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Eugenio Montale, Ossi di Seppia 1954 |
SANREMO - Omaggio ai cento anni della silloge “Ossi di Seppia” di Eugenio Montale ai Martedì Letterari il 14 ottobre 2025, alle ore 16. Inaugurazione dell’esposizione di libri e documenti relativi alla silloge provenienti dalla collezione del Gabinetto di Lettura del Vieusseux di Palazzo Strozzi a Firenze. Martedì 14 ottobre in collaborazione con il Gabinetto scientifico-tecnico del Vieusseux si celebra il Centenario della silloge “Ossi di Seppia” di Eugenio Montale (1925-2025). Relazionano il professore Francesco De Nicola, l’onorevole Riccardo Nencini, presidente del Gabinetto scientifico-letterario del Vieusseux, il dottor Michele Rossi, direttore del Gabinetto scientifico-letterario del Vieusseux. Alle ore 16 nel foyer verrà inaugurata l’esposizione curata dalla dottoressa Elisa Martini. Verranno esposti libri e documenti originali riguardanti la silloge provenienti dalla collezione del Gabinetto di Lettura del Vieusseux di Palazzo Strozzi a Firenze.
L’opera vede una prima pubblicazione nel 1925 per mano dell’amico editore Gobetti
L’esposizione rimarrà aperta al pubblico sino a domenica 9 novembre 2025. Ossi di seppia è la prima raccolta di Eugenio Montale. L’opera vede una prima pubblicazione nel 1925 per mano dell’amico editore Gobetti, ed è successivamente rieditata nel 1928 con l’aggiunta di alcune poesie, sempre in linea con il tono esistenzialista e fortemente realista della prima edizione. Il titolo scelto dal poeta è espressione del sentimento di solitudine nel rapporto con la realtà che caratterizza la prima parte della sua opera. Montale rifiuta la tradizione con la fusione tra l'io poetico e il mondo naturale, così che il paesaggio ligure diventa nudo e desolato come un osso di seppia. Il sole è una presenza costante che grava su tutto ciò che raggiunge. Il paesaggio naturale ed animale che l'occhio del poeta descrive è il simbolo del suo disagio esistenziale.
Linguaggio poetico che si modella su una profonda inquietudine personale
Il poeta non si riesce più ad utilizzare la poesia per spiegare realmente la vita e il rapporto dell’uomo con la natura: la realtà stessa appare incomprensibile. Ha necessità di esprimere questa percezione negativa del suo vivere, scegliendo volutamente un paesaggio spoglio ed essenziale, e un linguaggio poetico che si modella su questa profonda inquietudine personale. Solo di tanto in tanto si respira un anelito di speranza, che si frange nel “male di vivere e in liriche eterne come I limoni, Non chiederci la parola, Meriggiare pallido e assorto. Martedì 21 ottobre, ore 16,30, per il ciclo “La cultura della legalità”, Claudio Clemente, già comandante dei Nocs della polizia di Stato, presenta: “La notte di Riofreddo. La vera storia dell'operazione Soffiantini (Archivio Storia).
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