Italia dà a Unione europea 4,4 miliardi di euro. Ma su 54 miliardi per l'occupazione investiti solo 17 miliardi
ROMA - Corte dei conti, Sezione centrale di controllo per gli affari comunitari ed internazionali. Relazione annuale 2018 su “I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari”. Dalla Relazione annuale sui rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione europea emergono debolezze e inefficienze nella fase intermedia della programmazione.
L’analisi dei flussi finanziari in entrata e in uscita, intercorsi tra l’Italia e l’Ue nell’esercizio 2017, con le diverse tipologie di risorse del bilancio comunitario e l’utilizzo dei fondi comunitari, ha confermato la tradizionale posizione di contributore netto dell’Italia con la somma di 4,4 miliardi di euro.
E’ quanto emerge dalla "Relazione annuale sui rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione europea", relativa all’anno 2017, approvata dall’Adunanza della Sezione di controllo per gli Affari Comunitari e Internazionali della Corte dei Conti, nella seduta del 27 dicembre scorso.
L’esame è riferito alla programmazione 2014-2020 e tiene conto delle significative modifiche della regolamentazione nel frattempo intervenute. Per questo motivo, è opportuno distinguere le analisi, dedicando una relazione speciale alle “chiusure” della programmazione 2007-2013 una volta che si disporrà di dati completi e definitivi, comprensivi delle valutazioni dell’Unione - riporta il comunicato stampa della Corte dei conti -.
Un profilo che merita particolare attenzione è quello delle cosiddette “seconde condanne” da parte della Corte di giustizia europea, ai sensi dell’a rticolo 260, paragrafo 2, del TFUE (nel caso in cui lo Stato membro non si sia conformato agli obblighi derivanti da una prima sentenza di condanna per inadempimento ai sensi dell’art. 258 del TFUE). Ad oggi risultano effettuati pagamenti per “seconde condanne” per un importo pari ad oltre 547 milioni di euro .
Per i Paesi per i quali gli esiti della programmazione 2007-2013 sono ormai definiti, inizia poi ad emergere il peso delle “restituzioni” dovute alle rettifiche operate in sede europea. In attesa dei dati dei singoli Stati, a un primo esame globale sul sistema europeo si riscontra un’incidenza del 12% di questo fenomeno sul totale delle entrate pari a 139 miliardi di euro nel 2017, a cui consegue la diminuzione del peso delle risorse proprie che si attestano all’83% (l’anno precedente erano al 91,7%).
La particolare situazione correlata al 2018, esercizio al termine del quale è prevista non solo la verifica intermedia del periodo di programmazione ma anche la possibile prima applicazione del disimpegno automatico dei fondi non spesi in base alla regola “n+3”, ha imposto di seguire con particolare attenzione l’evolversi dell’attuazione finanziaria, non limitandosi alle ormai consuete scadenze del 31 dicembre dell’anno precedente (unico dato ufficiale) e del 30 giugno dell’anno in corso, come dato illustrativo del trend semestrale presentando, quindi, il quadro dell’attuazione finanziaria aggiornata alla fine del quinto bimestre 2018.
Peraltro, tale dato, riferito all’anno che sta per concludersi, non può che essere considerato come tendenziale, non presentando i caratteri di definitività.
Obiettivo della Corte, inoltre, è quello di analizzare e riferire, con una relazione ad hoc, sui risultati della verifica intermedia e sull’eventuale, possibile, perdita di finanziamenti europei da parte dell’Italia.
Una certa accelerazione, per l’attuale programmazione finanziaria, si registra nel corso del 2018, in termini sia di impegno che di spesa, che presenta, nella maggioranza dei casi, un discreto incremento percentuale rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il dato numerico complessivo al 31 ottobre 2018 presenta una situazione per cui, su una programmazione totale di 54,2 miliardi per l’Obiettivo “Investimenti per la crescita e l’occupazione”, sono stati impegnati fondi per circa 17,6 miliardi (pari al 32,42%) ed effettuati pagamenti per poco meno di 7 miliardi (12,85%), riscontrando, peraltro, le consuete differenze realizzative tra le regioni più sviluppate, che risultano più efficienti, e quelle meno sviluppate.
FONDO EUROPEO AGRICOLO DI ORIENTAMENTO E DI GARANZIA (FEAGA)
Nella Relazione emergono debolezze e inefficienze nella gestione degli aiuti diretti a valere sul FEAGA. Le irregolarità riscontrate anche nel 2017 producono mancati rimborsi agli organismi pagatori per importi rilevanti. Il problema delle asimmetrie organizzative e dell’incompleta regionalizzazione degli Organismi pagatori rappresenta tuttora un elemento di rilievo.
FONDO EUROPEO AGRICOLO PER LO SVILUPPO RURALE (FEASR)
In riferimento alla fase intermedia della programmazione del Fondo per lo Sviluppo rurale 2014-2020, si conferma la lentezza dell’avanzamento finanziario. Infatti, dal 2014 al 2017 si è raggiunta una media di solo il 13,40% di pagamenti effettuati sul complesso dei programmi.
FONDO EUROPEO PER GLI AFFARI MARITTIMI E PER LA PESCA (FEAMP)
L’aspetto più problematico rilevato concerne la lentezza dell’avvio della programmazione, connessa a ritardi e inefficienze sia a livello centrale sia a livello di raccordo con gli organismi intermedi.
Il trend rilevato non è positivo perché si registra nel 2017 un incremento complessivo delle irregolarità, con un totale di segnalazioni dall’OLAF che passa da 927 a 1227. Il dato parziale del 2018 (696) non può tuttavia ritenersi ancora significativo.
Riguardo alle Autorità di gestione maggiormente interessate da irregolarità, il dato dello scorso anno, che vedeva 86 milioni di euro riferiti alle Amministrazioni regionali e 46 milioni di euro alle Amministrazioni centrali, si è leggermente riequilibrato con valori pari rispettivamente a 72,4 e 56,4 milioni di euro.
Ricerche Correlate
Commenti
Posta un commento