TORINO - La Procura della Repubblica di Torino ha delegato al Nucleo operativo della Compagnia carabinieri di Torino Mirafiori l'esecuzione di 2 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di un 27enne della provincia di Caltanissetta e di un 35enne della provincia di Vicenza, gravemente indiziati di violenza sessuale su minore, pornografia minorile aggravata e detenzione ingente di materiale pedopornografico.
L'attività d'indagine è scaturita dalla denuncia presentata nel settembre 2021 dalla madre di una minore, che ha consentito di scoprire alcuni pedofili che agivano sul Web. Nello specifico, uno degli indagati - fingendo in un primo momento di essere donna - avrebbe avviato una conversazione con la minore attraverso la chat di un gioco online. I due - riporta il comunicato stampa dell'Arma dei carabinieri - avrebbero successivamente iniziato a conversare su WhatsApp, dove l'indagato avrebbe conquistato la fiducia della bambina con numerosi complimenti e rassicurazioni, con conseguente richiesta di fotografie e video intimi di lei e del fratellino di più piccolo. Un analogo comportamento sarebbe stato tenuto da altro soggetto. Il tutto si è interrotto solo quando la madre ha notato le chat sul telefono cellulare in uso alla ragazzina.
Le indagini dei carabinieri hanno consentito di individuare e perquisire uno degli indagati già nel mese di dicembre dell'anno scorso e di sequestrargli un telefono cellulare contenente un ingente quantitativo di materiale pedopornografico nonché conversazioni tramite WhatsApp e Telegram ritenute di interesse investigativo. Da lì l'esecuzione di 12 perquisizioni in tutta Italia col sequestro di svariati dispositivi elettronici che sono al vaglio degli investigatori. L'indagine ha consentito di raccogliere elementi che portano a ritenere in ipotesi di accusa il ricorso ad una strategia di adescamento particolarmente subdola, fatta di avances e complimenti virtuali rivolti a minorenni, spesso proprio tramite chat di giochi online.
I fatti - precisano i carabinieri - dovranno essere dimostrati nel corso del processo, nella consapevolezza che gli indagati non si considerano colpevoli fino a condanna definitiva.
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