Centri per l’impiego nel mondo del lavoro: la Corte dei conti e i veri problemi

ROMA - Centri per l'impiego, la Corte dei conti sottolinea che una organizzazione eterogenea rallenta le procedure. “Nel nostro Paese esistono eterogenei assetti organizzativi, con approcci, metodologie e sistemi informativi diversificati e sovente non dialoganti tra di loro”. È quanto emerge dall’indagine sul “Funzionamento dei centri per l’impiego nell’ottica dello sviluppo del mercato del lavoro” condotta dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti e approvata con delibera n. 16/2021/G.

Per la Corte è, invece, essenziale una definizione chiara di misure, interventi e regole che, pur consentendo il dovuto margine di flessibilità richiesto dalle specificità territoriali, analizzate nella relazione secondo i diversi profili di utenza, sia coordinata dal livello centrale, al fine di assicurare sia una maggiore rispondenza dell’operatività dei Centri per l’impiego alle esigenze regionali, che fornire servizi omogenei su tutto il territorio nazionale - riporta il comunicato stampa della Cdc -.

Le procedure di raccolta e analisi dei dati registrati a livello territoriale gestiti su data base locali hanno, inoltre, rilevato una inadeguata azione di Anpal nell’attività di monitoraggio ad essa intestata, i cui rapporti annuali risalgono al 2017. Nonostante l’Agenzia abbia, infatti, avviato un processo di trasformazione digitale per l’evoluzione dei sistemi informativi così da consentire, tra l’altro, l’interscambio di flussi documentali e l’integrazione tra i diversi sistemi in uso, anche in vista dello sviluppo della Piattaforma digitale per la gestione dei beneficiari di Reddito di cittadinanza, la messa a punto del Sistema unico avviene con notevoli difficoltà anche per una non adeguata dotazione informatica a livello territoriale e un collegamento in rete non adatto alle nuove funzioni dei Centri.

I Sistemi attualmente in uso dovrebbero essere integrati e interoperabili per garantire i Livelli essenziali di prestazione con una logica di case management. Rispetto alla specificità di ciascun utente, occorre che, con il coordinamento del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, vengano predisposti percorsi individuali di orientamento alle politiche attive previste nel sistema regionale; effettuando un monitoraggio costante del mercato del lavoro, attraverso una più incisiva campagna di informazione e di comunicazione (anche coinvolgendo il partenariato economico sociale), e garantendo servizi specializzati anche a favore delle categorie a rischio. Secondo la Sezione del controllo, poi, particolare attenzione dovrà essere rivolta ai giovani in transizione scuola-lavoro, ai lavoratori in mobilità o in esubero nonché ai lavoratori con caratteristiche soggettive di svantaggio sociale.

Per la Corte, la nota scarsa offerta di lavoro e l’inadeguata conoscenza dell’effettivo mercato del lavoro impedisce, di fatto, ai Centri per l’impiego di costituire l’anello di congiunzione per un’occupazione sostenibile e per una collocazione lavorativa ideale. Per potenziare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro da parte dei Centri è stato avviato un sistema integrato di rilevazione delle opportunità occupazionali (“MOO – Mappatura Opportunità Occupazionali”) che ha consentito di caricare i dati riguardanti circa 2,3 milioni di sedi produttive di aziende. Ulteriore necessità emersa è il rafforzamento dell’organico con amministrativi generici, più tradizionali, oltre che con figure professionali più specifiche quali orientatori, psicologi, informatici, esperti in consulenza aziendale e mediatori culturali.

Per quanto riguarda l’attuazione della misura del Reddito di cittadinanza, ad ottobre 2020, il numero complessivo dei beneficiari soggetti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro (i cosiddetti Work Ready) - comprensivo di alcune categorie (esclusi o esonerati, presi in carico e inseriti in una politica, rinviati a percorsi di inclusione sociali) – era pari a 1.369.779, mentre coloro che hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda di RdC era di 352.068, di cui 192.851 ancora attivo.

Il 65% dei soggetti ha firmato un contratto a tempo determinato, il 15,4% un contratto a tempo indeterminato e il 4,1 % un contratto di apprendistato; il 69,8% dei contratti a tempo determinato ha una durata inferiore ai 6 mesi, mentre una quota del 9,3 % ha superato il termine annuale. I contratti di lavoro, nel complesso, hanno riguardato soprattutto professioni (non qualificate) nel commercio e nei servizi, seguiti da quelli associati a professioni qualificate nelle attività ricettive e della ristorazione; in minima parte hanno interessato il settore metalmeccanico-artigiano.

Con riferimento alle vacancies sono stati resi disponibili 477.466 posti e le iniziative dei Navigator presso le imprese, per la rilevazione dei fabbisogni produttivi, hanno comportato la realizzazione di 588.521 interventi; sono state individuate 29.610 opportunità occupazionali corrispondenti a 56.846 posizioni professionali di cui il 68 per cento deriva da fabbisogni per un aumento del carico di lavoro, mentre il 22 per cento per turnover.

Dai valori rilevati, che descrivono i livelli di istruzione e l’indice di profiling, è risultata evidente la quasi totale assenza di condizioni di occupabilità soprattutto nelle regioni meridionali. La Corte osserva che l’emergenza sanitaria nazionale da Covid-19 non ha condizionato i Cpi che hanno, comunque, garantito il regolare svolgimento delle attività istituzionali da remoto. Da ultimo il PNRR ha previsto nella Missione 5 “Inclusione e coesione” diversi programmi per la partecipazione al mercato del lavoro, per la formazione e il rafforzamento delle politiche attive e dei Centri per l’impiego.

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