Malattie infettive alle ossa, tandem ortopedico la nuova frontiera

ROMA - Ortopedico e infettivologo insieme per sconfiggere le infezioni delle ossa. È questa la modalità operativa che si è sviluppata negli ultimi anni nel modo di affrontare e trattare le infezioni dell'apparato locomotore in età evolutiva. Un lavoro di squadra per ottenere un risultato "che separatamente sarebbe difficile da raggiungere", spiega Antonio Andreacchio, vicepresidente della Società italiana traumatologia e ortopedia pediatrica (Sitop). Il tema sarà uno degli argomenti affrontati nel corso del XXIV Congresso Nazionale Sitop in programma a Roma dal 20 al 22 ottobre.

«L'infettivologo 'maneggia' i farmaci e detta i tempi e la durata delle terapie- sottolinea Andreacchio- il nostro lavoro, come ortopedici, è un supporto e un aiuto necessari perché, in alcuni casi, la 'bonifica' chirurgica dell'osso infetto non solo riduce i tempi di guarigione ma riesce anche a ottenere un risultato che solo attraverso la terapia farmacologica non sarebbe possibile».

Nel dettaglio il vicepresidente Sitop chiarisce che «l'azione meccanica, come quella che avviene quando si va a intervenire chirurgicamente sull'osso rimuovendo la parte infetta, permette una migliore vascolarizzazione e di conseguenza un aumento della concentrazione di antibiotico che si va a somministrare per via sistemica. Questa combinazione può consentire di riuscire a dominare e sconfiggere meglio l'infezione».

In questo contesto la sfida è «riuscire a rimuovere quanto più possibile l'osso preda dell'infezione- spiega Andreacchio- andando contemporaneamente a trovare il massimo dell'efficacia terapeutica e a diminuire quanto più possibile le controindicazioni. Rimuovendo l'osso, infatti, lo si va anche a indebolire meccanicamente. Tanto più materiale osseo si asporta- precisa l'ortopedico- tanto più i tempi di guarigione si allungano, anche per la ricostituzione dell'osso sano. Questo vuol dire che le ossa, soprattutto degli arti inferiori che sono esposte al carico, possono essere più soggette a fratture, direttamente legate all'indebolimento dovuto all'asportazione della parte infetta. È una strana alchimia quella che si deve creare- osserva Andreacchio- tra riuscire a bonificare l'osso infetto e aumentare la quantità di apporto sanguigno per aumentare l'apporto di antibiotico che si va a somministrare per via sistemica».

«La nuova tecnica differisce in parte da quella che era stata utilizzata fino ad ora e che era mutuata dall'adulto- spiega l'ortopedico- il razionale di questa tecnica poggiava sul fatto di eseguire un'ampia resezione dell'osso malato, aspettare un periodo di tempo inserendo uno spaziatore, ossia qualcosa che

mantenesse la lunghezza dell'osso laddove veniva ampiamente asportato, creare una sorta di camera che poteva poi servire per la ricostruzione dell'osso e poi reintervenire in un secondo tempo. È, quindi, una tecnica che prevede una doppia fase con due interventi. La nuova tecnica, intervento e terapia farmacologica, diminuisce invece i tempi operatori».

L'intervento del vicepresidente Sitop al Congresso si concentrerà, in particolare, su osteomieliti e fratture esposte, campi in cui l'Italia è all'avanguardia a livello europeo.

«La sfida dell'ortopedico pediatrico è soprattutto sul piano dell'osteomielite rispetto alla traumatologia con ampia esposizione- dice Andreacchio- l'età pediatrica, infatti, è meno prona alla possibilità di avere traumi severi. La letteratura ci dice che la percentuale a cui va incontro la popolazione pediatrica per le fratture esposte è nettamente inferiore a quella dell'adulto, quindi è molto ridotta la possibilità di infezioni acute legate a questo tipo di fratture. Le infezioni, invece, possono verificarsi a tutte le età e così anche la possibilità che si possa andare incontro a una cronicizzazione dell'infezione dell'osso è probabilmente più elevata nei bambini di quanto possa accadere nell'adulto».

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