COMO - Parola di scrittrice. Sono ventuno anni che mi occupo di scrittura. In tutto questo tempo, come si suol dire, ne ho viste di tutti i colori! In questi giorni ho avuto modo di ripensare a eventi passati, proprio in seguito a un'ennesima stranezza che mi è capitata di recente. Siete di certo abituati agli scrittori e giornalisti che passano da un programma televisivo all'altro per pubblicizzare il proprio libro. Non voglio giudicare il metodo che altri usano per fare carriera, semplicemente non lo ritengo adatto a me. Ho provato anni fa ad andare in tv, almeno quattro volte. In una di queste occasioni ricordo la conduttrice del programma che, fuori onda, litigava con me dandomi addosso, per poi sorridermi amabilmente alla riaccesa della lucina della telecamera. Non è da me riuscire a fingere che non stesse accadendo niente. Inoltre non condivido l'idea dello scrittore tuttologo che passa il suo tempo alle varie tavole rotonde.
A Cesano Maderno mi presento e trovo un signore che mi lascia le chiavi, dicendo di chiudere una volta che fossi andata via
Io preferisco l'approccio più tradizionale: cioè presentare il proprio lavoro al pubblico, rispondendo alle domande e alle curiosità della gente che viene per conoscermi di persona. La stessa che deciderà se il libro possa piacergli abbastanza tanto da acquistarlo, oppure no. Per fare questo si inviano molteplici richieste alle biblioteche, ai Comuni e alle associazioni letterarie, che organizzano questo tipo di eventi. La maggior parte delle volte ho incontrato persone capaci, volenterose e ben disposte; consapevoli che, qualora accettino di ospitarti, dovranno fare del loro meglio per invogliare il pubblico a partecipare. Poi ci sono quelli che ... boh! Credetemi: è la parola più appropriata che riesco a spremermi! Per farvi capire vi racconto qualche episodio: Cesano Maderno, un'associazione mi indica giorno e ora della presentazione. Mi presento e trovo un tizio che mi lascia in mano le chiavi, dicendo di chiudere una volta che fossi andata via!
A Muggiò m'invitano al ristorante dove tengono le presentazioni, fanno dire due parole a una pittrice, poi pago il conto della pizza
Cioè: mi avevano dato la sala, senza fare inviti, pubblicità, il nulla! Anzi, non si erano presentati nemmeno quelli dell'associazione! A Muggiò è stato anche meglio: m'invitano al ristorante dove tengono le presentazioni e, una volta arrivata, mi concedono solo dieci minuti per parlare del libro. Quindi fanno dire due parole a una pittrice, e poi ci consegnano il conto della pizza che abbiamo pagato a tutti i presenti! L'ultima esperienza è di pochi giorni fa, a Novara. Dove, mi hanno concesso una sala per la quale ho dovuto firmare un regolamento che manco stessi acquistando un appartamento! Dopodiché il tutto è stato lasciato al caso col risultato che nessuno è venuto alla presentazione, semplicemente perché nessuno lo sapeva. La domanda che mi nasce spontanea e che mi lampeggia nella testa è: perché? Perché accettare di ospitare una persona senza avere un minimo rispetto per quest'ultima? Come individuo, ma anche come professionista?
Deprimente assistere a delle manifestazioni di superficialità nei confronti di quello che per molti è un lavoro
Io mi espongo in prima persona, mi sobbarco il viaggio e tutto quanto ne consegue, senza chiedere nulla. Raramente in Italia mi è stato pagato il gettone che, invece, ad esempio in Svizzera, mi viene sempre versato regolarmente. Non sarebbe più onesto rispondere alla mia richiesta: non facciamo presentazioni perché non viene nessuno. Oppure: non facciamo presentazioni perché non voglio sprecarmi più di tanto? È deprimente assistere a delle manifestazioni di superficialità nei confronti di quello che per molti, me compresa, è un lavoro. Di come la cultura venga sempre relegata in un angolo, presa sotto gamba e come basti, per alcuni, aver concesso una sedia e una scrivania al relatore di turno, pensando che tanto basta. Non voglio parlare solo per me, ma anche per chi è agli inizi, lo siamo stati tutti, no? O chi è al mio livello, o chi di più. Per fortuna questi episodi non sono così tanti da farmi desistere, grazie anche a tutti gli amanti della cultura; quelli che non hanno paura di rimboccarsi le maniche per creare eventi ed occasioni di incontro. Perché sono scambi dove tutti si impara qualcosa e, uscendo dalla biblioteca o da una sala, si possa tornare a casa con tanti spunti di riflessione, contenti di esserci conosciuti.
di Miriam Ballerini
Ricerche Correlate
Commenti
Posta un commento