Mater Camorra, l'amore punto di debolezza e di fragilità

NAPOLI - Dopo aver visto lo spettacolo Mater Camorra a Napoli condivido con voi una serie di emozioni e sensazioni molto forti, molto intense, che sono un tributo a quest'opera corale di grande forza, di grande coraggio, davvero fuori dall'ordinario. Un ideale ringraziamento va al creatore del Teatro Instabile di Napoli, Michele Del Grosso, da cui è scaturita l'idea iniziale e ai due attori che hanno riscritto e rivisitato l'opera di Bertold Brecht, Madre Courage, trasponendola nei vicoli di Napoli, proiettandola ai margini di cui parlava il sociologo Emmanuel Wallerstein. Aree periferiche che potrebbero appartenere a qualsiasi Paese del mondo. Un'opera corale in cui i protagonisti sanno cedere il passo e dare spazio anche agli attori comprimari e dove tutte le storie, anche quelle collaterali, possiedono un senso intrinseco, una loro dignità e nascono da un lavoro certosino di approfondimento, aggiungendo un inestimabile valore sia alla narrazione più generale sia al microcosmo cui appartengono.

L'opera è figlia e madre di tanti altri lavori teatrali

Quest'opera, a caldo, non è facile da assimilare, perché è un pugno nello stomaco, come sottolinea Nicla Tirozzi, e quindi ha un impatto emotivo devastante nella sua crudele bellezza. Però una serie di sensazioni e di emozioni sono certa che decanteranno nel corso del tempo, facendo emergere nuove riflessioni e nuove suggestioni. Anna, la protagonista, è tante cose: la madre per eccellenza, la terra generatrice, la divinità muliebre riprodotta sulle quattro facciate del carro sul quale trascina - con grande fatica ma anche con molta fierezza - la sua "roba" e tutta la sua vita. Lei rappresenta, a ben vedere, la madre delle madri, la Madre Terra. A sua volta l'opera è figlia e madre di tanti altri lavori teatrali, da cui ha tratto linfa vitale e che da lei hanno attinto nel corso di questi vent'anni dalla sua creazione suggestioni e ispirazione. Lo zoomorfismo, come sottolinea Gianni Sallustro, è centrale all'interno della rappresentazione.

Spettatori che entrano a scena già aperta, quando tutti gli attori sono tra il palco ottogonale e le tre balconate

Ogni personaggio rappresentato ripropone le movenze e i versi di un animale: che sia un gatto, come nel caso di Gaetano; che sia un serpente come in quello di don Ciro; che sia una scimmia; un cane assieme al suo branco famelico; un topo... Non viene criticata l'animalità in sé, secondo gli ideatori, bensì la bestialità che gli animali mutuano dall'essere umano nel momento in cui vengono asserviti ai  suoi voleri e ridotti a una cattività coatta e umiliante. Paradossalmente umanizzandosi diventano bestiali e incapaci di empatia. Gli spettatori entrano a scena già aperta, quando tutti gli attori sono sistemati tra il palco ottogonale e le tre balconate. Si muovono freneticamente ed emettono versi. Sono una sorta di bestiario che si dimena, assecondando i voleri delle famiglie camorristiche per poter sopravvivere, ridotti a una pantomima di sé stessi. Anna, come sottolinea la sua interprete Nicla Tirozzi, si comporta come un camaleonte, perché cambia gergo e atteggiamenti a seconda del suo interlocutore.

Incapacità di rapportarsi e di comprendere fino in fondo le logiche del sistema delinquenziale

Ne fa un ricalco per aumentare la capacità comunicare con lui e, in quella che talvolta si rivelerà una dolorosa e ingenua illusione, di manipolarlo per raggiungere piú agevolmente i suoi scopi. È un personaggio viscerale, capace di grandi sentimenti negativi e positivi, ma non perde mai del tutto il lume della ragione che le ha permesso di uscire dalla povertà. Proprio questo porterà inesorabilmente alla perdita dei suoi figli, tesa tra l'amore e il senso di protezione per loro e il desiderio di proteggere anche la "roba", che rappresenta il suo strumento di contrattazione con il mondo ostile che la circonda. Arriverà sempre fuori tempo massimo per riuscirne a cambiare il destino - un decorso infausto già scritto che addirittura le rivelano sin dal principio le carte. Le sue diverse sfumature e quelle dei suoi tre figli rappresentano in vario modo una sostanziale incapacità di rapportarsi e di comprendere fino in fondo le logiche del sistema delinquenziale.

