Decapitazione simbolo potente. E le donne: sempre nude, come la Giuditta di Stuck, come la Salome di Klimt
- La separazione della materia dallo spirito… non crede? - E’ possibile. - Ha presente quel quadro, il Martirio di san Paolo, di Enrique Simonet? - Me lo descriva. - La scena si svolge all’aperto, in una via romana. Da un edificio con grandi colonne (non se ne vede la sommità) esce una folla di senatori, le toghe bianche si confondono con l’atmosfera lattiginosa, percorsa da vapori fino all’estremo limite del quadro. Sul lastrico, attaccato a un ceppo, pende un corpo decapitato: schizzi di sangue sulla veste d’un verde acido e, poco più in là, la testa circonfusa da un alone luminoso. La luce indica che lo spirito resta vivo mentre il corpo muore; d’altronde è innegabile che la dottrina di san Paolo abbia plasmato per secoli la storia d’Europa: con tutte le lettere che mandava a questi e a quelli. Ma le avranno poi lette? Anche mio padre scriveva… spediva. Tradito dalle istituzioni italiane dopo aver cercato di trascinare in tribunale un vigile urbano corrotto (prendeva troppe mazzette), faceva esposti su esposti contro un magistrato colluso col vigile, poi contro il magistrato colluso col collega colluso col vigile… era diventata una catena. Vuol sapere com’è finita?
- Sì Salan.
- Non è finita. E’ finito mio padre, semplicemente. Al mio paese avrebbero tagliato le mani al vigile, era un ladro, dopotutto. Ora mi viene in mente un’altra decapitazione, avete tanti martiri, voi. Ma questa è una cosa da bambini.
- In che senso?
- Anzi, da bambine. Loro staccano la testa alle bambole. Io avevo un robot, si chiamava Baron Karza, gli staccavo la testa, però una calamita alle due estremità del taglio permetteva di far tornare le cose a posto. Beh, insomma, pensavo al Martirio dei santi Cosma e Damiano del Beato Angelico: bambolotti lasciati a terra dalle mani impazienti di una gigantesca bambina e, su di loro, le teste mozze con l’aureola. Però non è giusto.
- Che cosa non è giusto, Salan?
- Che l’aureola l’abbia solo la testa. Fossi io a dipingere, metterei una bella aureola anche al corpo. Lo sa, è il corpo a essere luminoso, la testa è buia, peccaminosa, piena di odio.
- Lei odia, Salan?
- E come si fa a non odiare? Poi il senso di colpa mi corrode. Certe volte vorrei essere limpido e puro come la Giuditta del Caravaggio. Incredibile, sembra che stia facendo il battuto di cipolle e invece stacca a fatica il testone di Oloferne. Ma che visetto pulito da popolana, una che non saprebbe dirti una cosa per un’altra, che ti passa il coltellaccio sulla giugulare con la stessa naturalezza con cui prende sonno o va a lavarsi. E la Salome di Tiziano? Quella sì è crudele, altro che le donnine ambigue e voluttuose di Klimt o di Moreau. Porta la testa del Battista sul piatto come una torta di compleanno - diciamo il suo, diciamo sedici anni? Ah, i sedici anni… impagabili. Puoi uccidere e sembra niente. Rubi a tuo padre, vai in piazza a buttare bombe e sembra niente, poi torni a casa e accarezzi il peluche che t’ha dato la tua ragazza.
- Non è un caso che dietro entrambe le decapitazioni di cui mi parla, Salan, ci sia una figura femminile. Perdere la testa è un eufemismo per accennare al penoso mistero dell’evirazione.
