Lorenza Morello: contro la presunzione degli uomini, le donne fanno la guerra ogni giorno

ROMA - Per tutte le volte che un uomo vuole zittire una donna. Arriva la primavera e con essa, specie per chi fa il mio lavoro, è tutto un fiorire di convegni, incontri, simposi. Ma, provate a guardare le locandine: nella triste maggioranza dei casi, su dieci persone che prenderanno la parola, in media solo due sono donne (e spesso una è la moderatrice che, diciamolo, quando donna è ancora troppo spesso trattata da valletta). Oltre al fatto che come sapete ormai tutti esistono organizzazioni come #boycottmanels di cui la sottoscritta, invitata dalla ideatrice Patrizia Asproni, si fregia di essere una delle fondatrici (gruppo che per chi non lo conoscesse boicotta i panel di soli uomini e si astiene dal prendervi parte sia come relatrice che come uditrice laddove non venga rispettata la parità di genere), il tema su cui voglio porre l’accento oggi è un altro, complementare a questo, ovvero l’arroganza di quegli uomini che, anche quando colleghi, anche quando presenti con noi in un convegno o in una riunione, vogliono “spiegarci” ogni cosa. Anche magari la nostra materia e, peggio ancora, anche quando non è la loro.

La sicurezza assoluta che gli ignoranti più totali ostentano nelle conversazioni è – lo dico per decennale esperienza – una questione di genere. Molti uomini pretendono di spiegare le cose alle altre donne, anche quando non sanno di che stanno parlando. Le donne sanno a cosa alludo. A quella presunzione che a volte ci mette in difficoltà, che ci impedisce di esprimerci e di farci ascoltare, che condanna le più giovani al silenzio, proprio come le molestie per strada. Ci abitua a dubitare di noi e allo stesso tempo rafforza negli uomini un’ingiustificata fiducia in se stessi. Contro la presunzione degli uomini le donne devono fare la guerra tutti i giorni, una guerra anche con se stesse, con la convinzione di essere superflue, con gli inviti al silenzio. È qualcosa da cui molte donne, nonostante il successo sul lavoro, non si sono ancora liberate.

Personalmente, nella mia vita ho avuto molte conferme del mio diritto di pensare e di esprimere il mio pensiero, certamente più di quante ne abbiano avute molte altre donne. E ho imparato che un po’ d’incertezza è un buon mezzo per correggersi, capire e progredire. Quando è troppa, però, può diventare paralizzante, mentre la totale fiducia in se stessi produce idioti arroganti. C’è un giusto mezzo tra questi estremi verso cui i generi sono stati spinti, una zona di mediazione, di compromesso e di scambio in cui tutti dovremmo ritrovarci. Situazioni più drammatiche della nostra esistono per esempio in Medio Oriente, dove alla testimonianza delle donne non è riconosciuto nessun valore legale, al punto che una donna non può denunciare una violenza se non c’è un uomo che testimoni contro lo stupratore. Ed è raro che ci sia. Sentirsi ripetere di continuo che un uomo sa di cosa parla e una donna no, per quanto possa essere solo “un dettaglio” in una conversazione, perpetua la bruttezza di questo mondo e lo mantiene nell’oscurità.

Mi è capitato più volte di contestare un uomo e di sentirmi rispondere che le cose non erano andate affatto come dicevo io, e che se contestavo ero solo una paranoica, nevrotica e disonesta, in poche parole: una donna. In altri momenti della mia vita avrei dubitato di me stessa e mi sarei tirata indietro. Avere dei riconoscimenti pubblici mi ha aiutato -non senza fatica- a mantenere le mie posizioni. Ma poche donne hanno questo vantaggio, mentre miliardi di donne su questo pianeta di sei miliardi di persone devono sentirsi dire che non sono testimoni credibili della loro vita e che la verità non gli appartiene né ora né mai. Questo è molto peggio di un uomo che pretende di spiegarti le cose, ma fa parte dello stesso arcipelago di arroganza e violenza. Eppure gli uomini continuano a spiegarci le cose. E, per quanto mi riguarda, nessun uomo si è mai scusato per le sciocchezze che ha detto su argomenti che io conoscevo e lui no. Non ancora. Nemmeno quando smascherato sulle idiozie che poteva aver detto. Nella migliore delle ipotesi tacciono, nella peggiora si infuriano e debordano. Secondo il calcolo delle probabilità, dovrei vivere altri quarant’anni, più o meno, prima che possa succedere. Ma non sto certo trattenendo il fiato.

La maggior parte delle donne combatte una guerra su due fronti: da un lato per difendere le proprie opinioni, dall’altro per il diritto di parlare, avere idee, essere ritenuta credibile, imporsi come essere umano. Le cose sono migliorate, certo, ma non basterà una vita per vedere la fine di questa guerra. Sto ancora lottando per me, ma anche per le donne più giovani che hanno qualcosa da dire, nella speranza che riescano a dirlo.

di Lorenza Morello (presidente Apm - Avvocati per la mediazione)

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