Le Donne che "Amo" sono Loren, Levi-Montalcini, Pozzi, Madre Teresa e Lady Tabata. Firmato Barbara Delmastro Meoni

TORINO - Cinquew News ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Barbara Delmastro Meoni.

Nel mio cassetto segreto ci sono 5 fotografie. Ogni tanto le tiro fuori e le guardo, soprattutto quando la tristezza mi assale con pugnali di sale. Sono immagini di donne che mi hanno ispirato e che, senza alcuna tentazione d’imitazione, hanno comunque “violato”, fin dall’infanzia, le convinzioni che hanno guidato la mia vita e che credevo immutabili.

Violazione senza violenza, si capisce, piuttosto gentili mutazioni genetiche della mia anima. Sono i visi di Sofia Loren, di Rita Levi Montalcini, di Moana Pozzi e di Madre Teresa di Calcutta. Direte che sono pazza ad accostare una santa ad una porno star, un’attrice ad una scienziata eppure, se ci pensate, una “ragione superiore” esiste, anzi è sempre esistita nel vortice della storia infinita delle donne.

Credo che la donna abbia la forma di un gioiello “impossibile”, nel quale ogni sfaccettatura riflette una luce diversa. E’ come se uno zaffiro, un diamante, uno smeraldo si fossero fusi in un’unica pietra, senza perdere la loro unicità. I loro riflessi sono rossi, verdi, azzurri se osservati singolarmente ma compongono, se ruoti la pietra, un arcobaleno. E, come in un arcobaleno, i colori accesi, in quella sottile linea di separazione fra di essi, si fondono creando ulteriori riflessi di luce più indistinta. Se, in queste figure femminili, sostituisci (ma senza perderne mai il ricordo) il concetto di luce colorata con la consapevolezza di un destino, di una inarrestabile vocazione, tutto si spiega.
Lo capii meglio quando lessi l’Aleph di Jorge Luis Borges, il genio argentino della letteratura. Scoprii che era la prima lettera dell’alfabeto ebraico che rappresenta l’unità divina. In quella piccola sfera cangiante, di dimensioni piccolissime e di intollerabile fulgore, tutto lo spazio cosmico vi era contenuto, tutte le storie collettive e personali, senza però che la vastità ne soffrisse. E lo identificai nella donna, in tutte le donne, essenza prima di un inconcepibile universo. Da essa tutto nasce e si distrugge e alla quale tutti gli spiriti anelano a tornare. Tutte le filosofie, tutte le religioni (compreso l’Aleph del Cristianesimo) tendono a questa semplicità minuscola, infinita, inconoscibile, in una parola, universale.

Come nei modelli scientifici che regolano l’universo, più importante addirittura della stessa gravità, la caratteristica comune a queste donne, è stata la capacità di interpretare la trasformazione.
Loren trasformò la sua bellezza in un talento che seppe narrare lo smarrimento, lo stupore, il sacrificio dell’amore. Madre Teresa trasformò la sua debolezza fisica, il silenzio di Dio che la tormentò per tutta la vita, nella forza titanica ed irresistibile della carità. Levi-Montalcini trasformò la totale indifferenza alla sua persona, le sue paure, in straordinarie scoperte scientifiche nel campo delle neuroscienze. Moana trasformò il disprezzo dei benpensanti ma anche l’amore per il proprio corpo in cause politiche e sociali, dove l’amore sostituì il sesso.

Mi rifiuto tuttavia di considerarle “icone” immobili, benevoli feticci, esempi di un passato. Piuttosto, le immagino come idee in trasformazione, in evoluzione.
La quinta figura di donna è leggera come un sottile foglio di carta, anzi è stata “disegnata” proprio sulle pagine di un fumetto: Lady Tabata.
Vive nella Rete solo da pochi giorni ma è come se l’avessi sempre conosciuta. E’ misericordiosa come Madre Teresa, bella come Sofia Loren, con l’intelligenza speculativa di Levi-Montalcini e la grinta di Moana. So che gli sceneggiatori e i disegnatori si sono ispirati a me, alla modernità di una donna allo stesso tempo normale e magica, dove il fascino convive con l’intelligenza, con la sue battaglie contro la violenza sulle donne, con l’accettazione filosofica di una malinconica eternità e, nello stesso tempo, con la felicità del vivere fuori da troppi schemi prestabiliti, imposti dalle convenzioni di una società ormai allo stremo.

Un fumetto è, a volte, più reale di una persona, ti trasporta in altre dimensioni, ti fa comprendere i sogni e la realtà, meglio di tanti discorsi. Ti fa ridere ma fa anche paura (e i cartoonist di Charlie Hebdo ne hanno subito la reazione) a chi vuole una società dove gli esseri umani e, soprattutto le donne, vivano da schiavi.
Spero che Lady Tabata viva, lotti, rida con noi ancora a lungo. La Notte è appena cominciata e, un po’ più lontano, si sente già una musica…

di Barbara Delmastro Meoni

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