- una donna bellissima (sto pensando alla Giuditta di Franz von Stuck) nuda, nella penombra dell’alcova, l’acconciatura anni Venti, con un diadema a sonagli, la testa rovesciata all’indietro, sta per colpire l’amante addormentato, ma l’espressione sublime è quella di chi abbia un orgasmo. Ho sempre avuto paura di dormire con le donne. Specie le occidentali, quelle dei maledetti paesi in cui ci siamo trascinati, io e tutta la mia famiglia, mio padre col suo camioncino di venditore ambulante, sempre in cerca di un posto… come dite voi? Un posto al sole. E pensare che di sole, giù, ne abbiamo tanto. Sembrava più occidentale di lei, aveva imparato bene la lingua, pagava le tasse, tutto. Un integrato. M’ha fatto studiare, devi diventare come loro, mi diceva. A me, poi, piaceva l’arte. E ora scopro che è peccato fare figure. Si compete col Signore, è peccato, sì. E le donne: sempre nude, come la Giuditta di Stuck, nude per tutti, per una notte, per mille e una notte. Nude e sprezzanti, come la Salome di Klimt, che infila le dita fra i capelli dell’amante decapitato, la cui testa occupa un posto marginale, un angolino, mentre la lascivia e il lusso saturano lo spazio pittorico: una donna nuda, dorata, con lo sguardo sazio d’ogni perversione. Il sesso secondo l’Occidente.
- Il sesso secondo lei, Salan.
- No, non secondo me. Non secondo noi. Da noi le donne si coprono e sono anche più belle, così. Non dico il burqa, ma il capo velato, i capelli raccolti in un mistero che solo al marito è dato svelare… il vero erotismo è quel che s’immagina. Un po’ come l’Infinito di Leopardi. Vede, dottore? Sono integrato anch’io, non posso dire una parola che mi vengono in mente i vostri poeti, i vostri pittori. Una casa senza fondamenta. Sono così. Ma poi, alla fine, uno come me apprezza Leopardi o Caravaggio molto più di voi. Bisogna esser vivi per fare viva l’arte. E voi occidentali siete morti. Vi si dovrebbe passare alla ghigliottina, come i nobili di Francia, giusto per dire che non guidate più il mondo. Pile scariche. Avete voluto tagliare la siepe del vostro Leopardi, come fate a immaginare?
- Salan, lei mi fa pensare a quel quadro di Émile Friant, La pena di morte. E’ stato realizzato nel 1908, quando ormai la società francese aveva già deciso di escludere dal proprio ordinamento la pena di morte. Il simbolo del distacco della testa si veste di un altro significato: la testa è l’aristocrazia, che ha guidato il popolo così come la mente comanda al corpo.
- L’Occidente è l’aristocrazia del mondo.
- Dunque, lei sente di far parte di un’umanità svalutata.
-Svalutata? Altroché. Ma quel che è peggio, è che mi sento una scimmia ammaestrata. Se fossi un buon musulmano non le avrei raccontato tutte queste cose, odierei l’arte, la vostra, così arrogante, magari sarei diventato un bravo artigiano capace di ornare di altrettanta bellezza, con una sola linea, inerti superfici di legno o stoffe rare. Invece insegno Storia dell’Arte: i miei studenti si meravigliano come davanti a un orso ammaestrato.
- Forse è la sua impressione, Salan.
- E non mi chiami Salan. Voi occidentali non avete il senso d’appartenenza, non sapete da dove venite, siete un Enrico o un Guido qualunque, con un cognome che vi pare sia solo il vostro. Io sono AbdiSalan, il “servo del Profeta”. Questo titolo davanti al mio nome mi fa onore, chi mai può dirsi padrone nell’universo? Ah, ma voi, voi che siete i padroni, voi che una bella mattina avete detto Dio è morto, voi siete come l’Idra di Lerna, più vi si taglia la testa più ricresce: inquinate, degradate il pianeta e le genti con il vostro superfluo, con i rifiuti del cosiddetto benessere, offuscate l’aria di veleni fino a nascondere il sole. E noi come ci orienteremo nella nostra preghiera se non vedremo il sole? Siete pietrificanti come la Medusa, un Perseo dalla pelle scura vi taglierà la testa, ma non la metterà sul proprio scudo perché sarebbe un’empietà, secondo la nostra religione.
- E se le dicessi, AbdiSalan, che quella Medusa è sua madre… che la trascina via impaurito e pieno di lacrime?
- Sarebbe un’empietà anche questa, dottore. Come scrivere i versi del Corano sul corpetto di un abito da sera, se la ricorda quella sfilata di moda? Quanta disinvoltura avete nel profanare tutto, anche l’idea di madre. Anche per le madri esisteva una siepe oltre la quale non si poteva andare. Da noi è ancora così. Le taglierò la testa, dottore.
- E’ l’ora, AbdiSalan, la seduta è finita.
di Pia Di Marco
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