Il fascismo non è mai morto, parola del professore Canfora

ROMA - Dopo gli ultimi, incresciosi eventi di cui si parla tanto in questi giorni, il libro di Luciano Canfora, Il fascismo non è mai morto (Edizioni Dedalo), è particolarmente attuale. L’episodio del saluto romano alle commemorazioni di Acca Larentia, il silenzio della premier Giorgia Meloni, le accuse di apologia del fascismo sono solo alcuni esempi. È un libro fondamentale per tutti quelli che sono impegnati a convincere soprattutto sé stessi che il fascismo “è finito nell’aprile 1945”. Secondo alcuni, il fascismo è finito 79 anni fa. Per chi abbia familiarità con i tempi lunghi della storia, questa appare però, senza eccessivo sforzo mentale, come una sciocchezza - sostiene Canfora -. Lo riprova quotidianamente la cronaca, che certo non ci rallegra. Ciclicamente rispunta una teoria autoconsolatoria che sentenzia: il fascismo è finito in un preciso giorno di 79 anni fa. E basterebbe del resto la cronaca del settantennio che abbiamo alle spalle per convincersi della vacuità di una tale teoria. Lo riprova inoltre quotidianamente la cronaca, che certo non ci rallegra: tanto più che – come un secolo fa – non si tratta di una questione solo italiana. Del resto, tutte le principali forze politiche del Novecento, dai cattolici ai neoliberali, passando per i socialisti, vivono, uguali e diverse, e variamente denominate, nel nuovo secolo. La partita, a quanto pare, è ancora aperta.

Qualche parola dal libro "Il fascismo non è mai morto" del professore Luciano Canfora

«Questa spazzatura non piace a noi nazisti»: così si esprime a proposito degli ebrei il ministro dell’Economia del neo-atlantico governo finlandese, Wille Rydman («Corriere della Sera», 31 luglio 2023, p. 13). Effettivamente la Finlandia era da poco entrata nella famiglia della Nato tra fanfare e singulti di giubilo, quando, il 20 giugno scorso, è sorto il nuovo governo, compattamente di destra. Pilastro del nuovo esecutivo è il partito ultras dei “Veri Finlandesi” (si chiama così), di cui il trentasettenne Rydman è autorevole esponente. Altri due ministri, anch’essi afferenti ai “Veri Finlandesi”, si erano illustrati in sortite analoghe ed erano stati pudicamente pregati di dimettersi. Rydman, che ha un orizzonte mentale vasto, si esprime “a tutto campo”: per esempio, parla dei cittadini del Medio Oriente come di “scimmie”. Non è del tutto originale in questo conato di pensiero: già il ministro leghista dell’attuale governo italiano Roberto Calderoli aveva, anni addietro, definito la deputatessa Cécile Kyenge, di origine africana, un «orango». Lessico povero, idee primitive. Il 7 luglio 2023 (p. 15) il «Corriere della Sera» informava i lettori del “boom elettorale” di Alternative für Deutschland in elezioni locali tedesche. E definiva quel partito: «xenofobo, antisemita e vincente». Nell’edizione romana dello stesso giornale (29 luglio, p. 5) appariva una figura (assente da altre cronache e dai quotidiani a tiratura nazionale): “Miss Hitler”. La quale, insieme ad «altri nazisti» rischierebbe, a quanto si vocifera, un processo a causa dei loro «deliri antisemiti» sui social. Certo, la Finlandia è più avanti. Ancora il «Corriere della Sera», che non trascura l’informazione, rese noto il 25 maggio 2022, a proposito del fondatore dell’ucraino “battaglione Azov”, che «le tracce del suo passato sono state cancellate dal Web»: si trattava – precisava il giornale – del suo «neonazismo» (p. 9). Il battaglione atlantico (Letta-Gasparri-Tajani) aveva fatto del battaglione Azov una bandiera. Si intende: del «mondo libero» (la gag è tornata di moda). E il 6 luglio 2023 il sempre vigile corrispondente dal fronte per il «Corriere», Lorenzo Cremonesi, apriva con le seguenti parole una breve corrispondenza da Kiev: «Era inevitabile che la guerra riportasse alla ribalta i gruppi più estremisti della destra nazionalista ucraina». E soggiungeva: «che adesso si coniuga con il malcontento dei reduci» (p. 14). E raccontava, lamentando di avere informazioni confuse, un episodio avvenuto il giorno prima: attivisti di estrema destra avevano fatto esplodere bombe nel tribunale della capitale per boicottare il processo ad un personaggio illustratosi nell’«assalto al Parlamento» nel 2015. Insomma un clima da Esprit des Lois. E vista la familiarità di costoro col fuoco come mezzo di comunicazione politica, segnaliamo il gesto compiuto lo scorso 12 dicembre dal deputato della destra polacca Braun: armato di estintore, egli ha spento la Menorah ebraica accesa nei corridoi del Parlamento di Varsavia additandola come simbolo «satanico».

Marx vive a Calcutta

Luciano Canfora è professore emerito dell’Università di Bari, dirige la rivista «Quaderni di storia» e collabora con il «Corriere della Sera». I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. Tra quelli pubblicati per Dedalo: La crisi dell’Est e il Pci (1990), Marx vive a Calcutta (1992), Europa gigante incatenato (2020).

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