Assassinio di John Fitzgerald Kennedy, con Giovanni Cerutti

ROMA - Esce alla vigilia del 60° anniversario dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy il 22 novembre 1963 il libro Kennedy, Dallas 1963 a cura di Giovanni Cerutti (Interlinea, pagine 184) che raccoglie per la prima volta gli articoli che le migliori firme del giornalismo italiano hanno scritto alla notizia della morte del presidente degli Stati Uniti d'America. Attraverso le cronache e i commenti, tra gli altri, di Enzo Biagi, Eugenio Scalfari, Alberto Ronchey, Paolo Monelli, Luigi Salvatorelli e Furio Colombo si delineano i caratteri di una società in piena trasformazione, che sull’onda del recente impetuoso sviluppo economico vedeva nel modello dell’America kennediana una prospettiva positiva e un sicuro punto di riferimento. In appendice al volume sono proposti il discorso inedito che il presidente non riuscì a pronunciare al Trade Mart di Dallas e la commemorazione che venne fatta da Aldo Moro alla Camera dei deputati ed è impossibile rileggere oggi quelle parole su un martire della democrazia senza pensare a quanto gli sarebbe successo quindici anni dopo.



Adlai Stevenson disse a Kennedy di non andare in Texas

«Non conta chi materialmente l’ha ucciso, conta tutto ciò̀ che in questi gesti insani e terribili si nasconde», ha scritto Raniero La Valle e in più̀ di una cronaca viene ricordato quanto Adlai Stevenson avesse implorato Kennedy di non andare in Texas. Quello che aveva colpito tutti nella folgorante immagine della Nuova Frontiera era l’idea che una credibile azione internazionale a favore dei principi liberali dovesse basarsi su una politica interna che ponesse al centro la rimozione delle diseguaglianze come naturale conseguenza della centralità̀ dei diritti umani: tutte le diseguaglianze, sociali quanto di origine etnica e razziale. Infatti «se gli uomini sono uguali, sono uguali sotto tutti i profili» scrive nella prefazione Giovanni Cerutti, sottolineando l’importanza di questi valori. Sono le istanze che John F. Kennedy aveva posto fin dall’inizio alla base del suo programma e che l’esperienza di governo aveva affinato e reso sempre più̀ solide, come appare dalla lettura degli appunti preparati per il discorso che J.F.K. non poté́ pronunciare a Dallas e che viene riprodotto nell’ultima sezione del libro.

Nesso tra la presidenza Kennedy e la svolta politica italiana

«La Nuova Frontiera per una parte dell’opinione pubblica italiana non era solamente il progetto politico della potenza egemone del blocco occidentale; era soprattutto un sicuro riferimento per l’evoluzione del nostro sistema politico»: nei quotidiani di quei giorni le notizie dell’attentato sono affiancate a quelle delle trattative per la formazione del nuovo governo e in più̀ di un commento il nesso tra la presidenza Kennedy e la svolta politica in corso viene richiamato con forza. L’attesa non è solo quella di un mutamento del quadro politico, ma di una modernizzazione complessiva della società̀ italiana. Ma l’assassinio del 22 novembre di 60 anni fa è una doccia fredda sulle speranze di una società migliore. «Centinaia di milioni di uomini in ogni Paese lo hanno sentito come un simbolo di speranza e di progresso, perché aveva spezzato gli schemi del passato» (Giulio De Benedetti in Kennedy, Dallas 1963, Interlinea, Novara 2023).

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