dove fosse la cura e lui mi diede un pugno; la pistola volò via dalla mia mano e cominciò una colluttazione. Dovevo vincere a tutti i costi, l’umanità era con me.
Dovevo solo crederci. Mi arrabbiai così tanto per quei pugni che gliene diedi uno così forte da fargli perdere i sensi. Alzandomi vittorioso vidi la fiala con la cura, la presi e quando mi voltai vidi il dottore che si era risvegliato con un dispositivo tra le mani. “E ora si esplode…” cliccò sul pulsante e cominciò un countdown di 10 secondi. In quel momento pensai solo a correre verso il montacarichi. Il dottore, per fermarmi, mi bloccò le gambe ma io gli diedi un calcio e lo stesi. Entrai nel montacarichi e comincia a salire. Il tempo finì ed esplose tutto il laboratorio. Molto ferito decisi di non mollare. Il montacarichi si era arrestato ed io salii con velocità sulle scale di emergenza mentre sotto di me, esplodeva tutto con fiamme e gas. Iniziai a sudare e a tenere le mani salde sulla scala per non cadere. Alla fine riuscii ad uscire sano e salvo e portai illeso anche il contenitore con la cura. Ben presto il vaccino arrivò ovunque e il coronavirus scomparve per sempre portandosi via, circa la metà della popolazione mondiale. Venni premiato per il mio valore e tornai a casa dalla mia famiglia come tutti i medici che si erano battuti perla stessa causa. Ecco George, come tuo nonno salvò il mondo dall’apocalisse “Molto emozionato lo abbracciai e lui pianse".
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