Anna crede di poter manipolare il sistema a suo vantaggio, sempre a viso aperto, comportandosi da squarciona

"Anna pecca di ingenuità - evidenzia Tirozzi -. Crede di poter manipolare il sistema a suo vantaggio, affrontandolo sempre a viso aperto, comportandosi, appunto, da squarciona, ma ne viene travolta e risucchiata". I figli pensano di potervisi rapportare chi con la coscienziosità; chi con la tracotanza di chi è giovane e sicuro di sé; chi con la dolcezza, la gentilezza e l'empatia, che diviene addirittura un vizio in un contesto bestiale. Ma tutti e tre pagheranno un prezzo molto alto. Anna, privata dei tre figli, alla fine si sentirà svuotata,  come evidenziano gli autori. Diventerà estranea a sé stessa, mentre nel contesto circostante gli equilibri cambiano e Don Ciro, il serpente, diviene subdolamente leader di questo rinnovato sistema delinquenziale. Tant'è vero che tutti si conformano al suo modo di essere e di fare, divenendo dei serpenti a loro volta. Mentre tutti si muovono freneticamente, lei è l'unica che rimane ferma, immobile cristallizzata nel suo dolore, confortata, forse, solo dal pensiero di andare comunque avanti in qualche modo e dal ricordo dei suoi figli, ormai diventati fantasmi.

Caterina rappresenta la colomba, l'anima bianca e innocente per eccellenza

"Fondamentalmente - continua Nicla - viene  privata della sua unica speranza di futuro. Il nostro appello finale al pubblico è un disperato tentativo di ripristinare un modo di agire etico. È un appello a prendere coscienza della situazione e a non voltarsi dall'altra parte. Dal 2014, quando le vittime innocenti di camorra erano 700, oggi siamo arrivati a oltre 1000 e i loro nomi sono tutti scritti su un telo che noi srotoliamo nel corso della rappresentazione". Caterina, la figlia muta di Anna, rappresenta la colomba, l'anima bianca e innocente per eccellenza. È muta perché non riesce ad urlare il suo dolore; perché assorbe quello degli altri; perché è l'unica che in qualche modo si discosta dall'asservimento al potere e che, senza ricorrere a parole false e ingannevoli, agirà altruisticamente fino all'estremo sacrificio. Bambina per sempre - utilizza, alla stregua di innocenti balocchi, oggetti ritenuti dagli altri peccaminosi - aspira alla pace ed è attratta dall'idea di un amore puro.

Il senso dell'opera non è rimanere identica a sé stessa, ma evolvere

Ma l'amore, tanto per sua madre quanto per Gaetano e anche per lei alla fine, rivelerà il suo volto più distruttivo e deviante, perché, quando questi personaggi si sono affidati all'amore, esso si è trasformato per loro in un punto di debolezza, di fragilità, che li ha gettati nelle spire della disperazione. Il Tin, un teatro ubicato in un ipogeo protetto da antiche mura greco-romane, si rivela ancora una volta un palco che ospita opere di grandissima qualità che sanno dare spazio e nutrire grandi talenti, che, insieme, rappresentano il respiro profondo della città. "Un'opera come questa di durata ventennale -  racconta Sallustro - non avrebbe potuto rimanere cristallizzata nella versione iniziale. Si è trasformata, ha cambiato parzialmente pelle nel corso degli anni. Il suo senso non è rimanere identica a sé stessa, ma evolvere".

di Tania Sabatino

Ricerche Correlate

Commenti

CINQUEW NEWS
è un
Giornale Online Gratuito
senza contenuti a pagamento.
Per eventuali offerte
CLICCARE LA PAROLA DONAZIONE
QUI SOTTO
E COMPLETARE LA PROCEDURA