Si parte da Massimo Recalcati, si arriva a Dei figli di Mario Perrotta

Le attrici e gli attori dello spettacolo Dei figli, fotografia di Luigi Burroni
Le attrici e gli attori dello spettacolo Dei figli, fotografia di Luigi Burroni

NAPOLI - Da giovedì 10 aprile 2025, al Teatro Nuovo di Napoli Dei figli di Mario Perrotta. Terzo atto per una sorta di preghiera laica sul desiderio di comprendere il ruolo delle dinamiche tra genitori e figli nel nostro periodo storico. “Una delle grandi mutazioni antropologiche del nostro tempo riguarda la cronicizzazione dell’adolescenza”. A partire da questo assioma dello psicanalista Massimo Recalcati, Mario Perrotta conclude il suo percorso di indagine dentro le relazioni familiari, con la meta finale Dei figli, in scena dal 10 aprile, alle ore 21 (repliche fino a domenica 13), al Teatro Nuovo di Napoli. Presentato da Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Sipario Toscana Onlus, La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale e Permàr, questo allestimento conclude il percorso di indagine dentro le relazioni familiari, una trilogia di Mario Perrotta iniziata con gli spettacoli Nel nome del padre e Della madre, Come gli altri due lavori della trilogia, Dei figli è scritto con la consulenza di Massimo Recalcati, che ai temi della famiglia ha dedicato molti studi e pubblicazioni, e prova a ragionare su quella strana generazione allargata di “giovani” tra i 18 e i 45 anni che non ha intenzione di dimettersi dal ruolo di figlio. Lo spettacolo di Perrotta, in scena assieme a Luigi Bignone, Dalila Cozzolino, Matteo Ippolito e (tra video e audio) Arturo Cirillo, Alessandro Mor, Marta Pizzigallo, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano, Saverio La Ruina, Marica Nicolai, indaga le molteplici sfumature dell’essere figlio, ambientando la vicenda in una casa che assomiglia a un limbo.

Uniche certezze quattro monitor di design, bianchi, come enormi smartphone

Una casa che è limbo, che è purgatorio, per chiunque vi passi ad abitare. Vite in transito che sostano il tempo necessario - un giorno o anche una vita - pagano un affitto irrisorio e in nero e questo li lascia liberi di scegliere quanto stare, quando andare. Solo uno sosta lì da sempre: Gaetano, il titolare dell’affitto. Al momento, le vite in casa sono quattro. Vediamo tutti gli ambienti come se i muri fossero trasparenti. La casa è fluida, come le vite che vi abitano. Le uniche certezze sono quattro monitor di design, bianchi, come enormi smartphone. Su ognuno di essi stanziano, incombenti, le famiglie di origine degli abitanti: genitori, sorelle, cugini… 13 personaggi per un intreccio amaramente comico, un avvitamento senza fine di esistenze a rischio, imbrigliate come sono nel riflettere su se stesse. (Mario Perrotta)

La difficoltà del figlio di accettare la separazione dai genitori per riconoscersi

Una delle grandi mutazioni antropologiche del nostro tempo riguarda la cronicizzazione dell’adolescenza. Se prima la giovinezza era legata alla pubertà e si concludeva con la fine dell’adolescenza, oggi l’adolescenza non è più il riflesso psicologico della “tempesta” psicosessuale della pubertà bensì una condizione di vita perpetua che tende a cronicizzarsi. Quando questo accade in primo piano è la difficoltà del figlio di accettare la separazione dai genitori per riconoscersi e viversi come adulto. L’adolescenza perpetua impedisce infatti al figlio di divenire uomo assumendo le conseguenze dei propri atti anziché colpevolizzare il mondo degli adulti identificandosi nel ruolo della vittima tanto innocente quanto inconsolabile. Il nuovo spettacolo di Mario Perrotta indaga queste e altre sfumature dell’esser figlio sine die, senza però dimenticare la forza, lo splendore e l’audacia straordinaria della giovinezza. (Massimo Recalcati)

Il nuovo millennio porta lo stravolgimento totale della triade “padre - madre - figli”

La trilogia. Mi ritrovo da solo, a braccia appese, in una stanza di casa a pensare che, da molto tempo ormai, mi assediano la mente suggestioni e pensieri su progetti futuri e nessuno di loro prende corpo come dovrebbe: li trovo fragili, non necessari al mio sentire di oggi, nonostante stiano lì da parecchio a maturare, a macerare direi. Poi, d’improvviso - ma chissà da quanto chiedeva udienza e io non ero pronto ad ascoltare - l’idea, quella giusta, quella urgente, arriva di forza al centro del corpo, non alla mente, pervade la carne e mi scuote da un’attesa fin troppo lunga. Se nel 2007 con Odissea avevo chiuso i conti con l’essere figlio, adesso sono padre, una parola che mette con le spalle al muro e riempie il mio quotidiano di nuove sfide e di nuove domande. E penso che ho una responsabilità enorme nei confronti di mio figlio, e che ho bisogno, come sempre, di ragionarci a fondo attraverso gli unici strumenti che riconosco miei: la ricerca drammaturgica, la scrittura, la messa in scena, l’interpretazione. E mi vengono in mente le mie conversazioni con Massimo Recalcati sulla questione, e mi viene in mente che vorrei coinvolgerlo: lo chiamo, gli racconto tutto e Massimo mi dice di sì, che gli piace e che faremo il progetto insieme. E mi viene in mente che un padre si sostanzia nel suo confronto - anche mancato - con la madre e che essi, padre e madre, sono tali solo perché di fronte a loro esistono, inflessibili, i figli. E mi viene in mente che il nuovo millennio ha portato con sé lo stravolgimento totale di questa triade “padre - madre - figli” alterando le fattezze di ruoli che parevano immutabili nei secoli. Eccolo lì tutto d’un tratto il prossimo lavoro: prima un solo spettacolo, ma nel tempo di un pomeriggio è già trilogia, è progetto complesso, articolato, così come mi piace e mi serve fare da oltre quindici anni. E dunque partirò dall’oggi, da queste mutazioni genetiche goffe, incerte, malvestite dai rispettivi interpreti, per spogliarli progressivamente del quotidiano e riportarli, nudi, all’essenza delle loro relazioni, esse sì immutabili nel loro continuo procedere per scontri e incontri, a prescindere da come i soggetti in causa - quelli di un tempo e quelli di oggi - interpretano i singoli ruoli. Uno sguardo sul presente, il mio presente, per indagare quanto profonda e duratura è la mutazione delle famiglie millennial e quanto di universale, eterno, resta ancora. (Mario Perrotta)

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