La luna, esperienze irrisolte che diventano lirica profonda

NAPOLI - Sala Assoli, a Napoli, dal 17 al 19 novembre 2023, accoglie La Luna, lavoro teatrale ideato e diretto da Davide Iodice, un percorso di ricerca e creazione a partire dai rifiuti, gli scarti, il rimosso di una collettività, prodotto da Interno 5 in collaborazione con Teatri Associati di Napoli e la Casa del Contemporaneo, direttrice di produzione Hilenia De Falco. Ludovico Ariosto collocò sulla luna la follia di Orlando, le cose perse degli uomini, le loro virtù morali. Davide Iodice deve aver immaginato che anche il nostro inconscio si sia rovesciato in una ampolla emotiva che gravita intorno al vissuto terrestre. In qualità di pedagogista teatrale la sua sensibilità scava questa tematica dal 2018 in occasione del Napoli Teatro Festival Italia attraverso un laboratorio presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli in cui oggetti e narrazioni si sono miscelate a fantasie e desideri tipici di una scrittura a più voci. Sulla scena l’intensità commovente di Francesca Romana Bergamo, Veronica D’Elia (Annamaria Palomba), Fabio Faliero, Lia Gusein Zade (Alice Conti), Biagio Musella, Damiano Rossi, Ilaria Scarano, Fabrizio Varriale, che dopo il successo del debutto al settecentesco Palazzo Fondi, riorganizzano la performance per il foyer di innovazione che sorge nel pieno dei quartieri spagnoli: la Sala Assoli, che in vico lungo Teatro Nuovo, si fa collante tra antico e contemporaneo nonché  raccordo artistico tra presente e futuro.

I serbatoi emotivi di “indifferenziata” sfuggita alla vita

Senza voler fare torto a nessuno, vanno almeno menzionati i training e gli studi sul movimento di Fabrizio Varriale, i costumi di Daniela Salernitano, e le maschere di Tiziano Fario. Iodice, con la delicatezza e l’umanità che lo contraddistinguono, prima dello spettacolo ha raccolto piccoli, grandi, irrecuperabili cose, appartenute a chi ha deciso di partecipare a questo gesto collettivo. Come in un confessionale, ha accolto le persone del pubblico con discrezione, e registrato le voci e i sussurri che spiegavano i motivi per i quali ognuno ha lasciato nelle sue mani proprio quello scarto materiale e non altri, chiarendo prima di tutto a se stesso le cause più intime e spesso più scomode. Ad ogni performance, quindi, si raccolgono oggetti destinati ad essere cestinati, serbatoi emotivi di “indifferenziata” sfuggita alla vita, frammenti umidi di anime piegate sui traumi mai risolti. In sala il pubblico si chiedeva se ogni cosa avrebbe avuto un posto sulla scena alla prossima rappresentazione, segno di una gran voglia di partecipare alla catarsi proposta; Iodice ci risponde che «il lavoro non si compie mai del tutto, che in questi 2 giorni in Sala Assoli siamo riusciti ad accogliere nello spettacolo 5 nuovi oggetti. Le storie legate a questi e ad altri necessitano di tempo di lavoro con gli attori, di ascolto, di pulizia delle tracce, ma non tutti, ovviamente, entrano progressivamente nel lavoro».

Personaggi che sembrano nascere da piume di sogni cadute sulla terra

L’abito indossato durante il funerale diventa una nota del cuore capace di dire “mi alzai i capelli forse perché pensiamo che la bellezza possa celare il dolore”, il disegno di un brutto ricordo infantile è elevato ad abisso di purificazione, gli occhiali rotti da atti di bullismo, diventano simbolo di una nuova forza acquisita. Brividi e spasmi dei performer sono ingoiati tra le luci e i suoni di Sebastiano Mazzillo, mentre i loro personaggi sembrano nascere da piume di sogni cadute sulla terra.

Le punte da ballerina sono per me il simbolo del primo rifiuto, pubblico, e fonte di grande imbarazzo, le rifiuto perché mi hanno rifiutato”.

Gli scarti umani sono prima letterali e poi trasfigurati in “discarica psicologica e infine poetica”. Ora sappiamo che il deforme può diventare affascinante attraverso l’arte, che la disarmonia di esperienze irrisolte possono diventare lirica profonda. Chiediamo al regista-drammaturgo quale sia stato il suo oggetto consegnato nella brace della collettività e ci racconta di «un coltello trovato molti anni fa nello spazio laboratorio della mia compagnia dopo una irruzione vandalica, conservato per anni. Simbolo di uno sfregio al tentativo di creare senso anche soprattutto in luoghi difficili» del resto lo stesso il progetto nasce «anche da un sovvertimento di un luogo comune di Napoli come città dei rifiuti». È il teatro di chi non si arrende al mostruoso smisurato e molteplice. Ne siamo contaminati, ne usciamo aggrovigliati, è impossibile non essersi identificati in qualche storia, restiamo avvolti nella ricerca delle cose s-perdute, siamo chiamati a raccattare l’in-sensato di «un grande imballaggio di cose pressate, che straripano, che stanno lì come monoliti enigmatici; ingombranti. Un rimosso-irremovibile che noi collochiamo nel corpo della città, come un cuore lacerato pulsante. Violenza, amore, malattia, morte, lacrime, infanzia, identità, ne costituiscono la sostanza». 

Davide Iodice intreccia come in un labirinto senza uscita la sua drammaturgia di tristi emozioni

Spettacolo vincitore nel 2019 del Premio Anct (Associazione nazionale critici di teatro) e Premio della critica 2019 a Davide Iodice, la motivazione: autore e regista di inconsuete poetiche drammaturgiche del nostro teatro, Davide Iodice ha costruito con paziente sapere e coinvolgente linguaggio il puzzle complesso della sua più recente trilogia “La fabbrica dei sogni”, “Un giorno tutto questo sarà tuo”, “La Luna”, lavorando sul ricordo e la presenza di giorni di vita difficile, di presenze lontane, di memorie non rimosse, di racconti di disagio assurto ad esempio della necessità dell’amore in una società disattenta e ferita. Così il suo ultimo e recente spettacolo, “La luna”, è esemplare intersecarsi di testimonianze diseredate trasformate in rappresentazioni fantastiche, di realtà raccolte attraverso l’accumulo di oggetti “scartati” e messi insieme per una iperbolica costruzione visionaria, raccontate in prima persona e trasformate in un teatro che non dimentica la verità. In questi suoi tre singolari e drammatici segmenti del suo “progetto sulla memoria” costruito in anni di paziente lavoro, Davide Iodice intreccia come in un labirinto senza uscita la sua drammaturgia di tristi emozioni, di sussulti malati, di delusioni e di illusioni affidate ai suoi attori-performer. (Giulio Baffi)

di Anita Laudando

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